Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11080 del 10/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23040/2015 proposto da:

Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, in persona del legale rapp.te pro tempore elettivamente domiciliato in Roma Via Di Val Fiorita 90, presso lo studio dell’avvocato Francesco Lilli e rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Spataro, ih forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G., D.N.F., R.D., R.M.A.C., nonchè D.M.C.S., D.M.C.P. e S.A. nella qualità di eredi di D.M.A. (deceduto), elettivamente domiciliati in Roma Viale XXI Aprile 11 presso lo studio dell’avvocato Corrado Morrone e rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Battista Policastri, in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1180/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 29/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 23/12/2004 R.A. e D. hanno convenuto in giudizio dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza (di seguito, semplicemente, Consorzio), chiedendo l’equa determinazione dell’indennità di espropriazione con riferimento a terreni siti in ***** (censiti al foglio *****, particelle *****, quanto al primo, e particelle *****, quanto alla seconda) espropriato loro con decreto del 15/10/2004 per la realizzazione di insediamenti produttivi nell’agglomerato di *****, lamentando l’irrisorietà dell’indennità provvisoria, non comprensiva inoltre dei danni cagionati al raccolto del fondo.

Identica domanda è stata proposta in separati giudizi da D.M.A., quanto al terreno di cui al foglio *****, particella *****, da D.F., quanto al terreno di cui al foglio *****, particella *****, da A.G. e R.M.A.C., quanto al terreno di cui al foglio *****, particelle *****.

Si è costituito in giudizio il Consorzio, sostenendo la corretta determinazione dell’indennità comunicata con il decreto di esproprio.

I procedimenti sono stati sospesi fin visto l’esito dell’impugnazione presso il TAR degli atti della procedura espropriativa.

Definito il giudizio amministrativo, esperita consulenza tecnica nei riattivati giudizi riuniti, la Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 29/7/2014 ha accolto la domanda degli attori; ha determinato l’indennità di esproprio nella somma di Euro 753.885,65 per R.A., di Euro 777.926,00 per R.A.D., di Euro 557.551,60 per D.M.A., di Euro 1.794,100,00 per D.N.F., di Euro 66.336.16 per A.G. e di Euro 346.912,40 per R.M.A.C.; ha determinato l’indennità di occupazione legittima in misura pari agli interessi legali sulla somma indicata per ciascun attore dalla rispettiva data di immissione in possesso sino al decreto di esproprio; ha ordinato al Consorzio il deposito presso la Cassa depositi e prestiti della differenza rispetto a quanto già depositato, con gli interessi legali dalla data del decreto di esproprio e ponendo a carico del Consorzio le spese di causa e di consulenza tecnica.

2. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato l’11/9/2015 ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio, svolgendo un motivo.

Con atto notificato il 22/10/2015 hanno proposto controricorso R.A., R.A.D., D.N.F., quanto al A.G., R.M.A.C., nonchè in qualità di eredi di D.M.A., nel frattempo defunto, S.A., D.M.C.S. e D.M.C.P., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

I controricorrenti hanno deposito memoria difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il Consorzio ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

1.1. Il Consulente tecnico nominato dalla Corte di appello, dopo aver accertato la natura edificabile del terreno de quo, destinato a insediamenti produttivi e in particolare alla realizzazione di capannoni industriali, aveva determinato il valore al metro quadro dei terreni espropriati, senza tener conto degli atti di compravendita presi a riferimento dal Consulente di parte del Consorzio, non ritenendo il corrispettivo ivi indicato pattuito in regime di libero mercato, a causa delle condizioni regolamentari e dei vincoli specifici vigenti nell’area e indicati nel paragrafo 3) dei vari atti di trasferimento prodotti dal Consorzio.

Per questa ragione il Consulente, si, era riferito a concrete esperienze di mercato realizzatesi in ambiti vicini, in aree a vocazione produttiva e in altre zone del territorio comunale, nell’arco temporale 2000-2011, pervenendo a risultati al metro quadro molto superiori a quelli indicati dal Consorzio (rispettivamente Euro 16,80; Euro 13; Euro 16; Euro 15,40; Euro 14,56 al metro quadro).

Al proposito il Consorzio aveva svolto considerazioni critiche rispetto all’elaborato peritale, evidenziando l’erroneità delle determinazioni del Consulente d’ufficio e l’inconferenza degli atti di compravendita presi in esame ai fini della comparazione, afferenti a suoli posti al di fuori dell’ambito del piano ASI e esenti da vincoli.

In ordine a tali osservazioni nulla aveva detto la sentenza impugnata, che si era limitata a considerare alcune obiezioni mosse dalla difesa degli attori, così trascurando il rilievo decisivo che nell’applicazione del metodo sintetico comparativo erano stati presi in considerazione atti relativi alla vendita di immobili non omogenei.

A nulla rilevava il fatto che il Consulente avesse applicato un coefficiente di riduzione, che non poteva compensare la radicale e totale disomogeneità tipologica degli elementi comparati.

1.2. La violazione di legge denunciata non sussiste: la Corte di appello ha inteso attribuire agli espropriati il valore di mercato del loro terreno e a tal fine si è basata sulla valutazione operata dal Consulente tecnico, condotta secondo il cosiddetto metodo “sintetico comparativo”.

E’ d’uopo ricordare che in tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabili, la determinazione del valore del fondo può essere effettuata tanto con metodo sintetico-comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico-ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, e restando pertanto rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettività (Sez. 6 – 1, n. 6243 del 31/03/2016, Rv. 639266 – 01).

