LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7399-2018 r.g. proposto da:
***** s.r.l. (cod. fisc. e P.Iva *****), con sede in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore A.U.
F.G., nonchè del socio R.C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Giovanni Coscarella, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Catanzaro n. 2, presso lo studio dell’Avvocato Pietro Algieri.
– ricorrente –
contro
Curatela fallimento ***** s.r.l., E.F. e Ro.Fr.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, depositata in data 27.7.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4/3/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto, ai sensi della L. Fall., art. 18, da ***** s.r.l. contro la Curatela dello stesso Fallimento e E.F. e Ro.Fr., avverso la sentenza emessa in data 9.11.2016 dal Tribunale di Castrovillari, con la quale era stato dichiarato il fallimento della predetta società.
La corte di merito ha, in primo luogo, ricordato che: a) alla prima udienza di comparizione delle parti, la società reclamante aveva chiesto un termine per notificare alle controparti il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, asserendo di non aver ricevuto la comunicazione della cancelleria a mezzo pec con l’indicato provvedimento presidenziale; b) la corte, riservandosi sulla predetta richiesta, aveva invece deciso che la causa fosse matura per la decisione, rinviandola pertanto per la discussione.
La corte territoriale ha dunque ritenuto che: 1) il decreto di fissazione della udienza fissata per il 21.12.2016 per la discussione del reclamo risultava ritualmente notificato, a mezzo pec, al difensore costituito della reclamante; b) non ricorreva, pertanto, alcun giustificato motivo per rimettere in termini le parti, in relazione al termine ordinatorio di cui alla L.Fall., art. 18, comma 4, (nella versione applicabile ratione temporis), come, peraltro, affermato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità.
2. La sentenza, pubblicata il 27.7.2017, è stata impugnata da ***** s.r.l. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La Curatela fallimento ***** s.r.l., E.F. e Ro.Fr., intimati, non hanno svolto difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 153, comma 2 e art. 152, commi 1 e 2, codice di rito. Osserva la ricorrente che il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza innanzi alla corte di appello non era mai stato consegnato all’indirizzo pec dell’avv. Coscarella, difensore costituito della società reclamante, così come risulta, peraltro, dalla stampa tratta dall’archivio pec informatico di studio”. Si evidenzia, inoltre, che la cancelleria della Seconda sezione della Corte di Appello di Catanzaro aveva rilasciato, in data 12.12.2017, al predetto difensore copia dell’attestazione telematica di consegna, desunta dal registro di cancelleria, riferita alla comunicazione e alla notificazione eseguite dalla cancelleria nella data del 21.12.2016 nei confronti dell’avv. Coscarella e che da da tale ricevuta si evinceva incontrovertibilmente che il messaggio di comunicazione del sopra menzionato provvedimento presidenziale era stato inviato il *****, alle ore 13:45. Osserva, inoltre, la società ricorrente che, tuttavia, l’accettazione della predetta comunicazione risultava essere avvenuta alle ore 13.40, e dunque prima ancora dell’invio della comunicazione stessa, evidenziando tale circostanza una sicura anomalia nel procedimento di notificazione a mezzo pec eseguita dalla cancelleria della Corte di appello per la comunicazione del provvedimento di fissazione di udienza ed escludendo, in radice, nel caso in esame, qualsiasi negligenza imputabile al difensore nella mancata notificazione del reclamo e del predetto decreto di fissazione alle controparti, con conseguente legittimità della richiesta di rimessione in termini.
2. Il secondo mezzo denuncia, invece, travisamento delle prove acquisite. Si osserva che la prova documentale utilizzata dal giudice del reclamo per fondare la decisione di inammissibilità della proposta impugnazione era, per come riportata nel provvedimento impugnato, diversa ed inconciliabile, nel suo contenuto, con quella contenuta nella documentazione estratta dal difensore della fallita presso la cancelleria della corte di appello, e cioè con la sopra ricordata attestazione telematica di cancelleria, con ciò integrando il denunciato travisamento della prova non già un’inammissibile richiesta di valutazione dei fatti, ma, al contrario, la semplice verifica che la contestata informazione probatoria, utilizzata nella sentenza impugnata, era contraddetta da uno specifico atto processuale acquisito in giudizio. Tale travisamento riguardava proprio l’attestazione telematica di consegna della comunicazione pec al difensore di cui si contestava l’intervenuto perfezionamento, come dimostrato dalla ricordata anomalia negli orari di invio e di accettazione della pec..
3. Il ricorso è infondato.
3.1 I due motivi di doglianza possono essere congiuntamente, prospettando, sotto due angoli di visuale diversi, la medesima questione e devono essere rigettati sulla base degli insegnamenti già espressi da questa Corte in diversi precedenti (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11541 del 11/05/2017).
E’ stato infatti affermato dalla giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, in tema di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, l’istanza con cui il reclamante, che non abbia notificato il ricorso ed il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza nel termine ordinatorio L.Fall., ex art. 18, comma 4, (nel testo, applicabile “ratione temporis”, modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), chieda, successivamente allo spirare di quest’ultimo, un nuovo termine per provvedervi, deve esplicitare le ragioni che hanno impedito di dar corso all’incombente processuale, dovendo operarsi un bilanciamento tra la legittima aspettativa della controparte al consolidamento del provvedimento giudiziario già emesso ed il diritto del reclamante, comunque collegato al principio del giusto processo, ad un giudizio e ad una pronuncia (così, Cass. 11541-2017, cit. supra; nello stesso senso, v. anche: Sez. 1, Sentenza n. 15146 del 20/07/2015; Sez. 1, Sentenza n. 22086 del 26/09/2013).
