LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8219/2015 proposto da:
P.V.M., P.E., U.D., elettivamente domiciliati in Roma, via Merulana 247, presso lo studio dell’avvocato Di Giovanni Francesco, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Grelli Enzo, “per atto di costituzione in giudizio in qualità di nuovi difensori”, datato 27 gennaio 2020;
– ricorrenti –
contro
Comune di Villorba, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Federico Confalonieri 5, presso lo studio dell’avvocato Manzi Luigi, rappresentato e difeso dall’avvocato Barel Bruno, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1812/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- P.V., E., F. e U.D. hanno convenuto avanti alla Corte di Appello di Venezia il Comune di Villorba, contestando la stima dell’indennità determinata dalla Commissione Provinciale di Treviso in relazione all’espropriazione di determinati terreni, di cui erano comproprietari, e chiedendo la determinazione in via giudiziale della giusta indennità.
Con sentenza depositata in data 1 agosto 2014, la Corte veneta ha provveduto a compiere la rideterminazione della misura d’indennità spettante agli attori.
2.- In particolare, la pronuncia ha ritenuto non dovuta l’indennità aggiuntiva per “rifacimento testate, impianto irriguo e riduzione consistenza fisica e funzionale”, essendo la stessa già ricompresa nell’ambito dell’indennità “per diminuzione del valore” riconosciuta agli esproprianti. Ha escluso, poi, che nella specie ricorressero gli estremi per l’applicazione della c.d. triplicazione dell’indennità di espropriazione in favore del proprietario coltivatore diretto, rilevando che nella specie il Comune aveva formulato una proposta “sì inferiore alle successive stime, ma non certo irrisoria”. Ha inoltre riconosciuto a P.V. la spettanza dell’indennità D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 40, nonchè ex art. 42 medesimo D.P.R., “come fittavolo dei restanti 7/12 della proprietà”. Ha infine escluso la spettanza di una indennità per occupazione temporanea, rilevando che di tale dedotta occupazione “non v’era traccia negli atti di causa”.
3.- Avverso questo provvedimento ricorrono i signori P. e U., affidandosi a tre motivi di cassazione.
Resiste, con controricorso, il Comune di Villorba.
4.- I motivi di ricorso denunziano i seguenti vizi.
Primo motivo: “falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Il motivo assume, in specie, che la Corte territoriale, nell’escludere la ricorrenza dei presupposti per la c.d. triplicazione dell’indennità, è incorsa nel vizio di motivazione solo apparente.
Secondo motivo: “falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sotto ulteriore profilo”. La censura, per motivazione “contraddittoria, perplessa e incomprensibile”, riguarda la decisione della Corte territoriale di non riconoscere, oltre all’indennità per diminuito valore, una distinta indennità per maggiori costi.
Terzo motivo: “falsa applicazione di norma di diritto in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.”, perchè la sentenza ha compensato le spese del giudizio.
5.- Il ricorso è improcedibile.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la “procura per proporre ricorso per cassazione deve essere speciale e non può essere rilasciata in via preventiva, dal momento che il requisito della specialità della procura implica l’esigenza che questa riguardi espressamente il giudizio di legittimità sulla base di una valutazione della sentenza impugnata” (cfr., tra gli arresti più recenti, Cass., 21 novembre 2017, n. 27540; Cass., 5 novembre 2018, n. 28146).
Nella specie, il ricorso dichiara che la procura del difensore dei ricorrenti, avvocato Giorgio Bressan, discende da un “mandato a margine dell’atto di citazione avanti la Corte di Appello di Venezia del 26.11.2009”, mandato a sua volta riferentisi, tra le altre cose, anche al caso del “ricorso per cassazione”.
Nella specie, dunque, la procura non è nè successiva alla sentenza impugnata col ricorso per cassazione, nè speciale.
A nulla può poi valere – si deve altresì di aggiungere – il fatto che, nell'”atto di costituzione in giudizio in qualità di nuovi difensori”, intervenuto successivamente (gennaio 2020) e a seguito del sopravvenuto decesso dell’avvocato Bressan, si faccia specifico riferimento alla pronuncia dell’Appello Venezia, che il ricorso ha inteso impugnare.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la “procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei casi e nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c.” (Cass., 13 giugno 2014, n. 13431): casi dai quali, peraltro, il giudizio per cassazione risulta radicalmente escluso (cfr. la norma dell’art. 125 c.p.c., comma 3).
6.- Le spese seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.200.00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 22 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020