Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.11104 del 10/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26345-2018 proposto da:

MINISTERO DIFESA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, M.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3060/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del Tribunale di Roma n. 7890/1998 il Ministero della Difesa ed il Tenente M.A. venivano condannati, in solido, a risarcire in favore degli eredi il danno – liquidato in complessivi Euro 329.018,18 – derivato dalla morte del congiunto Caporale Maggiore B.M., deceduto a causa della errata manovra di un carro armato condotto dal Ten. M., risultato sprovvisto di titolo abilitativo alla guida di tale mezzo. Il Tribunale rigettava, inoltre, la domanda di manleva formulata dal Ministero della Difesa nei confronti di INA Assitalia s.p.a..

Il Ministero provvedeva ad erogare agli eredi la somma di Euro 356.666,32.

Nel secondo grado di giudizio la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 11.12.2000 n. 3960 – passata in giudicato -, accertava la esistenza ed efficacia della polizza assicurativa dello RC stipulata dal Ministero con INA Assitalia s.p.a., dichiarandola obbligata a manlevare il proprio assicurato, senza tuttavia provvedere a quantificare la prestazione indennitaria dovuta dalla società assicurativa.

Nel successivo giudizio, proposto dal Ministero nei confronti del M. e di INA Assitalia s.p.a. per ottenere la condanna all’adempimento del contratto assicurativo, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1638/2013, rigettava la domanda proposta dal Ministero nei confronti del M. e riteneva inammissibili, per pregresso giudicato, sia la eccezione di inefficacia della polizza dedotta da INA Assitalia s.p.a., sul presupposto della mancanza in capo al M. del titolo abilitativo alla guida, sia la domanda riconvenzionale di rivalsa proposta dalla società assicurativa ai sensi dell’art. 144, comma 2 CAP nei confronti dell’Amministrazione statale e del M., in conseguenza condannando INA Assitalia s.p.a. a corrispondere al Ministero l’importo di Euro 329.018,18.

In totale riforma della decisione di prime cure la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 10.5.2018 n. 3060, rilevava che l’azione di rivalsa era stata esperita da INA Assitalia L. n. 990 del 1969, ex art. 18 nel precedente giudizio definito con il giudicato, senza tuttavia che alcuno dei Giudici di merito avesse pronunciato su di essa; nè tale domanda poteva ritenersi coperta dal giudicato implicito, formatosi in quel giudizio, in quanto non si poneva in relazione di incompatibilità-esclusione con l’accertamento della operatività della polizza e dunque era stata legittimamente riproposta dalla società assicurativa nella presente causa. Concludeva quindi nel merito per l’accoglimento della domanda di rivalsa, con conseguente rigetto della domanda di condanna proposta dal Ministero, essendo accertato il difetto del possesso del titolo di guida in capo al conducente del mezzo militare e quindi la esclusione della garanzia assicurativa.

Ricorre per cassazione, deducendo un unico motivo, il Ministero della Difesa.

Non hanno svolto difese gli intimati M.A. e Generali Italia s.p.a. (già INA Assitalia s.p.a.) ai quali il ricorso è stata notificato presso i difensori domiciliatari in data 17.9.2018.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Motivo unico: Violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Il Ministero deduce la erroneità della sentenza impugnata in quanto la Corte d’appello avrebbe violato il giudicato esterno.

Sostiene che la “eccezione riconvenzionale” di rivalsa già proposta da INA Assitalia s.p.a. nell’altro giudizio doveva ritenersi ormai coperta dal giudicato, in quanto la Corte d’appello, nella sentenza n. 3960/2000, aveva rilevato che la garanzia assicurativa era stata convenzionalmente estesa anche ai danni derivanti dalla circolazione dei mezzi militari in luoghi privati, dovendo pertanto, ritenersi l’evento accaduto ricompreso nella prestazione assicurativa, ed aveva altresì accertato che INA Assitalia s.p.a. era tenuta a rispondere in via diretta e solidale nei confronti dei danneggiati, anche in considerazione della esplicita richiesta formulata ex art. 1917 c.c. dalla Amministrazione assicurata. L’accertamento contenuto nella sentenza n. 3960/2000 si poneva, quindi, secondo la ricorrente, in relazione di logica incompatibilità con il mantenimento sia della eccezione che della domanda di rivalsa formulata in quel giudizio da INA Assitalia s.p.a..

