Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.1091 del 20/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma, via del Casale Strozzi 31, presso lo studio dell’avv. Laura Barberio (p.e.c.

laurabarberio-ordineavvocatiroma.org, fax n. 06/48977102) che lo rappresenta e difende nel presente giudizio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, – Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 7873/18 del Tribunale di Roma, emesso il 30 marzo 2018 e depositato il 4 giugno 2018, n. R.G. 58028/2017;

sentita la relazione in camera di consiglio del Pres. Dott. Bisogni Giacinto.

RILEVATO

che:

1. Il sig. E.O., cittadino nigeriano, proponeva alla Commissione territoriale di Roma domanda di riconoscimento della protezione internazionale o in subordine della protezione umanitaria narrando di aver scoperto una relazione incentuosa della sua fidanzata con il padre che lo aveva minacciato di morte se avesse rivelato la cosa e quindi aveva ingaggiato dei sicari per ucciderlo. Era pertanto fuggito dall'***** rifugiandosi in Libia dove, catturato da banditi, era stato rinchiuso in un centro di detenzione in cui aveva subito atrocità e torture.

2. La Commissione territoriale ha respinto la domanda.

3. Il Tribunale di Roma, adito dal sig. E.O., con decreto n. 7873/2018 ha respinto il ricorso ritenendo insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria in considerazione del carattere strettamente personale e non più attuale della vicenda narrata.

4. Ricorre per cassazione il sig. E.O., affidandosi a due motivi di ricorso con i quali deduce: a) la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5 e art. 14, lett. c) e art. 8, comma 3 relativamente all’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul giudice della protezione internazionale sulla situazione attuale della Nigeria e in particolare dell'*****; b) la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I. E del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 relativamente ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria per estrema vulnerabilità anche in considerazione delle torture subite nel paese di transito (Libia).

5. Propone controricorso il Ministero dell’Interno.

RITENUTO

che:

6. Il ricorso è infondato.

7. Quanto al primo motivo va rilevato che il Tribunale ha assolto il suo onere di informazione sulle condizioni del paese di origine richiamando l’ultimo rapporto EASO sulla Nigeria che esclude, specificamente con riguardo all'*****, una situazione di violenza rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

8. Quanto al secondo motivo l’esclusione di una situazione di vulnerabilità del ricorrente nell’ipotesi di rientro in patria è fondata sul rilievo del carattere meramente privato e inattuale della vicenda narrata. Mentre quanto ai trattamenti inumani che il richiedente riferisce di aver subito in Libia la loro rilevanza, come ha già affermato il Tribunale, potrebbe essere riconosciuta, ai fini della concessione della protezione umanitaria, solo qualora da essi fosse derivato uno stato patologico non trattabile nel paese di origine e per il quale il ricorrente potrebbe invece usufruire di una cura adeguata in Italia. Sul punto però va rilevato il difetto di allegazione del ricorso coerentemente alla mancata allegazione e deduzione probatoria, già riscontrata nel giudizio di merito dal Tribunale.

9. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle spese e presa d’atto della applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero controricorrente delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.100 oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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