LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10386/2014 proposto da:
***** S.p.a. in Liquidazione, in persona legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, Circonvallazione Clodia n. 19, presso lo studio dell’avvocato Iovane Claudio, rappresentata e difesa dall’avvocato Bisogno Agata, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Del Corso n. 300, presso lo studio dell’avvocato Andreotta Giuseppe che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il 14/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/10/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.
FATTI DI CAUSA
1. La società ***** S.p.a. in Liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi, avverso il decreto del 14/02/2014 – asseritamente non notificato – con cui il Tribunale di Salerno ha liquidato in favore della Dott.ssa F.A. il compenso per l’opera prestata quale Commissario giudiziale del Concordato preventivo, cui la società era stata ammessa in data 08/10/2013. Nelle conclusioni, ha altresì chiesto (tra l’altro) la “previa dichiarazione della nullità e/o inesistenza del provvedimento di revoca di ammissione al concordato n. 26/2013, a seguito della sua improcedibilità ed inammissibilità”, avuto riguardo al decreto del 02/01/2014 con cui lo stesso Tribunale ha disposto la revoca ai sensi della L. Fall., art. 173, comma 3, a causa di pagamenti effettuati senza l’autorizzazione L. Fall., ex art. 182 quinquies e del ridimensionamento dell’attivo concordatario che aveva ridotto il presumibile soddisfacimento dei creditori chirografari ad una percentuale irrisoria, mettendo a rischio anche il pagamento dei crediti privilegiati.
2. La Dott.ssa F.A. ha resistito con due controricorsi, corredati da memoria del 18/10/2019 nella quale ha allegato, in particolare, la sopravvenuta ammissione del proprio credito, oggetto di causa, al passivo del Fallimento della stessa società ***** S.p.a. in Liquidazione, invocando di conseguenza la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173, commi 1 e 2, per avere il Tribunale emanato il decreto di revoca della procedura di concordato senza preventiva comunicazione al p.m. e ai creditori, “con conseguente nullità e/o inesistenza di tutti gli atti conseguenti, ivi compreso il decreto di liquidazione impugnato in questa sede”
3.2. Con il secondo mezzo si denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173, per avere il Tribunale ritenuto di revocare il concordato solo in ragione della proposta di pagamento in una percentuale trascurabile ad alcuni creditori.
3.3. Il terzo motivo censura la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 28 e art. 182, comma 2, per avere il Tribunale impedito ai creditori di esprimersi sulla proposta di concordato.
3.4. Con il quarto mezzo si lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5, per assenza di motivazione del decreto di liquidazione.
3.5. Il quinto motivo attiene alla violazione della L. Fall., artt. 5,160,173,186,187,188,192, 193 e 111, poichè, essendo la procedura ancora in corso e l’azienda ancora in crisi, non si potrebbe procedere ad alcuna liquidazione del compenso al commissario giudiziale, che finirebbe per costituire ulteriore ragione di dissesto.
3.6. Con il sesto mezzo si denunzia la violazione della L. Fall., art. 39 e del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5, poichè, non avendo il Tribunale disposto nulla, in sede di revoca, circa il prosieguo dell’attività o il fallimento, non poteva procedere alla liquidazione del compenso finale al commissario giudiziale.
3.7. Il settimo motivo censura la violazione del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5 e della L. Fall., art. 39, poichè l’attività effettivamente prestata dal Commissario Giudiziale ha riguardato un periodo molto breve, inferiore ai tre mesi, sicchè il Commissario non avrebbe fatto altro che rendere la relazione L. Fall., ex art. 172.
3.8. Con l’ottavo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 25, n. 7, essendo la liquidazione del compenso atto di competenza del giudice delegato, non del collegio.
3.9. Il nono denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 39 e 165, per mancanza di una relazione del giudice delegato sul compenso riconoscibile al Commissario giudiziale.
3.10. Con il decimo mezzo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 39 e 165, nonchè del D.M. 27 novembre 1976, art. 2, dovendosi la liquidazione del compenso del liquidatore giudiziale del concordato preventivo effettuarsi alla stregua della disciplina prevista per il curatore e il commissario giudiziale.
3.11. L’undicesimo motivo censura la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 39 e 116, nonchè del D.M. 27 novembre 1976, art. 2, in quanto la liquidazione del compenso finale poteva essere reso solo dopo l’approvazione del rendiconto, mai presentato.
3.12. Con il dodicesimo mezzo si deduce infine la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 39 e 116, nonchè del D.M. 27 novembre 1976, art. 2, per sproporzione ed eccesso della somma liquidata a fronte della modesta attività prestata dal Commissario.
4. Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
4.1. Invero, nella memoria ex art. 380-bis1 c.p.c., parte controricorrente ha rappresentato che, a seguito del fallimento della società ***** S.p.a. in Liquidazione – dichiarato dal Tribunale di Salerno con sentenza n. 99/2014 del 24/12/2014 – il credito per cui è causa è stato ammesso al passivo fallimentare (come da allegato verbale di stato passivo del 3 ottobre 2016), senza che detta ammissione risulti impugnata; nè dagli atti emerge che la società abbia interesse ad una pronuncia per il caso di suo ritorno in bonis.
5. Solo per completezza si indica di seguito una sintesi delle ragioni di inammissibilità o infondatezza di tutti i motivi.
5.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto riguarda il diverso decreto di revoca L. Fall., ex art. 173 – che, alla luce delle allegazioni contenute nel controricorso, non risulta tempestivamente impugnato – e comunque solleva censure non incidenti direttamente sul decreto di liquidazione del compenso per cui è causa.
5.2. Il secondo mezzo è inammissibile perchè inconferente, quanto al decreto di revoca, e generico quanto al decreto qui impugnato.
5.3. Anche il terzo motivo è inammissibile per difetto di specificità.
5.4. Il quarto è inammissibile perchè difforme dai nuovi canoni delle censure motivazionali (ex plurimis, Cass. Sez. U., 8503/2014; Cass. 27415/2018).
5.5. Il quinto motivo è inammissibile poichè attiene al merito e involge valutazioni che non possono trovare ingresso in questa sede.
5.6. Il sesto mezzo è infondato poichè l’ipotesi evocata (avvicendamento di più curatori in corso di procedura) non si attaglia alla fattispecie concreta.
5.7. Il settimo motivo è inammissibile sia perchè afferente il merito della vicenda, sia per difetto di specificità.
5.8. L’ottavo è infondato in quanto la liquidazione del compenso al commissario giudiziale spetta all’organo collegiale.
5.9. Il nono mezzo è inammissibile in quanto la dedotta mancanza di una relazione scritta del giudice delegato non è decisiva.
5.10. Il decimo motivo è infondato in quanto il decreto impugnato contiene un esplicito riferimento alla liquidazione del compenso in proporzione alla durata dello svolgimento dell’incarico.
5.11. Anche l’undicesimo è infondato, poichè la mancanza di una formale approvazione del rendiconto non preclude la liquidazione del compenso.
5.12. L’ultimo motivo è inammissibile per genericità delle censure.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
7. Il rilievo assorbente della sopravvenuta carenza di interesse esclude la ricorrenza dei presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 31732/2018).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020