Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.11299 del 12/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17361/2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PASTEUR 33, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA SILENZI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, e per essa DOBANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO, 1/A SC. B, presso lo studio dell’avvocato GENNARO UVA, che la rappresenta e difende;

FINO 2 SECURITISATION SRL, e per essa DOBANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO, 1/A SC. B, presso lo studio dell’avvocato GENNARO UVA, che la rappresenta e difende;

UNICREDIT SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI 54, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO GRAZIADEI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO TROTTA;

– controricorrenti –

e contro

ST.FR.;

– intimata –

nonchè da:

ST.FR., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE SS PIETRO E PAOLO 34, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA SPASIANO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, UNICREDIT SPA, S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1671/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. Il ***** S.F. vendette alla sorella St.Fr. la propria quota, pari ad un mezzo, della proprietà d’un fabbricato sito a *****.

La Unicredit S.p.A., creditrice di S.F. in virtù di un contratto di fideiussione, nel 2012 convenne dinanzi al Tribunale di Velletri, ufficio periferico di *****, S.F. e Fr., chiedendo che la compravendita da essi stipulata fosse dichiarata inefficace nei confronti della società attrice, ai sensi dell’art. 2901 c.c..

2. Con sentenza 31 gennaio 2017 il Tribunale di Velletri rigettò la domanda.

Il Tribunale ritenne che l’acquirente St.Fr. non fosse consapevole “dell’idoneità dell’atto dispositivo a recare pregiudizio alle ragioni della banca”.

La sentenza venne appellata dalla Unicredit.

3. Con sentenza 14 marzo 2018 n. 1671 la Corte d’appello di Roma accolse il gravame e dichiarò inefficace nei confronti della società Unicredit l’atto dispositivo del 5 aprile 2007.

La Corte ritenne raggiunta la prova presuntiva, ex art. 2729 c.c., che St.Fr. fosse a conoscenza del pregiudizio che la compravendita avrebbe potuto arrecare ai creditori del fratello.

Affermò che tale conclusione doveva desumersi sia dalla circostanza che l’acquirente non aveva dimostrato di aver pagato l’intero prezzo dell’immobile; sia dal rapporto di stretta parentela fra le parti contraenti.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale da S.F. con ricorso fondato su quattro motivi ed in via incidentale da St.Fr. con ricorso fondato su cinque motivi, quattro dei quali adesivi rispetto a quelli proposti dal ricorrente principale.

Ambedue i ricorrenti hanno depositato memoria.

Hanno resistito con controricorso la Unicredit S.p.A. e la Fino 2 Securitisation s.r.l., per il tramite della propria mandataria doBank s.p.a., intervenuta volontariamente nel giudizio quale cessionaria del credito a garanzia del quale è stata proposta l’azione revocatoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2901 c.c..

Sostiene che la Corte d’appello, oltre ad aver confuso il concetto di scientia fraudis quello di scientia damni, avrebbe comunque erroneamente ritenuto sussistente la prova di quest’ultima in capo alla terza acquirente St.Fr..

Deduce che la Corte d’appello ha esaminato solo tre dei numerosi documenti depositati dalle parti convenute; che non avrebbe compiuto “una precisa e compiuta analisi del materiale istruttorio”; che non avrebbe provveduto ad “analizzare le precise allegazioni offerte dal signor S.”.

Aggiunge che gli elementi presuntivi utilizzati dal giudice di merito non erano nè gravi, precisi, nè concordanti.

1.1. Il motivo è inammissibile perchè censura la valutazione delle prove, come del resto ammette lo stesso ricorrente, là dove lamenta che la Corte d’appello non avrebbe provveduto ad una “precisa e compiuta analisi del materiale istruttorio”.

Ma una censura di questo tipo contrasta col consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello “recepito ora acriticamente, ora erroneamente, omettendo l’esame di qualunque altro documento o atto”, soltanto il contenuto del contratto di compravendita oggetto di revocatoria.