3.2 In realtà, nei giudizi in cui trova applicazione la riforma di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007 (che ha modificato la L.Fall., art. 18, denominando l’impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento come “reclamo”, in luogo del precedente “appello”), questo mezzo, in coerenza con la natura camerale dell’intero procedimento, è caratterizzato da specialità rispetto alle previsioni dettate in tema di appello dal codice di rito (v. Cass. n. 8227-12), ma resta, comunque, pur sempre partecipe della natura impugnatoria. Pertanto, al procedimento devono essere applicate direttamente le norme sul reclamo dettate dalla L.Fall., art. 18, tra le quali non figura, in effetti, alcuna sanzione per l’ipotesi in cui sia del tutto mancata la notificazione dell’atto e del decreto di fissazione di udienza alle controparti nel termine all’uopo stabilito dal comma 5 della disposizione: in sostanza la norma non chiarisce cosa accada nell’ipotesi in cui il ricorso e il decreto presidenziale non siano notificati affatto nei dieci giorni dalla comunicazione (così, sempre Cass. 11541-2017, cit. supra).
Sul punto, questa Corte aveva tuttavia già affermato che, in tema di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, va disattesa l’istanza con cui l’appellante, che non abbia notificato il ricorso e il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza nel termine ordinatorio L.Fall., ex art. 18, comma 4, ne chieda, successivamente al suo decorso e senza allegare alcuna causa di giustificazione, uno nuovo per provvedervi, ostando a tale concessione l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 154 c.p.c., che, in ipotesi di impugnazione e sulla scorta dei principi sottesi all’art. 111 Cost., art. 4 Cost., comma 2, deve tenere conto della legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un confine temporale rigorosamente definito e ragionevolmente breve, del provvedimento giudiziario già emesso (v. Cass. n. 15146-15, cit. supra).
Va precisato che l’orientamento si basa sulla considerazione che, mentre la nullità della notifica, a fronte della tempestività del ricorso, consente la sanatoria mediante rinnovazione, ciò non si verifica ove la notifica sia mancata del tutto, rilevando in tal caso il complesso di principi enucleati nella materia processualmente affine del rito lavoristico, quanto alla distinzione di funzionalità tra il deposito del ricorso e la successiva sua notificazione assieme al decreto di fissazione di udienza (così, Cass. 115412017, cit. supra).
In realtà, è da tener presente che la riforma della legge fallimentare conseguente al decreto correttivo ha introdotto una specifica articolazione del giudizio di reclamo praticamente disegnata sulla L.Fall., art. 26, a sua volta strutturato sul modello del rito del lavoro: nel processo del lavoro è tuttora prevalente l’orientamento per cui l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice – appunto alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo – di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere a una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. (Cass. Sez. U n. 20604-08).
Il principio risponde, invero, all’interesse generale alla celerità dello specifico processo, nel quale si concretizza la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un confine temporale rigorosamente predefinito e ragionevolmente breve, del provvedimento giudiziario già emesso.
Orbene, tale principio deve essere considerato estensibile alla materia del reclamo fallimentare, posto che, anche in questa, si registra la rilevanza dell’aspettativa legittima della controparte, oltre che il connotato di urgenza insito nell’essere la vicenda processuale attinente allo stato e alla capacità delle persone (così, anche Cass. n. 15146-15).
3.3 Ciò posto, osserva la Corte come, potendosi superare il termine ordinatorio di cui alla L.Fall., art. 18, comma 4, (nella versione applicabile ratione temporis) solo se si alleghi una serie ragione per il suo mancato rispetto, tale fattispecie giustificativa non ricorra, invero, nel caso di specie, ove il contenuto della comunicazione del decreto presidenziale di fissazione della udienza è stato scrutinato, con verifica in fatto, da parte della corte di appello, la quale ha verificato, tramite l’attestazione telematica di cancelleria, che tale decreto era stato tempestivamente comunicato all’indirizzo pec del difensore costituito.
3.4 Nè vale, in senso contrario, la documentazione proveniente dallo studio legale del difensore che non riveste una valenza pubblicistica fidefacente.
3.5 Senza contare che l’attestazione telematica richiamata dalla ricorrente nelle sue doglianze è datata 12.10.2017 ed è stata, dunque, formata successivamente alla sentenza della Corte di appello qui impugnata (che risulta intervenuta in data 27.7.2017), con l’inevitabile conseguenza che il “fatto” richiamato dalla predetta documentazione deve considerarsi, a rigore, come circostanza nuova, perchè introdotta nel dibattito processuale solo innanzi a questo giudice di legittimità.
3.6 Va peraltro rimarcato che la ricostruzione in fatto operata dalla Corte di appello è confermata da quanto verificato dalla stessa ricorrente (per quanto riportato nel ricorso introduttivo), posto che dalle allegazioni difensive della ricorrente emerge che sia l’invio della comunicazione pec che la sua ricezione da parte del procuratore costituito erano intervenute in data ***** (come affermato dalla corte territoriale), con la sola anomalia registrata della ricezione della comunicazione prima dell’invio della stessa, circostanza che tuttavia non inficia il dato probatorio rilevante, ai fini del decidere, secondo il quale la consegna della comunicazione pec all’indirizzo di posta del difensore era comunque intervenuta tempestivamente in data *****.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020