Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.11525 del 15/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28947/2017 proposto da:

***** S.r.l. in Liquidazione, in persona liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 87, presso lo studio dell’avvocato Lucchese Pierpaolo, rappresentata e difesa dall’avvocato Salonia Giovanni, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento ***** S.r.l. in Liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6026/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/02/2020 dal cons. FIDANZIA ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in via principale, in ragione della documentazione acquisita, con enunciazione del principio di diritto; in subordine rigetto.

Il P.G. viene autorizzato al deposito di note con istanza ex art. 363 c.p.c..

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 28.09.2017 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto dalla ***** s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza n. 275 del 24.3.2016 con cui il Tribunale di Roma ha dichiarato il fallimento della predetta società dopo aver accertato.

Il giudice di secondo grado ha, preliminarmente, rigettato l’eccezione di parte reclamante secondo cui il P.M., nel dare il proprio nulla osta all’ammissione della società al concordato preventivo, aveva inequivocabilmente rinunciato all’istanza di fallimento precedentemente proposta.

La Corte d’Appello ha, inoltre, condiviso l’impostazione del giudice di primo grado sia con riferimento alla ritenuta inammissibilità di una proposta di concordato che, da un lato, si ponesse in contrasto con la disciplina prevista dalla L.Fall., art. 186 bis, comma 2, lett. c), in ordine al soddisfacimento dei crediti assistiti da prelazione (essendo stato previsto il pagamento dilazionato, quindi oltre l’anno dall’omologa, dei creditori privilegiati), e, dall’altro, prevedesse il pagamento di una percentuale irrisoria, pari allo 0,44 %, offerta ai creditori chirografari, economicamente non valutabile e tale da incidere sulla causa stessa del concordato. Veniva, infine, evidenziato in ordine a quest’ultimo profilo, che l’impegno dei soci ad utilizzare somme del proprio patrimonio ai fini di tale pagamento non era stato accompagnato da alcuna dimostrazione della loro consistenza patrimoniale.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la ***** s.r.l. in liquidazione affidandolo a tre motivi.

La curatela del fallimento ***** s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione della L.Fall., artt. 6 e 162, in considerazione dell’intervenuta dichiarazione di fallimento nonostante l’insussistenza di una istanza di parte di un creditore o di un P.M. nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., in ragione della mancanza, apparenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto.

Deduce la ricorrente l’inammissibilità della dichiarazione di fallimento in ragione dell’assenza di una specifica istanza di fallimento ai sensi della L.Fall., artt. 6 e 162, e ciò sul rilievo che, a differenza di quanto affermato dalla Corte, il P.M. non si era affatto rimesso alla valutazione della Corte in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione della domanda di concordato preventivo, avendo, invece, formalmente espresso il proprio nulla osta a tale domanda.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione della L.Fall., artt. 160,161 e 162, in considerazione dell’erroneità della ritenuta insussistenza della causa concreta del Concordato Preventivo alla luce della percentuale prevista nel piano per la soddisfazione dei chirografari.

Lamenta la ricorrente che i giudici di merito hanno indebitamente oltrepassato il controllo di legittimità giuridica che loro compete, entrando nella valutazione di “convenienza” che è riservata ai creditori chirografari.

Censura, altresì, la ricorrente la valutazione eseguita dal Collegio di secondo grado in ordine alla finanza esterna, essendo stati sollevati profili di inammissibilità diversi da quelli ritenuti dal giudice di primo grado, che aveva focalizzato la propria attenzione solo sulla questione della percentuale offerta ai chirografari.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione della L.Fall. art. 160, comma 2, L.Fall.,art. 177, comma 3, L.Fall., art. 182 ter.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha ritenuto integrare una causa di inammissibilità la previsione di un pagamento dilazionato dei creditori chirografari prevista nel piano, così ponendosi in contrasto con l’opposto orientamento granitico della Suprema Corte.

4. Va preliminarmente osservato che il ricorso è inammissibile per tardività.

Dall’esame degli atti processuali – attività consentita a questa Corte quando è dedotta la violazione di una norma processuale o si deve verificare l’ammissibilità e/o la procedibilità del ricorso – emerge che la cancelleria della Corte d’Appello di Roma ha, in data 28 settembre 2017, regolarmente notificato via p.e.c. la sentenza impugnata alla società ricorrente, la quale ha depositato il ricorso per cassazione oltre il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c..

Va comunque rilevato che tutti i motivi svolti dalla ricorrente presentavano profili di inammissibilità ed infondatezza.

5. Il primo motivo è, infatti, inammissibile.

Sul punto, il ricorso difetta del requisito di autosufficienza e specificità atteso che non risulta in alcun modo dalla sentenza che il P.M. avrebbe dato il proprio nulla osta all’ammissibilità del concordato, di talchè la ricorrente avrebbe dovuto quantomeno ritrascrivere nel proprio ricorso, dando atto della sede processuale in cui potevano essere rinvenute, le diverse conclusioni che assume essere state formulate dal P.M..

4. Il secondo motivo è infondato. Va preliminarmente osservato che la Corte d’Appello, oltre a ritenere inammissibile la proposta domanda di concordato in relazione alla “irrisoria” percentuale offerta ai creditori chirografari, tale da incidere sulla stessa causa del concordato, ha, in ogni caso, effettuato la assorbente valutazione secondo cui l’impegno dei soci ad utilizzare somme del proprio patrimonio ai fini del pagamento offerto agli stessi chirografari non era stato accompagnato da alcuna dimostrazione della loro consistenza patrimoniale, così evidenziando la radicale inettitudine del concordato alla soddisfazione dei creditori.

Sul punto, la ricorrente non ha censurato tale affermazione, limitandosi a rilevare che tale profilo di inammissibilità non era stato esaminato dal Tribunale nella valutazione della causa concreta del concordato.

Tale doglianza è infondata, avendo questa Corte già statuito che nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilità del concordato, perchè parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale della stessa crisi, sicchè, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando innanzitutto la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adito ai sensi della L.Fall., artt. 18 e 162, è tenuto a riesaminare, anche avvalendosi dei poteri officiosi previsti dalla L.Fall., art. 18, comma 10, tutte le questioni concernenti detta ammissibilità, pur attinenti a fatti non allegati da alcuno nel corso del procedimento innanzi al giudice di primo grado, nè da quest’ultimo rilevati d’ufficio, ed invece dedotti per la prima volta nel giudizio di reclamo ad opera del curatore del fallimento o delle altre parti ivi costituite (Cass. n. 12964 del 22/06/2016).

Dunque, il giudice di secondo grado, nell’esercizio dei suoi poteri, ha correttamente rilevato d’ufficio un profilo di inammissibilità diverso da quello ritenuto dal Tribunale; nè la società ricorrente ha neppure allegato che il fatto ritenuto decisivo dalla Corte di Appello non fosse stato dedotto dal curatore o da altre parti costituite nel giudizio di reclamo.

Il terzo motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che la Corte d’Appello ha rigettato il gravame sulla base di due autonome rationes decidendi, avendo ritenuto inammissibile la proposta di concordato, da un lato, per l’irrisorietà della percentuale offerta ai creditori e comunque per l’incapacità di pagarla da parte dei soci, dall’altro, per la previsione di pagamento dilazionato dei creditori privilegiati.

Orbene, l’accertata infondatezza del secondo motivo rende inammissibili le censure relative al terzo motivo.

In proposito, è orientamento consolidato di questa Corte che qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (vedi Cass. n. 11493 del 11/05/2018).

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi la procedura intimata costituita in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a Quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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