Il motivo è fondato.

Osserva il Collegio che la L. n. 990 del 1969, art. 19 (attuale art. 144 CAP) disciplina l’azione diretta esperita dal danneggiato nei confronti della impresa assicuratrice RCA del veicolo investitore. La norma in questione prevede la inopponibilità al “danneggiato”, da parte dell’assicuratore convenuto con azione diretta, e nei limiti del massimale di polizza, delle clausole di inoperatività della garanzia assicurativa, facendo comunque salvo il diritto della impresa assicurativa all’esercizio delle azioni “ex contractu”, essendo questa legittimata ad agire in rivalsa nei confronti del proprio assicurato, qualora abbia dovuto eseguire pagamenti in favore del danneggiato che avrebbe potuto rifiutare in base alle clausole di polizza.

Deve dunque scindersi il rapporto di coobbligazione solidale ex lege tra l’autore dell’illecito e la società assicurativa, imposto dalla norma a favore del soggetto danneggiato, dal distinto rapporto contrattuale tra la medesima società assicurativa ed il proprio assicurato: nel senso che l’accertamento giudiziale dell’obbligo e la condanna al risarcimento del danno pronunciato nei confronti della società assicurativa convenuta in giudizio con azione diretta dal danneggiato, non vincola nè impedisce l’accertamento della eventuale inefficacia della garanzia assicurativa e della esclusione dell’obbligo contrattuale della società assicurativa di tenere indenne il proprio assicurato dalle conseguenze patrimoniali negative derivanti dal sinistro.

La sentenza di appello appare del tutto lacunosa nella ricostruzione della posizione processuale assunta da INA Assitalia s.p.a. nel giudizio definito con la sentenza passata in giudicato. In particolare dalla sentenza impugnata emerge che la società assicurativa aveva proposto sia eccezione di inoperatività della polizza per “carenza di abilitazione alla guida da parte del M.”, sia “in via riconvenzionale….domanda di rivalsa L. n. 990 del 1969, ex art. 18 come novellato dal D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144, comma 2”, ma non viene specificato se essa fosse stata evocata con “azione diretta” dai danneggiati, ovvero fosse stata, invece, chiamata in garanzia impropria dal Ministero, con la conseguenza che non è dato individuare quale fosse la parte soccombente in ordine alla pronuncia del Tribunale di “rigetto della domanda di garanzia avanzata nei confronti di INA Assitalia s.p.a.” (come riportato nella sentenza impugnata a pag. 2 della motivazione) ed alla riforma di tale statuizione disposta invece con la sentenza n. 3960/2000 della Corte d’appello “in punto di esclusione della copertura assicurativa”, neppure essendo dato intendere le ragioni che avevano fondato le due diverse decisioni.

Dalla esposizione del motivo ricorso, risulta che l’Amministrazione statale, convenuta unitamente all’autore dell’illecito quali responsabili civili per il risarcimento dei danni, aveva svolto “domanda di manleva….in ragione del sinistro”, in tal modo deducendo la PA ricorrente che, oltre alla questione inerente l’accertamento della responsabilità (causa principale), anche il distinto rapporto contrattuale (causa connessa) era stato portato alla cognizione del giudice di merito, attraverso la formulazione di una autonoma domanda di adempimento dell’obbligazione assicurativa proposta dalla Amministrazione statale nei confronti di INA Assitalia s.p.a., e da quest’ultima contrastata con la eccezione e la domanda riconvenzionale di rivalsa.

