LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8475-2018 proposto da:
T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato EMANUELE GUARINO;
– ricorrente –
contro
M.A.F.R.A. SUD CARNI SAS DI A.A.;
– intimata –
avverso il provvedimento n. 5891/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO ROBERTO.
CONSIDERATO
CHE:
la Corte d’appello di Napoli con la sentenza numero 2891/2017 in parziale accoglimento dell’appello proposto da M.A.F.R.A. SUD CARNI S.a.S. rigettava la domanda proposta da T.A. con la quale questi chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato ed il pagamento delle spettanze.
La Corte d’appello sosteneva che l’accertamento operato in favore del lavoratore dal primo giudice fosse viziato dalla errata ricostruzione dei fatti e dall’errata valutazione e scelta delle risultanze probatorie. Al contrario di quanto affermato in ricorso dal ricorrente, andava invece riconosciuta la fondatezza dell’eccezione della datrice di lavoro secondo cui il rapporto di lavoro si fosse dispiegato dall’1/2/2000 al 30/10/2004, come risultava anche dalla comunicazione del 30/11/2004 inviata all’Inps sulla quale nulla aveva contro dedotto il lavoratore. La Corte richiamava la divergenza e la carenza di precisione delle dichiarazioni rese dai testi in merito alla data di estinzione del rapporto; non riteneva decisiva la testimonianza della signora P., cognata del signor T., sull’estromissione dal lavoro del ricorrente e ciò sia per la conversazione telefonica dell’11/1/2008 avuta dal T. con il commercialista, sia per il colloquio con il titolare del 13/1/2008 sfociato a suo dire nell’estromissione del lavoro, in quanto la nominata teste aveva riferito circostanze da lei non apprese in via diretta ma solo per effetto di quanto riferitole dal diretto interessato. La dichiarazione della P., secondo la Corte, non appariva coerente con i dati temporali di riferimento contenuti nel ricorso introduttivo (v. a pag. 10); inoltre il T. prima aveva dichiarato di essere stato licenziato il 12.1.2009 poi si era corretto con il gennaio 2008 dimenticandosi di aver narrato un fatto attinente al rapporto di lavoro che sarebbe avvenuto secondo la sua stessa esposizione nell’agosto del 2008. La natura incoerente, equivoca ed inattendibile delle dichiarazioni rese dal ricorrente e dalla teste P. sul termine di conclusione del rapporto di lavoro con la società appellante, nonchè la carenza delle dichiarazioni degli altri testi portavano a ritenere non assolto dal lavoratore l’onere della prova sulla durata del rapporto. Ciò determinava da un lato l’insussistenza di un qualsiasi diritto di natura retributiva riferibile a un periodo successivo al 30/10/2004 e dall’altro permetteva di accogliere l’eccezione di prescrizione delle pretese creditorie fatte valere in giudizio per il periodo decorrente dall’1/2/2000 al 30/10/2004 considerato che il primo atto interruttivo del termine prescrizionale posto in essere dal lavoratore era il ricorso di prime cure notificato alla controparte il 9/11/2009.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione T. con due motivi. M.A.F.R.A. Sud Carni sas è rimasta intimata.
E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
RILEVATO
CHE:
1.- Col primo motivo di ricorso si sostiene la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello di Napoli omesso l’esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti – momento interruttivo del rapporto di lavoro – avendo deciso la lite riformando la sentenza di prime cure ritenendo senza motivazione alcuna inattendibile la teste P.; e ciò seppure l’esame delle dichiarazioni dei testi facesse chiaramente comprendere come la stessa avesse reso dichiarazioni precise ed in linea con quanto riferito dagli altri testi escussi.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente si limita a richiedere in realtà un riesame della decisione presa con la sentenza impugnata che non si addice a questa sede di legittimità che non integra un terzo grado di giudizio di merito. La decisione impugnata è stata infatti presa dalla Corte d’appello in applicazione dei propri poteri di valutazione delle risultanze istruttorie e rappresenti perciò una legittima e logica opzione valutativa del materiale probatorio. Non sussiste la denunciata carenza di motivazione, perchè l’impugnata sentenza ha svolto argomentazioni motivo idonee ad esplicitare il procedimento logico giuridico posto a sostegno di ogni punto qualificante della decisione. D’altronde, non risultano indicate in ricorso, in maniera precisa e specifica, lacune od omissioni decisive che, se evitate, avrebbero condotto ad una diversa decisione; sicchè il ricorso non è dedotto neppure in conformità alla nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, alla cui stregua è richiesta la denuncia dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054; Cass. n. 9097/2017, n. 24555/2016, Cass. n. 27197/2011).
Per contro è pure ripetutamente affermato da questa Corte di Cassazione che, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054).
E’ noto pure che rientra nei poteri del giudice di merito la selezione delle prove idonee a fungere da premessa della decisione; mentre non è ammissibile, quale motivo di ricorso in sede di legittimità, la critica o la contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito, basate sull’assunto della correttezza dell’apprezzamento, dell’interpretazione e della stessa selezione di tali risultanze siccome prospettata dalla parte, siffatte deduzioni implicando un sindacato nel merito della causa non consentito nel giudizio di cassazione. (Sez. 5, Sentenza n. (N.d.r.: testo originale non comprensibile) del 16/12/2011). Pertanto non è ammissibile, quale motivo di ricorso in sede di legittimità, la critica o la contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito, basate sull’assunto della correttezza dell’apprezzamento e dell’interpretazione di tali risultanze quale prospettata dalla stessa parte, siffatte deduzioni implicando esclusivamente un sindacato nel merito della causa non consentito nel giudizio di cassazione (Cass. nn. 9097/2017, 24555/2016).
2.- Col secondo motivo si deduce “la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte d’appello dichiarato prescritto ogni diritto del lavoratore per intervenuta prescrizione avendo il rapporto di lavoro formalizzato subito interruzione in data 30/10/2004. Atto ricevuto in data 9/11/2009; errata valutazione della scissione degli effetti della notifica; mancata valutazione del fatto che l’atto è stato consegnato all’ufficiale giudiziario in data 17/9/2009 nei termini e consegnato al datore di lavoro in data 9/11/2009 a distanza di due mesi per colpa unica ed esclusiva dell’ufficiale giudiziario addetto alla notifica”, come risulta dal frontespizio dell’atto notificato quindi nei termini di legge per far sì che la eventuale prescrizione, almeno per ciò che riguarda il rapporto di lavoro formalizzato, non potesse ritenersi decorsa.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto la notifica non è riprodotta nel ricorso; nè sono riprodotte le difese svolte in tal senso circa la scissione degli effetti tra la consegna all’ufficiale giudiziario e la consegna alla parte. In ogni caso il motivo è infondato nel merito perchè la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi, solo ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale e, pertanto non si applica ai fini dell’effetto interruttivo della prescrizione alla domanda proposta con il ricorso. Infatti come affermato da questa Corte (v. Ordinanza n. (N.d.r.: testo originale non comprensibile) del 15/02/2017) “Perchè si produca l’effetto interruttivo della prescrizione è necessario che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore, sicchè tale effetto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si realizza con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell’atto al convenuto, non operando, in questo caso, il principio che estende anche sul piano sostanziale la scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, atteso che l’effetto di interruzione della prescrizione può avvenire anche in virtù di un atto stragiudiziale. (v. anche sez. 2 -, Sentenza n. 19148, del 01/08/2017, Cass. sez. Un. Sentenza n. 24822 del 09/12/2015).
3.- Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato. Nulla spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
4.- Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso principale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020