Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.11197 del 11/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17605-2019 proposto da:

O.C.H., elettivamente domiciliato in ROMA, in PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANIA RUSSO, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 26/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

Con decreto del 26.4.19 il Tribunale di Milano rigettò il ricorso di O.C.H., cittadino della Nigerìa, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e umanitaria, osservando che: non era riconoscibile lo status di rifugiato in quanto il racconto del ricorrente non era attendibile in ordine al suo allontanamento dalla Nigeria per sottrarsi all’arresto per il suo attivismo politico; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria, in ordine alle varie fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, anche per quanto desumibile dalle fonti esaminate; non erano state allegate condizioni individuali di vulnerabilità da legittimare il permesso umanitario.

Ricorre in cassazione O.C.H. con due motivi.

Non si è costituito il Ministero.

Il giudice designato ha formulato la proposta ex art. 380bis c.p.c.

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007. artt. 3 e 5, avendo il Tribunale violato i criteri sulla valutazione di credibilità del ricorrente in ordine alla vicenda narrata di persecuzione di matrice politica per la sua appartenenza al partito IPOB.

Con il secondo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, avendo il Tribunale fondato la decisione sulla valutazione di non credibilità del rìcorrente, senza acquisire informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica della Nigeria, Il primo motivo è inammissibile. Al riguardo, va osservato che, in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., n. 21142/19; n. 20580/19).

Nel caso concreto, il Tribunale ha argomentato in ordine alla non credibilità del ricorrente attraverso un esame critico comparativo e complessivo dei fatti narrati, esaminando tutti i particolari del racconto del ricorrente ed evidenziandone in maniera esaustiva le relative lacune e le contraddizioni. Invero, il ricorrente ha dedotto in modo del tutto generico la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla valutazione sulla sua credibilità, mediante un mero richiamo alla normativa.

Inoltre, è stato affermato che la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5 lett. c) (Cass., n. 27503/2018). Tale apprezzamento di fatto è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass., n. 3340/19).

Nella fattispecie, giova rilevare che il ricorrente non ha dedotto il vizio motivazionale.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile. Il ricorrente non ha allegato la sussistenza in Nigeria e, in particolare, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza generalizzata ed indiscriminata derivante da conflitto armato, avendo incentrato la sua istanza solo sulla prospettata persecuzione politica.

Va comunque rilevato che il Tribunale ha escluso la configurabilità della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) attraverso l’esame di vari aggiornati report internazionali.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Ministero.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza deì presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 11 giugno 2020

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