Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.11099 del 10/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20021/2018 proposto da:

DIARAD SRL, in persona del legale rappresentante p.t. Dott. P.I. e PI.BR., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

MANGILI, 29, presso lo studio dell’avvocato FERRUCCIO MARIA DE LORENZO, rappresentati difesi dall’avvocato PATRIZIA KIVEL MAZUY;

– ricorrente –

contro

ASL NAPOLI *****;

– intimata –

nonchè da:

ASL NAPOLI ***** in persona del Direttore Generale Dott. F.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO SAVERIO NITTI 11, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GAGLIARDI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO NARDONE;

– ricorrente incidentale –

contro

DIARAD SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 239/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato PATRIZIA KIVEL MAZUY;

udito l’Avvocato PAOLO MIGLIACCIO per delega.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Diarad Srl ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli che riformando la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in suo favore per le prestazioni di fisiokinesiterapia rese in qualità di soggetto accreditato in convenzione con la ASL Napoli ***** – aveva revocato il provvedimento monitorio con condanna alle spese di lite.

2. Ha resistito l’Azienda Sanitaria Napoli *****, proponendo ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

RAGIONE DELLA DECISIONE 1. Il ricorso incidentale deve essere esaminato in via preliminare.

1.1. Con esso la ASL deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

1.2. Lamenta che la censura proposta dinanzi alla Corte d’Appello era stata erroneamente rigettata in quanto non era stato considerato che il thema decidendum della controversia riguardava il superamento, da parte della società, dei limiti autoritativamente imposti dalla regione Campania (in relazione alla COM ed ai tetti di spesa) con ciò vertendo sul contenuto del rapporto concessorio dedotto in giudizio, indagine preclusa al giudice ordinario e rientrante nella giurisdizione amministrativa.

1.3. La censura è infondata.

1.4. Questa Corte ha reiteratamente affrontato la specifica questione ed ha affermato che:

a. “in tema di attività sanitaria esercitata in regime di cd. accreditamento, la domanda di condanna della Asl al pagamento del corrispettivo per le prestazioni eccedenti il limite di spesa, proposta dalla società accreditata sul presupposto dell’annullamento in via giurisdizionale dei provvedimenti amministrativi che avevano stabilito i c.c. dd. “tetti di spesa” e della conseguente invalidità, inefficacia o inoperatività parziale dell’accordo stipulato tra le parti limitatamente alle clausole che prevedevano la non remunerabilità delle predette prestazioni, rientra, ai sensi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. c), nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia il cui “petitum” sostanziale investe unicamente la verifica dell’esatto adempimento di una obbligazione correlata ad una pretesa del privato riconducibile nell’alveo dei diritti soggettivi, senza coinvolgere il controllo di legittimità dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio” (Cass. SU 26200/2019);

b. “la controversia avente ad oggetto la sanzione amministrativa comminata dalla ASL – nell’ambito dell’attività di vigilanza e controllo sulla congruità ed appropriatezza del servizio pubblico reso – ad una struttura privata operante in regime di accreditamento va devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto concerne prestazioni effettuate in esecuzione del rapporto, a carattere paritario e contenuto meramente patrimoniale, di concessione di pubblico servizio, non venendo in rilievo l’esercizio, da parte della pubblica amministrazione, di poteri autoritativi e discrezionali” (Cass. SU 31029/2019);

c. “In tema di prestazioni sanitarie effettuate in regime di c.d. accreditamento provvisorio, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo il criterio di riparto fissato dalla sentenza della Corte Cost. n. 204 del 2004 ed ora dall’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., le controversie sul corrispettivo dovuto in applicazione della disciplina del rapporto concessorio determinata nell’accordo contrattuale stipulato, in condizioni di pariteticità, tra la ASL e la struttura privata concessionaria; peraltro, qualora la ASL opponga alla domanda di pagamento (“petitum” formale immediato) l’esistenza di una propria deliberazione che, in attuazione di quella regionale a contenuto generale, determini in concreto il tetto di spesa e la creditrice replichi, negando la soggezione della propria pretesa creditoria a tali atti o sostenendone l’illegittimità, il “petitum” sostanziale della domanda non è automaticamente inciso da siffatte “replicationes”, le quali devono essere considerate irrilevanti ai fini della individuazione della giurisdizione, a meno che non si sostanzino in una richiesta di accertamento con efficacia di giudicato dell’illegittimità del provvedimento posto a fondamento dell’eccezione sollevata dalla ASL” (Cass. SUU 28053/2018).

1.5. Nel caso in esame, l’oggetto della controversia – come delineato dalla stessa ricorrente incidentale – non pone in discussione la legittimità del provvedimento con il quale erano stato fissati limiti al rapporto concessorio riguardante le prestazioni erogate dalla società ingiungente, ma il riconoscimento del corrispettivo delle prestazioni rese anche in assenza di un contratto scritto e soltanto sulla base della condizione, vantata dalla Diarad Srl, di soggetto provvisoriamente accreditato con il Servizio Sanitario Regionale.

1.6. La Corte territoriale, dunque, ha applicato correttamente i principi sopra richiamati in quanto l’oggetto della controversia investe unicamente la verifica dell’esatto adempimento di una obbligazione correlata ad una pretesa della società riconducibile nell’alveo dei diritti soggettivi.

