LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 8877/-2019 r.g. proposto da:
S.D., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Antonino Novello, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, depositata in data 27.7.2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da S.D., cittadino del *****, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Catania, con la quale erano state respinte le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della reclamata protezione sussidiaria ed umanitaria.
La corte del merito ha in primo luogo ricordato la vicenda personale del ricorrente, secondo il racconto di quest’ultimo: il richiedente ha infatti narrato di essere stato costretto ad abbandonare il paese di origine, in seguito ad alcuni contrasti con il “sindaco” del villaggio ove viveva, contrasti che avevano portato quest’ultimo a denunciarlo alla polizia per la contesa su un terreno, su cui si volevano realizzare alcuni progetti edilizi; ha dunque ritenuto che non ricorressero i presupposti normativi per il riconoscimento dello status di rifugiato e per la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, in assenza di atti persecutori ovvero del pericolo di un danno grave derivante dall’esecuzione di pena di morte ovvero di altri atti degradanti; ha ritenuto che nella regione di *****, ove il richiedente risiedeva, non vi fosse il pericolo collegato alla presenza di conflitti armati, posto che anche nella Casamance si era raggiunta una tregua tra le fazioni armate contrapposte; ha infine ritenuto infondata la domanda di protezione umanitaria, in quanto il richiedente era solo un migrante economico che non si trovava in una condizione di vulnerabilità.
2. La sentenza, pubblicata il 27.7.2018, è stata impugnata da S.D. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non aver applicato il principio dell’onere della prova attenuato e per non aver valutato la credibilità del richiedente, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Si osserva che era stato allegato il pericolo delle prevaricazioni del sindaco del villaggio del richiedente al quale non era stato possibile porre rimedio per lo stato di corruzione della polizia locale e delle altre autorità statali e che i giudici del merito non avevano approfondito il tema delle condizioni di protezione statale dei diritti fondamentali in Senegal.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b e c.
4. Il quarto mezzo articola vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 19 del T.U. Imm., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria.
5. Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.
5.1 Il primo e terzo motivo (quest’ultimo limitatamente alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) sono fondati.
5.1.1 In tema di protezione internazionale, nella forma della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3 e art. 14, lett. a) e b), il conseguente diritto non può essere escluso dalla circostanza che agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (cfr. Sez. 6, sentenza n. 15192 del 20/07/2015; nello stesso senso, anche: Sez. 6, Ordinanza n. 25873 del 18/11/2013; Sez. 6, Ordinanza n. 163, 56 del 03/07/2017; Sez. 6, Ordinanza n. 23604 del 09/10/2017).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Catania non considera le allegazioni di parte rivolte ad evidenziare la totale mancanza di protezione e d’intervento da parte delle autorità preposte alla sicurezza menzionate espressamente e riprodotte nel ricorso. Ne deriva una violazione dello specifico dovere dell’autorità accertatrice di verifica della veridicità di quanto affermato, allegato e prodotto al riguardo, così come stabilito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (v. Cass. n. 25873/2013). Inoltre, è necessario che il Giudice della protezione internazionale proceda ad una valutazione dei fatti prospettati alla luce della situazione attuale del Paese d’origine del richiedente non potendo fermarsi alle sole ragioni che spinsero lo straniero ad abbandonare il proprio Paese, in ossequio a quanto disposto dal D.L. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a). Solo in presenza di un simile accertamento (di riscontro dell’effettività del rischio dedotto, valutato all’attualità) il giudice del merito avrebbe potuto formulare una valutazione pertinente e negare la tutela sussidiaria al cittadino straniero (cfr. sempre cfr. Sez. n. 15192/2015, cit. supra).
5.2 Il secondo e terzo motivo, articolati come violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, sono invece inammissibili in quanto indirizzati a sollecitare questa Corte di legittimità ad una rilettura delle fonti di conoscenza internazionale per accreditare un diverso giudizio in relazione alle condizioni di pericolosità interna del paese di provenienza del richiedente. Va tuttavia precisato che la prima parte del terzo motivo di doglianza riguarda la questione della invocata tutela del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b, per la quale si è disposto l’accoglimento della relativa domanda in riferimento al primo motivo di ricorso.
5.3 Il quarto motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione umanitaria – è invece inammissibile perchè genericamente formulato, senza la specifica indicazione delle ragioni di vulnerabilità del richiedente.
Si impone la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di appello competente, che deciderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e terzo motivo nei limiti di cui in motivazione; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.+
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020