L’assunto difensivo del Ministero ricorrente trova riscontro nell’esame della sentenza n. 3960/2000, passata in giudicato, depositata nel fascicolo di parte, ed alla quale – vertendosi in tema di verifica del giudicato esterno – questa Corte ha accesso diretto.

Ebbene dalla lettura di tale sentenza emerge in modo inequivoco che i danneggiati avevano proposto azione diretta L. n. 990 del 1969, ex art. 18 nei confronti di Assicurazioni d’Italia Assitalia s.p.a. (successivamente INA Assitalia s.p.a.), convenuta in giudizio unitamente ai responsabili civili; il Tribunale, con sentenza 27.4.1988 n. 7890, aveva rigettato la domanda dei danneggiati contro l’impresa assicurativa insussistendo la “legittimazione passiva….per difetto delle condizioni di cui alla L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18”; La Corte di appello, con sentenza n. 3960/2000, aveva rigettato l’appello principale proposto dal M. ed accolto in parte l’appello incidentale proposto dai danneggiati “ritenendo errata la esclusione della legittimazione passiva dell’Assitalia s.p.a.”, in quanto le clausole della polizza prevedevano la “estensione della garanzia anche per i rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli militari in aree private nei comprensori militari” e conseguentemente ha dichiarato che la Compagnia “deve…..rispondere direttamente ed in via solidale nei confronti del danneggiato, legittimato attivamente L. n. 990 del 1969, ex art. 18 e comunque anche per l’esplicita richiesta ex art. 1917 c.c. avanzata dall’Amministrazione assicurata”.

Dall’esame della sentenza passata in giudicato risulta, pertanto, che la Corte d’appello ha pronunciato sull’appello principale proposto dal M. (avverso l’accertamento della responsabilità civile) e sull’appello incidentale proposto dai danneggiati che avevano esperito l'”azione diretta” ex lege n. 990 del 1969 (avverso la statuizione che disconosceva la legittimazione passiva della società assicurativa).

E’ ben vero che la Corte d’appello, nella sentenza passata in giudicata, non ha preso espressamente in esame le questioni concernenti il rapporto assicurativo relative alla “eccezione” dell’INA Assitalia s.p.a. “sul punto della valida copertura assicurativa” (rette per inoperatività della polizza in base alla clausola di esclusione della garanzia per difetto di titolo abilitativo alla guida rilasciato al conducente del mezzo corazzato), ed alla domanda riconvenzionale – condizionata – di rivalsa che era stata proposta, a sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 2 dalla società assicurativa (come emerge dalla parte motiva – pag. 5 – della sentenza n. 3060/2018 impugnata per cassazione), entrambe rimaste assorbite nella pronuncia di primo grado che aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva della impresa assicurativa. Tuttavia è da ritenere principio consolidato quello per cui le proposizioni contenute nella motivazione di una sentenza, tanto più quando occorre verificare la estensione oggettiva della efficacia di giudicato, non possono ex se venire estrapolate dal contesto, dovendo essere interpretate alla stregua non solo del dispositivo ma, occorrendo, anche delle domande ed eccezioni formulate dalle parti e dunque anche in relazione allo specifico oggetto del giudizio su cui la pronuncia è intervenuta (cfr.: Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 24749 del 20/11/2014; id. Sez. 5 -, Ordinanza n. 12752 del 23/05/2018; id. Sez. L -, Sentenza n. 21165 del 07/08/2019).

Al riguardo occorre considerare che, al fine di paralizzare la pretesa dei danneggiati, la società assicurativa convenuta aveva formulato eccezione di inapplicabilità della stessa L. n. 990 del 1969 (e quindi di non esperibilità dell’azione diretta) sull’assunto che la circolazione del veicolo non fosse avvenuta “su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate” come prescritto dalla medesima L. n. 990 del 1969, art. 1, comma 1.

L’argomento speso dalla Corte d’appello nella sentenza passata in giudicato per disattendere detta eccezione, non si è sviluppato sul piano interpretativo delle disposizioni normative, ma ha trovato precipuo fondamento nelle clausole contrattuali di polizza.

