Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.10874 del 08/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32798/2018 proposto da:

S.T., rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Cristina Perozzi ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria della prima civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato ex lege in Roma, Via del Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 585/2018 della Corte di appello dell’Aquila pubblicata il 14/04/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia nella Camera di consiglio del 04/11/2019.

FATTI DI CAUSA

1. S.T. ricorre in cassazione con tre motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione dal primo proposta avverso l’ordinanza pronunciata ex art. 702-bis c.p.c., del locale Tribunale che aveva, a sua volta, respinto il ricorso contro il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale rigettava le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiarla e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha articolato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, ed il difetto di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di appello con l’impugnata sentenza per non avere motivato in ordine alla mancata traduzione della decisione della Commissione territoriale e del decreto del Tribunale a lui incomprensibili e delle norme costituzionale e convenzionale sul giusto processo. Viene dedotta altresì la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e quindi del principio di non refoulement.

La Corte di appello dell’Aquila avrebbe fatto errata applicazione delle norme sulla protezione sussidiaria non valutando che se il richiedente fosse tornato nel Paese di origine, il Ghana, egli avrebbe corso il rischio di subire un grave danno quale la condanna a morte o all’esecuzione di pena di morte o a tortura o altro trattamento inumano e degradante e una minaccia grave ed individuale derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Le condizioni del Ghana secondo recentissimo report di “UNITA COI” e relativo ai diritti umani del 29.09.2017 avrebbe registrato l’uso eccessivo della violenza da parte della polizia, il traffico di esseri umani e lo sfruttamento minorile, le detenzioni prolungate, le violenze contro donne e bambini.

Il ricorrente di religione cattolica ed etnia ***** aveva dovuto lasciare il Ghana temendo per la propria incolumità.

Nonostante le condizioni delle carceri in Ghana, condizioni deplorevoli dovute a sovraffollamento ed alla mancanza di assistenza medica, il limitato accesso alla giustizia, la pratica di incatenamento e confinamento delle persone affette da disabilità psichica, il tutto come attestato da rapporti Amnesty e Human Rights Watch, la Corte di appello aquilana aveva ritenuto l’insussistenza delle condizioni per accogliere la richiesta di protezione sussidiaria e di quella umanitaria nonostante le contrarie pronunce adottate da vari Tribunali nazionali.

Sarebbero state negate le sofferenze subite per giungere in Italia dal richiedente al quale, orfano e di giovane età, avrebbe dovuto riconoscersi la protezione umanitaria nella valutazione, altresì, del percorso integrativo da questi compiuto in Italia presso la struttura di accoglienza.

Il ricorso si presta da una valutazione di inammissibilità in ragione della stessa tecnica di stesura dell’atto difensivo.

I motivi mancano di articolazione non provvedendo gli stessi ad esporre i fatti controversi e a dare conto delle decisioni adottate nei precedenti gradi di merito.

Non sono indicate, se non confusamente, le norme violate per richiami reiterati nel corpo dell’atto difensivo senza che alla menzione delle norme corrisponda la correlata critica.

E’ così fatta menzione nel corpo dell’atto di violazione delle norme del processo integrative della lesione del contraddittorio e si accenna pure nel primo motivo ad una mancata traduzione degli atti in lingua nota, senza però che a siffatta titolazione corrisponda nel corpo dell’atto nessuna censura.

In tema di giudizio di legittimità, per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che il ricorso indichi non solo i fatti storici che hanno occasionato la controversia, ma anche le ragioni giuridiche sulla base delle quali la domanda è stata introdotta, diversamente non assolvendo il ricorso al requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non consentendo una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa sostanziali e processuali e quindi delle deduzioni portate (Cass. n. 5640 del 09/03/2018).

L’indicato contenuto difetta nel proposto ricorso non risultando in maniera chiara dal contesto dell’atto anche ove ricostruito dallo svolgimento dei motivi.

La mancata allegazione della condizione personale del ricorrente non consente poi di valutare le violazioni ed omissioni denunciate, avendo, nel resto, poi la Corte di merito motivato circa l’insussistenza delle condizioni oggettive integranti il cd. rischio Paese del Ghana D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), per una motivazione a cui il ricorrente contrappone una diversa lettura delle fonti.

4. Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nulla sulla spese non avendo l’Amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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