Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11556 del 15/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3605/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Lecco, via Carlo Cattaneo n. 42/h, presso lo studio dell’avv. Maria Daniela Sacchi, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, *****;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato in data 04/01/2019, n. 104/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2020 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- S.M., proveniente dalla Nigeria (Edo State) ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Milano avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Milano/Monza, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (diritto di rifugio; protezione sussidiaria) e del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 4 gennaio 2019, il Tribunale ha respinto il ricorso.

2.- Il Tribunale ha premesso che il racconto sviluppato dal richiedente appare “non credibile”: perchè “contraddistinto da genericità in relazione all’episodio che lo ha costretto a fuggire nella foresta” e perchè “privo di riscontri esterni”.

Con specifico riferimento al tema del diritto di rifugio, il decreto ha osservato che comunque mancano i presupposti oggettivi per il relativo riconoscimento, trattandosi di un unico episodio, “che non delinea un conflitto radicato nel territorio” tra il gruppo a cui appartiene il richiedente e quello dei fulani.

Ha poi escluso – con riferimento alla zona della Nigeria del sud – la sussistenza di un conflitto armato generalizzato ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), richiamando in particolare un report EASO del 2017 e un report di HRW del gennaio 2017.

Quanto infine alla protezione umanitaria, il Tribunale ha osservato che, nel caso in esame, mancavano sia cause di inclusione, sia pure situazioni di vulnerabilità specificamente relative alla persona del richiedente.

3.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso S.M., promuovendo cinque motivi di cassazione.

Il Ministero ha depositato una nota in cui dichiara di essersi costituito oltre i termini di legge, ai fini di una possibile partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Col primo motivo, il ricorrente censura la decisione del Tribunale per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per “non avere applicato i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova”.

5.- Il motivo è inammissibile.

Nei suoi contenuti, il motivo viene a contestare la valutazione di non credibilità che è stata effettuata dal Tribunale milanese.

Sotto il profilo dei diritto di rifugio, tuttavia, il ricorrente trascura che, al riguardo, la decisione impugnata si fonda anche su un’altra e autonoma ratio decidendi: nella specie, comunque non risultano configurati i presupposti oggettivi prescritti per il riconoscimento della protezione in discorso. Il ricorrente non censura questa ratio.

Nemmeno indica, d’altra parte, la sussistenza di eventi in qualche modo riconducibili alle ipotesi previste nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. a) e b).

6.- Col secondo motivo il ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, lett. b), “per non avere il Tribunale di Milano ritenuto che il pericolo di essere perseguitato in quanto professante la religione cristiana, costituisca persecuzione per motivi religiosi”.

Segnala in proposito il motivo che “in alcune aree della Nigeria del Nord, la presenza cristiana è stata virtualmente cancellata” e che le ragioni per cui il richiedente si è allontanato dal Paese di origine “sono legate a motivi di persecuzione religiosa”.

7.- Il motivo è inammissibile.

E’ da osservare, in proposito, che – secondo la giurisprudenza di questa Corte -, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella pronuncia impugnata, è onere della parte ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza e al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, indicare gli atti e i modi in cui la questione è stata specificamente sollevata e trattata nell’ambito del merito (cfr. Cass., 18 ottobre 23675; nonchè, da ultimo, Cass., 31 marzo 2020, n. 23675).

Il che, nella specie, non avviene, posto che il decreto impugnato non fa menzione della religione del richiedente, nè riferisce di problematiche di religione alla base dell’espatrio di quest’ultimo (non essendo peraltro in discussione che il richiedente proviene dalla parte meridionale della Nigeria, come del resto rimarca lo stesso ricorso, a p. 10).

8.- Il terzo e il quarto motivo riguardano il tema della protezione sussidiaria e appaiono suscettibili di esame unitario.

Il terzo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per “non avere riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del deducente”.

Il quarto motivo, poi, assume violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per non avere assolto l’onere di cooperazione istruttoria.

9.- Più in particolare, nel terzo motivo si afferma che “l’esame della sussistenza di una condizione di pericolo, dovuta a violenza diffusa e non controllata o non controllabile, da parte delle autorità statuali, non è stato effettuato in modo sufficientemente adeguato nella pronuncia de qua”: “è incontestabile, perchè riportato dalle fonti internazionali comunemente utilizzate nella materia che ci occupa, la situazione di violenza indiscriminata, che esiste, oggi, in vaste aree del Paese di provenienza”.

Nel quarto motivo, si rileva che il “Tribunale di Milano si è limitato a una valutazione soltanto sommaria e superficiale della situazione della Nigeria: il quadro, così descritto, dell’attuale situazione della Nigeria, non corrisponde a quello attuale”. Vengono richiamati, in proposito, un report di Amnesty International del 2017/2018 e un report Islamic State and West Africa del dicembre 2015.

10.- Il terzo e il quarto motivo di ricorso sono inammissibili.

Gli stessi richiedono, com’è del resto evidente, un nuovo giudizio sugli elementi materiali della fattispecie, ulteriore rispetto a quello effettuato dal Tribunale milanese e di contrario segno. Una simile valutazione, tuttavia, è preclusa all’esame di questa Corte.

11.- Col quinto motivo, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 5, comma 6 TUI, per non avere il Tribunale riconosciuto al richiedente la protezione internazionale per motivi umanitari.

Ad avviso del richiedente, il provvedimento impugnato “non ha operato un esame specifico e puntuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento al paese di origine, soprattutto in comparazione con la sua integrazione e le condizioni di vita privata in Italia”.

12.- Il motivo è inammissibile per l’estrema genericità che lo connota. In effetti, lo stesso non viene a indicare, come pure avrebbe dovuto, alcuna situazione di vulnerabilità che sia specifica alla persona del richiedente.

13.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

Stante la mancata costituzione del Ministero, non ha luogo provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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