Il Giudice di appello, infatti, ha accertato che il sinistro si era verificato all’interno di un comprensorio militare – dunque di un’area non adibita ad uso di pubblico transito – rimanendo in conseguenza interdetto l’esperimento dell’azione diretta previsto dalla L. n. 990 del 1969, ed ha inteso superare la eccezione formulata dalla società assicurativa, rilevando che le clausole di polizza prevedevano la estensione della garanzia anche in relazione a sinistri verificatisi su aree private o comunque non adibite ad uso pubblico, traendone il convincimento – errato in diritto – che la previsione contrattuale legittimasse la titolarità passiva della società assicurativa rispetto alla pretesa risarcitoria dei danneggiati (essendo appena il caso di osservare come le condizioni del contratto, ampliative della garanzia assicurativa, operano certamente a favore del contraente-assicurato ma non consentono di incidere sulla disciplina di legge che istituisce una ipotesi eccezionale di legittimazione passiva, non essendo abilitate le parti private a modificare le condizioni alle quali la legge consente l’esercizio dell'”azione diretta” nei confronti dell’assicuratore della RCA).

Indipendentemente dalla correttezza della sentenza n. 3960/2000, ormai passata in giudicato, quello che qui preme rilevare è che il riconoscimento della posizione di coobbligazione solidale della società assicurativa, è stato effettuato dalla Corte d’appello in virtù del contenuto negoziale della polizza, e di tanto ha avuto contezza lo stesso Giudice di merito laddove, dopo aver – erroneamente – indicato “il danneggiato legittimato attivamente L. n. 990 del 1969, ex art. 18”, ha poi ritenuto necessario di dovere fondare la condanna della impresa assicurativa sul diverso argomento della esposizione diretta – nei confronti dei danneggiati della “Compagnia, chiamata in garanzia…..comunque anche per l’esplicita richiesta ex art. 1917 c.c. avanzata dalla Amministrazione assicurata”: il Giudice di appello ha ritenuto, quindi, che la società assicurativa dovesse adempiere direttamente l’obbligazione in favore dei danneggiati, anzichè pagare l’indennizzo al proprio assicurato, in quanto a ciò obbligata dalla espressa richiesta, formulata ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 2, dal Ministero.

Orbene, tenuto conto che la richiesta di pagamento diretto ex art. 1917 c.c., comma 2, inerendo al rapporto contrattuale di assicurazione della responsabilità civile, pone in relazione esclusivamente le parti contraenti (presupponendo l’ordine vincolante, impartito dall’assicurato, l’esistenza di un valido ed efficace contratto assicurativo e la esigibilità della obbligazione indennitaria) e non investe anche di un autonomo diritto il danneggiato che non può neppure surrogarsi nel potere riservato all’assicurato ove quest’ultimo abbia invece preferito l’ordinaria modalità di adempimento della prestazione indennitaria (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 103 del 08/01/1999; id. Sez. 3, Sentenza n. 15039 del 15/07/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 8622 del 12/04/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 11948 del 17/05/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 26019 del 05/12/2011), appare allora fondata la tesi difensiva della Amministrazione statale ricorrente secondo cui la sentenza n. 3960/2000 avrebbe pronunciato – con efficacia di giudicato – anche sul rapporto contrattuale, implicitamente affermandone la validità ed efficacia e dunque disattendendo, per implicazione necessaria, anche la domanda di rivalsa fondata sulla inoperatività della polizza.

Ne segue che nel successivo giudizio promosso dal Ministero della Difesa, ogni questione concernente la validità ed efficacia della polizza, doveva intendersi ormai preclusa dall’accertamento del rapporto assicurativo, ritenuto operante nella clausola che estendeva la garanzia dell’assicurato anche alla responsabilità derivante da sinistri verificatisi in aree private o comunque non adibite a pubblico transito, contenuto nella sentenza n. 3960/2000 passata in giudicato.

In conclusione il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma che procederà ad un nuovo giudizio liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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