LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30145-2018 proposto da:
P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo studio dell’avvocato TRINCA FABIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GORI FEDERICO;
– ricorrente –
contro
ITALFONDIARIO SPA nella qualità di Procuratrice della PURPLE SPA’
SRL, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato D’ONOFRIO GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato RONCONI PAOLO;
– controricorrente –
contro
P.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 860/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 11/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE POSITANO.
RILEVATO
Che:
con atto di citazione del 9 novembre 2011, Banca delle Marche S.p.A. evocava in giudizio P.R. e P.C., rispettivamente padre e figlio, deducendo la nullità o la inesistenza, per simulazione assoluta ovvero per mancanza o illiceità della causa, dell’atto di compravendita del 7 novembre 2006 con il quale le parti avevano convenuto il trasferimento del diritto di nuda proprietà di un immobile sito in Pesaro. In subordine, chiedeva la dichiarazione di inefficacia dell’atto impugnato perchè formato in frode alle ragioni creditorie. Deduceva di essere creditrice della società Cap System Srl, in virtù di mutuo chirografario e domandava, altresì, il riconoscimento del credito di Euro 192.519 vantato nei confronti di P.C., quale garante, rinunciante alla preventiva escussione della società garantita. Si costituiva P.R. chiedendo il rigetto di tutte le domande, mentre restava contumace P.C.;
la causa era istruita con l’ammissione dell’interrogatorio formale dei convenuti e consulenza tecnica e decisa dal Tribunale di Pesaro con sentenza del 23 dicembre 2013 che dichiarava l’inefficacia nei confronti della Banca delle Marche del contratto di compravendita con il quale P.C. vendeva a P.R. la nuda proprietà dei beni indicati in premessa, con condanna di P.C. al pagamento della somma di Euro 192.519 oltre interessi moratori;
avverso tale sentenza proponeva appello P.R. con atto di citazione del 26 maggio 2014. Si costituiva l’Istituto di credito, in amministrazione straordinaria, contestando la pretesa e chiedendo il rigetto del gravame. In corso di causa si costituiva altresì la società PURPLE SVP quale successore a titolo particolare di REV Gestione Crediti S.p.A. e di Banca delle Marche S.p.A., nonchè per UBI Banca S.p.A., nella qualità di mandataria. L’appellante deduceva che il primo giudice aveva erroneamente apprezzato gli elementi fattuali e i dati cronologici della vicenda. In particolare, l’elemento della anteriorità del credito non costituiva un indizio significativo dal quale dedurre l’intento fraudolento, ma avrebbe dovuto essere accompagnato anche dall’elemento soggettivo. Precisava che i bilanci di esercizio della società garantita, S.r.l. Cap System, erano in attivo e che, a due anni di distanza dalla vendita, Unicredit S.p.A. aveva concesso alla società un mutuo di Euro 197.500. Infine, l’apparato argomentativo della sentenza impugnata appariva errato, in quanto l’insolvenza di una impresa non costituiva un evento improvviso, ma richiedeva una pregressa lunga difficoltà economica e finanziaria. L’atto di fideiussione sarebbe stato sottoscritto da P.C. in data 12 dicembre 2005, mentre l’appellante non era a conoscenza di tale circostanza, ma solo della solidità della società amministrata dal padre;
con sentenza dell’11 giugno 2018 la Corte d’Appello di Ancona respingeva il gravame provvedendo sulle spese;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.R. affidandosi ad un motivo e resiste con controricorso Italfondiario S.p.A., nella qualità di procuratore di PURPLE SVP Srl, che illustra con memoria.
