LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36496-2018 proposto da:
O.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO RICCIARDI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2972/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 15/6/2018, ha rigettato l’appello avverso la ordinanza del Tribunale di Napoli di conferma del provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta in ordine alle istanze avanzate da O.B.A., nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo 1 proveniente dallo Stato del *****, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di ***** di essere fuggito dal proprio paese perchè aveva dato fuoco colposamente al terreno del vicino e per questo temeva per la sua incolumità. Avverso la decisione della Corte di Appello di Napoli il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ed omesso esame di circostanze decisive per il giudizio, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e violazione del dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte di Appello di Napoli ha ritenuto non credibile il racconto e violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Napoli non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, art. 2729, in quanto la Corte di Appello di Napoli ha motivato basandosi su presunzioni.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto. I motivi di ricorso i da trattarsi congiuntamente in quanto tra loro avvinti, si sostanziano per la gran parte in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento circa la mera eventualità del pericolo paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale.
Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
Quanto poi alla omessa motivazione lamentata nel primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, occorre chiarire che in assenza di specifiche argomentazioni, non è configurabile un vizio di omessa motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia. In ogni caso nella fattispecie il rigetto è implicito non dovendo il giudice di merito motivare su ogni singola questione ove la stessa possa ritenersi assorbita in considerazione del rigetto della domanda per motivi sostanziali.
In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto che la zona di provenienza non risulta dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona. Inoltre la Corte distrettuale ha ritenuto che non vi era attinenza tra la vicenda personale narrata ed una non meglio identificata “etnia discriminata” e ad un neppur nominato “partito in lotta contro l’attuale governo”.
Il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante.
In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata esamina la situazione della zona di provenienza e di conseguenza non ravvisa i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avendo semplicemente ritenuto, a monte, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, cioè il *****.
Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rivela inammissibile in quanto censura, senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale, l’accertamento di merito compiuto dalla Corte in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità ha indicato come ragioni di vulnerabilità (diverse da quelle che il ricorrente aveva esposto alla Commissione) l’appartenenza del ricorrente ad una etnia discriminata nonchè l’iscrizione come membro di un partito in opposizione a quello governativo. Tali ragioni tuttavia non sono quelle che il ricorrente aveva esposto alla Commissione alla quale aveva riferito di essere fuggito per aver dato fuoco colposamente al terreno del vicino. In ogni caso la Corte di merito alle pagine 5 e 6 della sentenza motiva sulla insussistenza di ogni riferimento nell’atto di appello a situazioni di vulnerabilità individuale e pertanto ravvisa una carenza di allegazione oltre che assoluta genericità del motivo di appello.
In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).
Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020