LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27632/2018 proposto da:
B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRUNO BUOZZI 36, presso lo studio dell’avvocato DONATELLO FUMIA, rappresentato e difeso dall’avvocato ISABELLA VITALE;
– ricorrente –
contro
BANCO NAPOLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato RENATO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 773/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 10/04/2018, R.G.N. 937/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ISABELLA VITALE;
udito l’Avvocato VINCENZO PORCELLI per delega avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 10 aprile 2018, la Corte d’Appello di Bari confermava la decisione resa dal Tribunale di Bari e rigettava la domanda proposta da B.L. nei confronti di Banco di Napoli S.p.A. (già Sanpaolo Banco di Napoli) avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato al B., dipendente della banca con mansioni di direttore dell’agenzia di ***** per omesso controllo sulle operazioni di cassa.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondate le eccezioni formali relative alla predeterminazione dell’esito del procedimento disciplinare sin dal momento del suo avvio, alla tardività della contestazione, alla violazione del principio del contraddittorio per essere stato il B., immediatamente fatto oggetto di un provvedimento di sospensione cautelare, estromesso dallo svolgimento delle indagini, provata la mancanza consistente nell’essersi il B. gravemente e reiteratamente inadempiente agli obblighi di direzione, supervisione e controllo che gli incombevano, tenuto conto anche delle condotte commissive ed omissive allo stesso direttamente attribuibili con riferimento al medesimo ingente ed allarmante giro di assegni ed operazioni riconducibili ad un unico cliente, proporzionata, sulla base di una complessiva valutazione dei plurimi addebiti, la sanzione irrogata, fondata la domanda riconvenzionale della Banca volta al recupero delle somme recate dagli assegni insoluti.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il B., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, il Banco di Napoli S.p.A..
Il Banco di Napoli resistente ha poi presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e L. n. 604 del 1966, art. 5, il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver valutato la ricorrenza dell’invocata giusta causa di licenziamento sulla base della sola verifica, attuata tramite la disposta CTU, della consistenza oggettiva delle operazioni irregolari rilevate dalla Banca datrice nella relazione ispettiva da cui trae origine la contestazione disciplinare, prescindendo del tutto dall’accertamento del nesso tra le irregolarità rilevate e la condotta del B. e, dunque, della riferibilità al medesimo delle irregolarità stesse, addirittura giudicando non ammissibili le prove testimoniali addotte dal B. a chiarimento di questo specifico aspetto e trascurando del tutto i rilievi svolti nella consulenza tecnica di parte, deducendo a riguardo la nullità della sentenza.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata ritenendo la Corte territoriale essere incorsa in un error in procedendo laddove ha escluso la tardività della contestazione legittimando un modus operandi della Banca, concretatosi nel valersi di un lungo lasso di tempo per riesaminare l’attività di anni precedenti della filiale diretta dal B. in assenza di contraddittorio con l’interessato, risultato lesivo del diritto di difesa del dipendente.
Nel terzo motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato avendo riguardo ancora una volta ad un accertamento che, in particolare la Corte territoriale, avrebbe condotto con esclusivo riguardo alla materialità dei fatti prescindendo del tutto dalla relazione del B. con gli stessi, connotata dall’essere questi del tutto all’oscuro delle operazioni irregolari poste in essere dal vice direttore della filiale e dall’assenza di qualsiasi responsabilità per il danno economico derivato alla Banca imputabile alla stessa per aver inopinatamente bloccato il giro di assegni attivato.
Con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 111 Cost., art. 421 c.p.c., artt. 2697 e 2724 c.c., il ricorrente si volge nuovamente a censurare la decisione della Corte territoriale in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale, asserendo di aver diritto, sulla base del principio del giusto processo, ad essere ammesso a provare a sua discolpa anche al di là delle rilevate carenze della loro formulazione, cui avrebbe dovuto sopperire lo stesso giudice concedendo termine per una migliore articolazione o valendosi dei propri poteri istruttori.
Per quanto articolata su quattro motivi l’impugnazione proposta, considerata nel suo complesso, si rivela essenzialmente volta a censurare la scelta, tanto del primo giudice, quanto, ancor più, della Corte territoriale, di impostare il giudizio in ordine alla legittimità o meno del licenziamento del ricorrente in termini tali da incentrare l’accertamento sulla verifica dell’effettiva sussistenza delle irregolarità rilevate dalla Banca datrice in sede ispettiva, per derivare da qui l’attribuzione al ricorrente della responsabilità in relazione al loro verificarsi per violazione degli obblighi di direzione e controllo che allo stesso competevano quale direttore della filiale, assumendo, viceversa, che il giudizio, così come la stessa indagine ispettiva, avrebbe dovuto essere condotto, dando rilievo al ruolo che il ricorrente avrebbe avuto rispetto alla commissione delle irregolarità in questione e dunque alla sua totale estraneità ai fatti sui quali anzi, la Banca era potuta intervenire appunto su segnalazione del ricorrente, per quanto, a suo dire, maldestramente, con il blocco degli assegni, cui soltanto era dovuto il danno economico determinatosi, che in sede giudiziaria erroneamente si era inteso attribuire al ricorrente, la cui gestione, al contrario, aveva sempre fatto riscontrare risultati del tutto positivi.
Sennonchè lo sviluppo di una simile tesi ed i profili di censura che su questa base formula, articolandoli su quattro motivi, appunto per la radicale differenza di impostazione tra la sentenza impugnata e la proposta impugnazione, non si misurano con le argomentazioni, certo non qualificabili come frutto di un error in procedendo, come sembrerebbe emergere dalla rubrica del terzo motivo, ma anzi fondate su una puntuale verifica delle rilevate irregolarità, spinta fino al punto di pervenire all’affermazione, non fatta oggetto di specifica impugnazione, di una piena consapevolezza delle stesse da parte del ricorrente e della riferibilità al medesimo, al di là della mera culpa in vigilando, di condotte commissive disciplinarmente rilevanti, sulla base delle quali la Corte territoriale ha ritenuto legittimo, in relazione alla complessità della vicenda, l’estendersi dell’indagine per un tempo congruo senza che ne risultasse compromessa la tempestività della contestazione, sussistenti, alla stregua della consulenza tecnica espletata, le irregolarità verificatesi ed, in relazione a ciò, definita, quantomeno in base all’omesso esercizio dei compiti di direzione e controllo da parte del ricorrente, la posizione di questi rispetto a quelle irregolarità, con conseguente esclusione di pregiudizi al diritto di difesa del medesimo in relazione alla sua mancata partecipazione all’indagine ispettiva; proporzionata la massima sanzione irrogata, essendo palese, in relazione all’omessa o ritardata azione di controllo e segnalazione dell’anomalo andamento della filiale, la lesione del vincolo fiduciario, inteso come affidamento da parte del datore dell’esatto adempimento delle prestazioni future, di modo che tutti i formulati motivi, limitandosi per quanto detto a ribadire la descritta impostazione difensiva, prescindendo dalla motivazione dell’impugnata sentenza, devono ritenersi inammissibili Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2020