LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36308-2018 proposto da:
A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUCIO APULEIO 11, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO STRILLACCI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 789/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 09/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 9/5/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Brescia in ordine alle istanze avanzate da A.M., nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo, proveniente dallo Stato del *****, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto temeva per la sua vita avendo ricevuto minacce di morte dai sostenitori del partito ***** a causa di suo fratello, che aveva ucciso uno dei membri di quel partito.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.M. affidato a tre motivi e memoria.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.
In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del ricorrente, esponendo chiaramente le plurime ragioni di tale convincimento; ha poi ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. tra molte: Cass. n. 340/19); b) che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c) che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte di merito ha precisato come il ***** non risulti dalle indicate fonti reperibili interessato dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.
Il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo ritenuto, a monte, che i fatti lamentati e le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante.
In ordine poi alla protezione umanitaria oppure risultante da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano, in costanza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017), il giudice anche avvalendosi dei poteri di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ha escluso con accertamento di fatto insindacabile in questa sede situazioni di vulnerabilità inerenti a diritti umani fondamentali alle quali lo straniero sarebbe stato esposto in caso di suo rimpatrio (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017) o l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente. Il motivo risulta pertanto inammissibile in quanto del tutto generico: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.
Il ricorso proposto deve pertanto essere respinto. Nulla per le spese. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ove è dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ove è dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta-1 sezione della Corte di Cassazione, il 21 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020