Nell’illustrazione del motivo il ricorrente torna a sostenere che la Corte d’appello non ha esaminato tutte le allegazioni e le prove offerte dalle parti; non ha inserito l’atto dispositivo nel più ampio contesto dei numerosi atti compiuti tra i due fratelli S. per regolare gli assetti familiari; non avrebbe considerato che l’acquirente St.Fr. era già comproprietaria del 50% dell’immobile; non è andata alla ricerca della sperequazione tra prezzo d’acquisto del valore di mercato dell’immobile; non ha considerato che da tutti gli elementi depositati agli atti emergeva “la effettività e la non simulazione della compravendita intercorsa tra i fratelli”.

2.1. Il motivo è inammissibile perchè, come il primo, censura la valutazione delle prove.

Vale la pena aggiungere che, in ogni caso, la circostanza che la vendita sia stata effettiva e non simulata, lungi dall’impedire l’accoglimento della domanda revocatoria, ne costituisce anzi il presupposto: chè, se davvero la vendita fosse stata simulata, essa non era opponibile ai creditori del simulato alienante e non v’era necessità di alcuna revocatoria.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, formalmente invocando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2901 c.c..

Sostiene che la Corte d’appello ha accolto la domanda revocatoria senza avere previamente accertato l’elemento della scientia damni in capo al debitore alienante, mentre si è limitata ad accertare la sussistenza di tale elemento soltanto in capo all’acquirente.

3.1. Il motivo è inammissibile, perchè la questione è coperta da giudicato.

Si legge infatti nella sentenza impugnata, alla pagina due, settultimo rigo, che “il Tribunale dopo avere affermato la sussistenza della scientia damni da parte del debitore”, ecc..

Deve dunque ritenersi, in assenza di contestazioni da parte del ricorrente, che già il Tribunale aveva affrontato e risolta in senso affermativo la questione della sussistenza, in capo a S.F., della consapevolezza di nuocere col proprio atto alle ragioni della banca creditrice.

Sicchè, non essendovi stata impugnazione incidentale in grado di appello su questo punto, la questione è ormai coperta dal giudicato, e correttamente la Corte d’appello non l’ha presa in esame.

4. Col quarto motivo il ricorrente principale lamenta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il “fatto decisivo” che il ricorrente lamenta non essere stato esaminato sarebbe il seguente: “il ruolo che lo stesso aveva avuto all’interno della società Proxima (n. b., la società in favore della quale S.F. aveva prestato garanzia) sulla scorta delle allegazioni del primo grado di giudizio”, dal quale si sarebbe dovuta desumere la “mancanza di animus nocendi in capo al venditore”.

4.1. Il motivo è inammissibile per totale genericità e inintelligibilità.

Non è infatti dato comprendere quale sarebbe il “ruolo avuto da S.F. all’interno della società Proxima”, cui fa riferimento il ricorrente; e soprattutto non è dato comprendere perchè tale ruolo sarebbe stato decisivo ai fini del rigetto dell’azione revocatoria.

Sarà appena il caso di ricordare, infine, che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., non si richiede in capo al disponente l’intenzione di nuocere al creditore, ma la mera consapevolezza che il proprio atto renderà più difficili per quest’ultimo l’esazione del proprio credito.

5. I primi quattro motivi del ricorso incidentale ricalcano le motivazioni esposte nei primi quattro motivi del ricorso principale, e sono inammissibili per le medesime ragioni.

6. Col quinto motivo la ricorrente incidentale lamenta, formalmente invocando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 190 e 352 c.p.c..

Sostiene che la sentenza d’appello sarebbe nulla perchè il giudice, dopo aver invitato le parti a precisare le conclusioni, non ha disposto lo scambio delle comparsa conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c..

6.1. Il motivo è infondato.

Il giudizio d’appello è stato infatti deciso ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., con la conseguenza che non vi era alcuna necessità di disporre lo scambio delle comparse conclusionali e delle repliche, avendo la Corte d’appello optato per la trattazione orale della causa.

7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

7.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico delle parti ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso principale;

(-) rigetta il ricorso incidentale;

(-) condanna S.F. e St.Fr., in solido, alla rifusione in favore di Fino 2 Securitisation s.r.l., come in epigrafe rappresentata, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.500, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) condanna S.F. e St.Fr., in solido, alla rifusione in favore di Fino 2 Securitisation s.r.l., come in epigrafe rappresentata, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.500, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di S.F. e St.Fr., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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