Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11067 del 10/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25561/2015 proposto da:

Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero dell’Economia e Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che li rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrenti –

contro

M.M.I., Mu.Ro., in quantà di eredi di Mu.Ga. (deceduto); R.G., in qualità di amministratore di sostegno di C.G., elettivamente domiciliati in Roma, V.le Dell’Università 11, presso lo studio dell’avvocato Francesco Luigi Fabbri, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2589/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 19/11/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2589/2015 pronunciata all’udienza del 24.4.2015 la Corte d’Appello di Roma, adita dai soccombenti C. – Mu., già attori in primo grado nei confronti dei Ministeri delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dell’Economia e delle Finanze ai fini del risarcimento dei danni patiti in conseguenza della liquidazione della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari di cui erano stati dipendenti, su istanza dei medesimi, procedeva a dichiarare cessata la materia del contendere essendo state la loro posizione definita nel quadro della transazione intercorsa tra la procedura liquidatoria e gli ex dipendenti di Federconsorzi.

La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dai prefati Ministeri sulla base di un duplice motivo, cui replicano gli intimati e per essi l’amministratore di sostegno del Caprili ed i successori del Mu..

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo del ricorso erariale rimarca l’erroneità in procedendo in cui sarebbe caduta la sentenza impugnata per non aver accordato il differimento d’udienza richiesto dai Ministeri intimati a fronte dell’avvenuta produzione dell’accordo al fine di poterne esaminare il contenuto, per non aver invitato le parti alla discussione orale e per aver omesso di far loro precisare le conclusioni.

3. Il motivo, in disparte da ogni ragione preclusiva avversariamente oppostavi, non ha comunque pregio, risultando le doglianze che vi sono illustrate più generalmente assorbite dalla considerazione che la denunciabilità per cassazione dei vizi che comportano la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato “error in procedendo”, pregiudizio che non è qui concretamente ravvisabile in relazione all’avvenuto deposito dell’accordo transattivo – peraltro datato 29.4.2013 – essendo questo avvenuto con congruo anticipo (13.4.2015) rispetto alla data di udienza (24.4.2015).

Più in dettaglio, poi, la prima allegazione si rivela priva di autosufficienza poichè non essendo stati trascritti o riprodotti i verbali delle pregresse udienze non è possibile verificare se l’udienza in cui la causa è stata decisa fosse stata preceduta da altra udienza in cui, secondo una prassi largamente in uso tra i giudici di merito, l’esigenza di evitare le c.d. decisioni a sorpresa – che la previsione del differimento su istanza di parte contenuta nell’art. 281-sexies c.p.c., comma 1, si propone di tutelare – risulta parimenti salvaguardata in via per così dire preventiva mediante, cioè la fissazione di un’apposita udienza a cui la discussione della causa è rinviata (Cass., Sez. VI-III, 24/09/2018, n. 22521).

Non integra, per contro, un’irregolarità rilevante la seconda allegazione, il mancato invito delle parti alla discussione non essendo, secondo quanto si è precisato con riferimento all’analoga prescrizione recata dall’art. 420 c.p.c., comma 4, sanzionato come causa di nullità e non inficiando nè la validità del contraddittorio nè l’attività decisionale del giudice (Cass., Sez. III, 17/12/2004, n. 23496).

Così come del pari, la terza allegazione risulta smentita dalla massima secondo cui non è fonte di nullità il fatto che il giudice non abbia invitato le parti alla precisazione delle conclusioni, qualora il ricorrente non deduca che il rinvio della causa per la discussione gli abbia impedito di modificare le conclusioni originarie, di proporre un’eccezione di merito o di rito, ovvero infine di articolare ulteriori mezzi di prova (Cass., Sez. VI-I, 9/09/2016, n. 17905).

4. Quanto al secondo motivo di ricorso – mercè il quale le Amministrazioni ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’Appello abbia ritenuto valida ed efficace la transazione stipulata tra la procedura liquidatoria e gli ex dipendenti di Federconsorzi – ne va dichiarata la palese inammissibilità non afferendo esso al decisum, dato che il decidente si è astenuto dal prendere posizione al riguardo è si è limitato, recependo preliminarmente una conforme istanza di parte, solo a prendere atto che, per effetto dell’accordo così intervenuto, era venuto meno ogni interesse dei ricorrenti ad una decisione di merito.

5. Il ricorso va dunque respinto.

6. Spese alla soccombenza.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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