1.3. La violazione di legge non può essere ravvisata neppure con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle “parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poterai officiosi, riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. Analogamente, la violazione dell’art. 116 c.p.c., è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera vantazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116, che non a caso è rubricato “della vantazione delle prove” (Sez. 3, 28/02/2017, n. 5009; Sez. 2, 14/03/2018, n. 6231).

1.4. Nella fattispecie il Consorzio ricorrente lamenta omesso esame, di fatto decisivo perchè la Corte territoriale, recependo integralmente la valutazione del prezzo di mercato formulata con metodo sintetico comparativo dal Consulente tecnico d’ufficio, non ha tenuto conto delle obiezioni sollevate dal Consorzio controdeducendo alla consulenza d’ufficio.

In particolare, la Corte non si darebbe data carico di confutare il rilievo della totale disomogeneità degli immobili a cui si riferivano gli atti di compravendita presi in considerazione dal Consulente d’ufficio, perchè relativi a terreni posti al di fuori dell’ambito del piano ASI e esenti da vincoli.

1.5. Nella giurisprudenza di questa Corte si è progressivamente consolidato un orientamento in tema di adesione da parte del giudice del merito alle valutazioni operate dal Consulente d’ufficio: si ritiene, cioè, che il giudice del merito non sia tenuto, a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni dei consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione; non può invece esimersi da una più puntuale motivazione, allorquando le critiche mosse alla consulenza siano specifiche e tali, se fondate, da condurre ad una decisione diversa da quella adottata (Sez. 1, n. 26694 del 13/12/2006, Rv. 596094 – 01).

Infatti, qualora il giudice del merito aderisce al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico, le ragioni poichè l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche per relationem dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori-, in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (Sez. 1, n. 15147 del 11/06/2018, Rv. 649560 – 01; Sez. 1, n. 23637 del 21/11/2016, Rv. 642660 – 01; Sez. 3, n. 12703 del 19/06/2015, Rv. 635773 – 01).

1.6. Tuttavia, allorchè il giudice di merito abbia aderito, alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, l’obbligo della motivazione è soddisfatto con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, senza che il giudice debba necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive. (Sez. 6- 3, n. 1815 del 02/02/2015, Rv..634182 – 01; Sez. 1, n. 8355 del 03/04/2007, Rv. 595700 – 01; Sez. 3, n. 10688 del 24/04/2008, Rv. 603249 – 01); In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (Sez. 1, n. 282 del 09/01/2009, Rv. 606211 – 01).

1.7. Il ricorrente per cassazione è quindi tenuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ad indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (Sez. 1, n. 16368 del 17/07/2014, Rv. 632050 – 01).

1.8. Nella specie dal ricorso stesso (pag. 17) risulta che il Consulente d’ufficio aveva ritenuto di applicare un coefficiente di riduzione dei valori provenienti dagli atti che aveva considerato, evidentemente al fine di riequilibrare il risultato finale, tenendo conto quindi delle obiezioni del Consorzio.

1.9. Il motivo di ricorso non riporta il contenuto della relazione peritale e non permette di verificare la tipologia dei terreni considerati come potenzialmente omogenei dal Consulente.

Inoltre il ricorso, pur dando atto dell’adozione da parte del C.t.u. di un coefficiente riequilibrativo, non da affatto conto del tenore di tale operazione valutativa e tantomeno riporta il determinante passaggio della relazione peritale, a cui ha fatto richiamo la sentenza impugnata, e così non pone in grado la Corte di Cassazione di valutare le critiche sollevate da parte ricorrente, secondo cui il predetto coefficiente sarebbe inidoneo a sortire un efficace risultato di compensazione per la radicale disomogeneità tipologica tra gli elementi comparati, senza procedere all’esame diretto delle risultanze probatorie e in particolare alla lettura della relazione peritale.

1.10. In tal modo il ricorrente non ha soddisfatto gli oneri di autosufficienza e specificità del ricorso, mettendo in condizione questa Corte di legittimità di verificare sulla base del contenuto stesso dell’atto di impugnazione la fondatezza della doglianza, e in particolare l’inidoneità-della risposta del C.t.u. alle critiche del Consulente di parte.

I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come là sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base delvizio denunciato, predicendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea vantazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza. (Sez. 5, n. 29093 del 13/11/2018, Rv. 651277 – 01).

Il ricorrente quindi per il principio di autosufficienza ha l’onere di trascrivere nel ricorso per cassazione il testo integrale, o la parte significativa del documento su cui il ricorso si fonda, al fine di consentire il vaglio di decisività (Sez. 5, n. 13625 del 21/05/2019, Rv. 653996 – 01; Sez. 3, n. 6735 del 08/03/2019, Rv. 653255 – 01; Sez. 5, n. 31038 del 30/11/2018, Rv. 651622 – 01).

1.11. La Corte di appello non doveva quindi necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, pur non espressamente confutate, dovevano ritenersi implicitamente disattese perchè incompatibili con il parere del perito d’ufficio. Per altro verso, il ricorrente non ha consentito ritualmente a, questa Corte di verificare la sussistenza del denunciato vizio motivazionale che esigeva la specifica deduzione delle considerazioni esposte dal Consulente e delle critiche ad esse rivolte.

2. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dei contro ricorrenti, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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