1.7. Il motivo deve pertanto deve essere respinto, senza necessità di rimettere la controversia dinanzi alle sezioni unite di questa Corte trattandosi di questione già reiteratamente decisa (cfr. art. 374 c.p.c., comma 1).

2. In ordine al ricorso principale, si osserva quanto segue.

2.1. Con il primo ed il secondo motivo – da trattarsi congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi ed in parte sovrapponibili – la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 bis ed 8 quinquies, di riforma del sistema sanitario nazionale; lamenta altresì l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

2.2. Assume, al riguardo, che:

a. erroneamente la Corte non aveva dato rilievo allo status di soggetto accreditato provvisorio, ritenendolo insufficiente a giustificare un credito maturato e fondato anche sulla Delib. regionale del 2003 (D.G.R.C. n. 1270 del 2003): deduce, al riguardo che, con essa, la stessa regione Campania aveva ritenuto che, in attesa della definitiva instaurazione dell’accreditamento definitivo, il contenuto del nuovo rapporto provvisorio poteva essere riferito alla originaria convenzione (vigente dal 1994) che, dunque, doveva ritenersi vincolante e sufficiente a giustificare la prosecuzione del rapporto;

b. il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 quater, comma 6, come integrato dal D.Lgs. n. 229 del 1999, aveva di fatto abrogato la ridotta operatività dell’accreditamento al biennio 1995/96, estendendolo anche al periodo successivo, ragione per cui i rapporti in tal modo qualificati dovevano intendersi prorogati anche oltre tale biennio, fino alla realizzazione del sistema di accreditamento istituzionale, ancora non definito nel 2005;

c. ad ulteriore dimostrazione che non poteva trovare applicazione nei rapporti fra ASL e strutture sanitarie private accreditate il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 quater, che introduceva la sanzione della sospensione del rapporto concessorio nel caso di mancata stipula del contratto, doveva tenersi conto della condotta della ASL che, per il 2005 (periodo oggetto di controversia), aveva anche erogato alcuni acconti alla società, ammettendo con ciò la sussistenza del rapporto e la presenza di un vincolo che giustificava le prestazioni corrispettive;

d. sotto altro profilo del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 quinquies, non imponeva la sottoscrizione di accordi contrattuali anno per anno: inoltre per effetto della programmazione regionale il limite di spesa e la qualità del servizio attraverso la determinazione della capacità operativa massima, erano stati comunque garantiti ed imposti all’erogatore del servizio, ragione per cui l’eventuale superamento doveva essere dimostrato dalla ASL che nulla aveva dedotto sul punto (secondo motivo).

2.3. La società ricorrente, in buona sostanza, assume che pur in mancanza di un contratto individuale stipulato, il pregresso accreditamento provvisorio era idoneo a giustificare la liquidità ed esigibilità del credito; e che la mancata attuazione del nuovo sistema concessorio previsto dava sostegno a tale tesi, sposata anche dalla giurisprudenza amministrativa.

2.4. Il motivo è infondato.

2.3. Premesso che la censura, in relazione al profilo di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, è inammissibile in quanto il vizio denunciato non è più esistente (cfr. al riguardo, Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 27216/2014; Cass. 9253/2017; Cass. 27415/2018), il Collegio osserva che gli altri argomenti prospettati nella doglianza in relazione alla dedotta violazione di legge, devono essere rigettati.

2.4. Al riguardo, questa Corte ha condivisibilmente affermato che “nell’ambito del servizio sanitario nazionale, il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime dell’accreditamento – previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 e poi integrato dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6 – non ha modificato la natura del rapporto esistente tra l’Amministrazione e le strutture private, che rimane di natura sostanzialmente concessoria; ne consegue che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali” (cfr. Cass. 1740/2011; Cass. 17711/2014).

2.5. Ed è stato altresì precisato che “l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonchè i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del S.S.R., vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti, ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa.(Cass. 17588/2018; Cass. 30917/2018).

2.6. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi e, pertanto, le due complessive censure devono essere respinte.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce, infine, sempre ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e l’errata interpretazione del principio di diritto affermato dalla sentenza richiamata dalla Corte territoriale (Cass. 1740/2011, cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) in punto di ripartizione degli oneri probatori: assume che la questione ivi affrontata era inconferente con il caso in esame.

3.1. Il motivo, in parte sovrapponibile alle precedenti censure, è infondato.

Il nodo della controversia, infatti, è incentrato, proprio come nel caso esaminato dalla pronuncia rievocata, sulla questione relativa alla necessità o meno, per il riconoscimento delle controprestazioni vantate, della stipula di un contratto scritto fra la ASL ed il soggetto accreditato.

3.2. Lo stesso principio contestato è stato, inoltre, condivisibilmente riaffermato anche dalla successiva giurisprudenza di legittimità secondo la quale vanno applicati i principi generali in materia secondo cui “non possono validamente concludersi accordi contrattuali per “facta concludentia” con la pubblica amministrazione, atteso che, ai sensi del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, tutti i contratti con la P.A. devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta” (cfr. al riguardo, Cass. 23657/2015 specificamente riferita alla ASL Napoli *****, la cui motivazione deve intendersi richiamata).

4. In conclusione, anche il ricorso principale deve essere rigettato.

5. L’esito della controversia rende opportuna la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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