Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.11649 del 16/06/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 35568/2018 proposto da:

J.R., elettivamente domiciliato per la presente procedura presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. S.

Turella, come da procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 275/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2020 da Dott. SOLAINI LUCA;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Trento ha respinto il gravame proposto da J.R., cittadino del *****, avverso l’ordinanza del tribunale di Trento che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito, nella versione resa davanti alla Commissione territoriale, di essere stato minacciato a causa della relazione amorosa con una ragazza ricca la cui famiglia era legata al partito di governo e che contrastava tale relazione. Nella versione fornita davanti al Tribunale, invece, egli era stato costretto ad abbandonare il paese d’origine a causa di gravi intimidazioni riconducibili alla sua appartenenza al partito islamico *****, ricevute da un gruppo che aveva collegamenti con il partito di governo *****. Il ricorrente ha, inoltre, raccontato di essersi dedicato allo spaccio di stupefacenti a causa della delusione amorosa e delle misere condizioni economiche.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte d’appello applicato il principio dell’onere probatorio attenuato valutando la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e per non avere assolto il proprio onere di cooperazione istruttoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e), artt. 5, 7 e art. 8, comma 1, lett. e) e comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’appello rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato sull’unico presupposto che il Sig. J. non svolgesse attività politica, (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), e art. 14, lett. c, e art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte d’appello aveva omesso di assolvere appieno al proprio compito di cooperazione istruttoria, non tenendo conto di tutte le fonti citate da parte appellante, e per non aver considerato che la condizione di Shabir attribuita al ricorrente rendeva grave e individuale la minaccia alla vita del medesimo proprio a causa della violenza politica che caratterizza il paese, così come previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere, la Corte d’appello, omesso di tenere conto del fatto che, in caso di rimpatrio, il ricorrente si troverebbe in una condizione di estrema vulnerabilità perchè verrebbe nuovamente inserito in una realtà che gli è oramai estranea dove i diritti umani non sono garantiti.

Il primo profilo di censura è inammissibile, in quanto la Corte del merito ha accertato, richiamando diffusamente e condividendo la decisione del Tribunale, che la narrazione del richiedente era priva di attendibilità, sulla base degli specifici elementi emergenti dalla narrazione, mentre il ricorrente ha proposto una doglianza basata sul vizio di violazione dei parametri normativi di “genuinità soggettiva”, nella specie, insussistente, avendo il giudice del merito rispettato il paradigma valutativo di cui alle norme in rubrica. I giudici d’appello si sono, inoltre, avvalsi delle necessarie fonti informative, per l’analisi della situazione generale del paese (v. p. 9 della sentenza impugnata).

Il secondo motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi fondata sulla non credibilità del richiedente, ma invece si sofferma a ribadire che la qualifica di ***** sarebbe sintomatica dell’appartenenza al relativo partito politico, per il solo fatto di aver studiato alla *****.

Il terzo motivo è, in parte inammissibile, relativamente alle ipotesi di cui del cit. D.Lgs. n. 251, art. 14, lett. a) e b), atteso il giudizio di intrinseca inverosimiglianza delle dichiarazioni rese (v. pp. 7, 8 e 9 della sentenza impugnata), mentre è infondato relativamente alla lett. c), atteso l’accertamento operato dai giudici d’appello sulla situazione generale del Paese di provenienza, basato su adeguate fonti informative che danno atto degli scontri politici in corso ma non di violenza generalizzata.

Il quarto motivo è infondato, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dalla Corte d’appello che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472