LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7924/2019 proposto da:
A.F., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonella Macaluso, come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno *****, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– resistente –
avverso la sentenza n. 501/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 30/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/01/2020 dal Cons. DE MARZO GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata in data 30 luglio 2018 la Corte d’appello di Caltanissetta ha rigettato l’appello proposto da A.F. avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta che aveva respinto la sua opposizione nei confronti del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato o di concessione della protezione sussidiaria e umanitaria.
2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che, anche a voler prestare credito alla lacunosa ricostruzione dei fatti dell’appellante, non era dato ravvisare alcun motivo di persecuzione, venendo in rilievo una mera vicenda privata; b) che neppure era ravvisabile il danno grave richiesto per la protezione sussidiaria, atteso che il Senegal risulta essere una democrazie più stabili dell’Africa; c) che non erano ravvisabili motivi di vulnerabilità, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.
3. Avverso tale sentenza l’Athie ha proposto ricorso per cassazione affidate a tre motivi. Il Ministero non ha svolto attività difensiva, limitandosi a depositare atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e artt. 5, 7 e 8.
La doglianza è inammissibile per la sua assertività: essa si limita a insistere sul pericolo di persecuzione, senza confrontarsi in alcun modo con il motivato apprezzamento negativo della Corte territoriale, che ha sottolineato il carattere meramente privato della vicenda narrata.
2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e omesso esame di un fatto decisivo, ribadendo il rischio del ricorrente di subire trattamenti inumani e degradanti nel caso di ritorno in Senegal.
La doqi;anza è inammissibile in quanto al motivato apprezzamento della Corte territoriale contrappone le proprie valutazioni, peraltro facendo riferimento a fonti informative non riferibili alla condizione personale del ricorrente.
3. Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 5, dell’art. 3 della CEDU; nonchè omesso esame di un fatto decisivo, con riguardo al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
Anche siffatta doglianza è inammissibile per il suo carattere generico e assertivo, quanto alla situazione in Senegal.
4. Il ricorso va, in conseguenza, dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, dal momento che il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020