CONSIDERATO
Che:
con il ricorso si deduce la violazione degli artt. 2901 e 2740 c.c. e degli artt. 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte d’Appello confermato la revoca dell’atto dispositivo in oggetto, in assenza dei presupposti previsti dalla legge. Se è vero – si sostiene che il requisito della scientia damni può essere ricavato da presunzioni semplici, queste devono essere gravi, precise e concordanti. Tali elementi difetterebbero nel caso di specie. Il Tribunale avrebbe fondato la decisione sull’anteriorità del credito, costituito dalla garanzia fideiussoria, rispetto all’atto dispositivo, sul rapporto di parentela tra cedente e cessionario e sulla partecipazione di P.R. alla compagine sociale di Cap System, amministrata dal padre P.C.. La Corte territoriale, si sarebbe allineata a tale ricostruzione sulla base di elementi indiziari solo approssimativi. Quanto al requisito dell’eventus damni sarebbe stata dimostrata la idoneità del residuo patrimonio, non essendo intervenuta una modificazione della consistenza patrimoniale del fideiussore, poichè il bene era stato trasferito ad un prezzo in linea con i valori di mercato. Pertanto, “non vi sarebbe una minore garanzia rispetto ad una esecuzione mobiliare presso la banca, con assegnazione delle somme disponibili in conto corrente”. Poichè al momento del trasferimento immobiliare non vi sarebbe stata alcuna sofferenza in capo alla società (debitore principale) non sarebbe configurabile un danno ai sensi dell’art. 2901 c.c.. Infatti, all’epoca del trasferimento la società Cap System era solida e in attivo, come emergerebbe da una serie di indici fattuali (bilancio di esercizio, nota integrativa ai sensi dell’art. 2435 c.c., stato patrimoniale e relazione del collegio sindacale). Inoltre, nei due anni successivi al trasferimento della nuda proprietà, Unicredit Banca aveva concesso alla società ulteriori somme a titolo di mutuo chirografario. Al momento del trasferimento P.C. e P.R. non avevano alcuna consapevolezza di pregiudicare la banca, poichè le condizioni finanziarie della società erano favorevoli. Sotto altro aspetto non ricorrerebbe l’ipotesi di simulazione e neppure i presupposti dell’azione revocatoria poichè il prezzo della compravendita sarebbe stato interamente corrisposto e sarebbe in linea con i valori di mercato, con conseguente insussistenza di una diminuzione patrimoniale in capo a P.C.. Rispetto all’immobile questi avrebbe conservato il diritto di usufrutto e, pertanto, il bene avrebbe potuto essere pignorato in caso di insolvenza debitoria. Allo stesso modo, la cessione della nuda proprietà sarebbe stata operata per il prezzo di Euro 250.000, versato sul conto corrente con esclusione di ogni maggiore difficoltà nell’esazione coattiva del credito, rispetto ad una comune procedura espropriativa. Il profilo della congruità del prezzo corrisposto per l’acquisto avrebbe dovuto rappresentare un ulteriore elemento a favore della tesi del ricorrente. Sotto altro profilo, la prova dei presupposti dell’azione revocatoria sarebbe stata fondata su presunzioni prive dei caratteri della gravità, precisione e concordanza ciò in quanto la Corte territoriale si sarebbe astenuta dal valutare le prove e gli elementi presuntivi emersi in giudizio, favorevoli alla tesi del ricorrente;
il ricorso è inammissibile. La violazione degli artt. 2729 e 2727 c.c. (norme neppure invocate espressamente) è dedotta al di fuori dei casi di cui a Cass. Sezioni Unite n. 1785 del 2018;
nel caso di specie parte ricorrente individua una serie di elementi istruttori fattuali ai quali il giudice di merito avrebbe omesso di attribuire valore indiziario non riconoscendo la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza. La doglianza si atteggia quale prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito.
In questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ponendosi su un terreno che non è quello dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti. Terreno che, come le Sezioni Unite, (Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente il nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito avrebbe omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria;
ebbene, l’illustrazione del motivo si risolve nella prospettazione di pretese inferenze probabilistiche diverse sulla base della evocazione di emergenze istruttorie e talora nella prospettazione di una diversa ricostruzione delle quaestiones facti. Ne segue che il motivo non presenta le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, e nemmeno, pur riconvertito alla stregua di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013, quelle di un motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;
quanto all’eventus damni, la circostanza di avere dedotto la sufficienza della garanzia patrimoniale residua è allegata come fatto nuovo (non è indicato in quale sede la questione è stata sottoposta alla Corte d’Appello) e non è chiara (si sosterrebbe che l’importo di Euro 280.000 sarebbe rimasto sul conto corrente sino alla data dell’azione revocatoria) e non coglie la ratio decidendi dell’irrilevanza dell’eventuale pregressa solidità della società;
sulla questione, parte ricorrente introduce elementi fattuali (pagina 14 e seguenti del ricorso) dedotti in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (non si indica la fase processuale in cui documenti sarebbero stati tempestivamente acquisiti);
la censura, inoltre, non si confronta con l’argomentazione della Corte territoriale sull’irrilevanza dell’elemento soggettivo del creditore (pagina 15 del ricorso) e con quanto dedotto a pagina 9 dalla Corte d’Appello, riguardo al tema della congruità del prezzo e della reale esistenza del trasferimento;
la violazione dell’art. 112 c.p.c. non trova riscontro perchè le doglianze attengono, al più, a (mancata considerazione) di questioni giuridiche e fattuali che, secondo la prospettiva del ricorrente, non sarebbero state adeguatamente valutate dal giudice di appello;
infine, la violazione dell’art. 116 c.p.c. è dedotta senza rispettare i criteri di Cass. n. 11892 del 2016 (consolidati) e ribaditi in motivazione Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016;
detta violazione, infatti, non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) dichiara che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 19 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020
Codice Civile > Articolo 2727 - Nozione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2729 - Presunzioni semplici | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2740 - Responsabilita' patrimoniale | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2901 - Condizioni | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 366 - Contenuto del ricorso | Codice Procedura Civile