Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.11452 del 15/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14337-2018 proposto da:

L.P.V., T.C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAVOIA 33, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VESCUSO, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO LO PRESTI;

– ricorrenti –

contro

DOBANK SPA quale mandataria della ROMEO SPV SRL, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO ORAZI E CURIAZI 3, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO OLIVIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO GIANNITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 421/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 23/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO GABRIELE.

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 22 febbraio 2008, la Banca di Roma S.p.A. esponeva di avere subito danni a seguito della costituzione del fondo patrimoniale effettuata da L.P.V. e T.C.M. con atto del 27 febbraio 2003, con il quale avrebbero sottratto la totalità del rispettivo patrimonio alla disponibilità della banca. Sulla base di tali elementi chiedeva la pronuncia di inefficacia dell’atto dispositivo ai sensi dell’art. 2901 c.c..

Si costituivano i convenuti contestando la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria. Con successivo atto del 30 aprile 2013 interveniva Unicredit Credit Management Bank S.p.A., qualificandosi successore nel diritto controverso in quanto cessionaria del credito;

il Tribunale di Catania, con sentenza del 4 luglio 2014, accoglieva la domanda revocatoria dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale;

i convenuti proponevano appello, censurando la mancata ricorrenza dei presupposti dell’actio pauliana, per l’assenza dell’eventus damni, non essendosi verificato un impoverimento dei fideiussori, aggiungendo che la domanda era stata proposta in assenza di un credito esigibile e che il fondo patrimoniale era stato stipulato prima dell’insorgenza del debito, con conseguente violazione l’art. 1956 c.c. Si costituiva l’istituto di credito contestando i motivi di impugnazione;

la Corte d’Appello di Catania, respingeva il gravame con sentenza del 23 febbraio 2018;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione L.P.V. e T.C.M. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso Romeo SPV Srl e, per essa, doBank S.p.A..

Considerato

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 2901 c.c. poichè la Corte territoriale avrebbe accolto l’azione revocatoria in mancanza dei necessari presupposti richiesti dalla legge, oltre all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla sussistenza dei presupposti oggettivi dell’azione revocatoria. Non sarebbero chiari i motivi sulla base dei quali il giudice di appello avrebbe ritenuto sussistente il pregiudizio del creditore, in quanto la banca avrebbe esercitato l’azione prima ancora dell’esistenza del credito;

con il secondo motivo si lamenta la violazione delle medesime disposizioni, con riferimento al presupposto soggettivo della scientia danni. Il giudice di appello avrebbe omesso di considerare lo stato soggettivo dei coniugi al momento della conclusione del fondo patrimoniale, ritenendo sufficiente il presupposto oggettivo costituito dalla pregressa esistenza di una obbligazione fideiussoria;

con il terzo motivo si lamenta la violazione delle medesime disposizioni con riferimento all’art. 1956 c.c.. I ricorrenti avrebbero eccepito davanti ai giudici di merito la violazione di tale disposizione segnalando la scorrettezza del comportamento dell’istituto di credito che avrebbe continuato a erogare somme alla società Ortofresco Srl (debitore principale), senza l’autorizzazione del fideiussore, pur potendo conoscere lo stato di dissesto della società, evidentemente facendo esclusivo affidamento sulla solvibilità del garante. In assenza della qualifica di creditore dell’originario istituto di credito, quest’ultimo non avrebbe potuto agire per la revoca del fondo patrimoniale costituito dagli odierni ricorrenti. Si ribadisce che al momento della stipula dell’atto in data 27 febbraio 2003 questi ultimi non avrebbero avuto alcuna contezza dell’andamento critico della società garantita, come emergerebbe dalla proposizione di un ricorso ai sensi dell’art. 2409 c.c. da parte degli odierni ricorrenti nei confronti dell’amministratore della Ortofresco S.r.l.;

il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1 avendo la Corte d’Appello pronunziato sulla base di costante giurisprudenza e non presentando il ricorso ragioni per superare tale orientamento;

inoltre, i motivi sono tutti dedotti in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto si fa riferimento per sostenere le argomentazioni oggetto di ciascuna censura a circostanze relative alla vicenda dedotta in giudizio senza trascrivere i documenti, allergarli o fornirne l’indicazione specifica prescritta dalla norma;

inoltre, tutti i motivi difettano dell’individuazione della motivazione che si intende censurare, il che costituisce ulteriore ragione di inammissibilità. Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali la decisione è ritenuta erronea dal ricorrente. Poichè per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi, con i quali è esplicato, si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata. Tali ragioni debbono concretamente considerare le argomentazioni che la sorreggono e non possono prescindere da esse. Diversamente dovrà considerarsi nullo, per inidoneità al raggiungimento dello scopo, il motivo che non rispetti tale requisito;

in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (principio costante: si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, ed in motivazione, Cass. S.U. n. 7074 del 2017 e da ultimo, n. 22478 del 24/09/2018);

l’anteriorità del credito, correttamente evidenziata dalla Corte d’Appello, si fonda sul consolidato orientamento che riconosce come meritevole di tutela la posizione del creditore che agisce in revocatoria sulla base di un credito litigioso (Cass. n. 5619 del 2016) e ciò consente di superare ogni questione relativa alla presunta violazione l’art. 1956 c.c.;

la consapevolezza è stata correttamente riferita alla gratuità dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale, per il quale rileva la consapevolezza dell’autore di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie, in termini di semplice maggiore difficoltà di soddisfarsi sul patrimonio (Cass. n. 1507 del 2017), soprattutto ove riferita alla posizione del socio fideiussore del debitore principale, Ortofresco Srl;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) dichiara che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 19 dicembre 2019 Depositato in cancelleria il 15 giugno 2020

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