LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15885/2015 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Di Villa Pamphili 59, presso lo studio dell’avvocato Sannibale Roberto, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Fantin Massimo, Querini Silvia, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente della Regione pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, p.
Colonna 355, presso l’Avvocatura regionale, rappresentata e difesa dall’avvocato Daniela Iuri, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
Banca Mediocredito Del Friuli Venezia Giulia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Francesco Slacci 2-b, presso lo studio dell’avvocato De Martini Corrado, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Annechini Egidio, Bellotto Andrea, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 741/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 18/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2020 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
RILEVATO
che:
Il signor A.A. aveva presentato, in data 17 novembre 1999, domanda di attribuzione del cd. buono-casa per l’acquisto di un alloggio (prima casa) nel Comune di *****, deliberato dalla Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia secondo le condizioni del bando, tra le quali vi era l’obbligo di residenza dei beneficiari nell’alloggio risultante alla data di erogazione del contributo, sulla base della dichiarazione sostitutiva di certificazione del 28 agosto 2003 da cui risultava che era residente nel suddetto Comune alla data del 10 novembre 2003 in cui il contributo era stato determinato e liquidato; la Banca Mediocredito, avendo ricevuto comunicazione che dai registri anagrafici del Comune di Lignano egli risultava ivi residente solo “a decorrere dal 1.3.2004”, cioè da data successiva a quella di erogazione del contributo, lo aveva dichiarato decaduto e gli aveva chiesto la restituzione del contributo maggiorato degli interessi legali, avendo violato l’obbligo di residenza previsto dalla L.R. Friuli Venezia Giulia 20 aprile 1999, n. 9, art. 23, comma 6 e dal bando.
Egli ha adito il Tribunale di Udine che ha rigettato la domanda volta a fare accertare l’infondatezza della pretesa restitutoria della Regione Autonoma Friuli V.G. e dalla Banca Mediocredito spa.
La Corte d’appello di Trieste ha rigettato il gravame, avendo ritenuto imprescindibili le risultanze anagrafiche ufficiali, al fine di dimostrare la residenza al momento dell’erogazione del contributo.
Avverso questa sentenza il signor A. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dalla Regione Friuli V.G. e dalla Banca Mediocredito del Friuli Venezia, la quale ha proposto ricorso incidentale condizionato. La Banca Mediocredito e la Regione Friuli hanno presentato memorie.
CONSIDERATO
Entrambi i controricorrenti hanno eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, in quanto tardivamente notificato. L’eccezione è infondata. Il ricorso avverso la sentenza impugnata, pubblicata il 18 dicembre 2014, è stato consegnato all’ufficiale giudiziario il 18 giugno 2015 per la notifica alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e alla Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia, quindi tempestivamente, dovendosi avere riguardo alla data di consegna della copia del ricorso all’ufficiale giudiziario, non rilevando che sia stato materialmente spedito per la notifica dall’agente postale il 19 giugno 2015, in una situazione in cui non è configurabile una responsabilità del notificante (cfr. Cass. n. 2320 del 2011, SU n. 7607 del 2010).
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della legge reg. Friuli V.G. n. 9 del 20 aprile 1999, in relazione all’art. 43 c.c., per avere assunto a parametro interpretativo precedenti giurisprudenziali non pertinenti, relativi a norme tributarie in tema di sgravi di imposta per la prima casa insuscettibili di interpretazione analogica, mentre nella specie la nozione di residenza assumeva il significato di stabile occupazione, suscettibile di essere dimostrata a prescindere dalle risultanze anagrafiche.
Il secondo motivo denuncia omesso esame di fatto discusso tra le parti e decisivo, per avere affermato la necessità di provare la residenza mediante l’iscrizione anagrafica, mentre assume rilievo decisivo il dato fattuale, dimostrabile anche aliunde mediante la certificazione sostitutiva del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ex art. 47, ed altri elementi probatori documentati nel giudizio e trascurati dai giudici di merito, come la corrispondenza intercorsa tra le parti, il consumo di energia elettrica dimostrato dalle ricevute di pagamento, le dichiarazioni di amici e conoscenti, ecc..
I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei seguenti termini.
La tesi seguita dalla corte territoriale, secondo cui il requisito della residenza nell’alloggio per il cui acquisto il ricorrente ha ricevuto il contributo chiestogli in restituzione sarebbe dimostrabile esclusivamente mediante certificazione anagrafica rilasciata dal Comune, non trova supporto nella L.R. Friuli V.G. 1 settembre 1982, n. 75, art. 39, che al comma 1, stabilisce che “I beneficiari degli interventi di edilizia agevolata e convenzionata hanno l’obbligo di richiedere al Comune la nuova residenza nell’alloggio oggetto di contribuzione”, in tal modo evocando, ad avviso degli intimati, la necessità di una comunicazione o istanza di registrazione formale della residenza nell’anagrafe comunale.
Ed infatti, la L.R. Friuli V.G. n. 9 del 1999, art. 23 (che contiene interventi nel settore dell’edilizia abitativa) distingue, al comma 6, “i beneficiari degli interventi agevolativi di cui al comma 2, lett. a) e b)” dai “beneficiari dei “buoni casa”” come quello di cui si controverte: i primi “sono tenuti al rispetto degli obblighi di cui alla L.R. n. 75 del 1982, art. 39…” tra i quali è incluso “l’obbligo di richiedere al Comune la nuova residenza”, i secondi “sono tenuti a risiedere nell’immobile oggetto dell’intervento, a non alienarlo e a non locarlo, per almeno cinque anni dall’erogazione dell’agevolazione”, fermo restando che il “mancato rispetto degli obblighi comporta la decadenza del contributo e la restituzione dello stesso maggiorato degli interessi”.
Ne consegue che, non essendo il citato art. 39 (successivamente abrogato) applicabile nella fattispecie, non è necessario che la residenza nell’alloggio “fin dalla data di erogazione del contributo” e “per un quinquennio “, come previsto dal bando di gara (artt. 12 e 20), debba essere dimostrata dal beneficiario necessariamente ed esclusivamente mediante certificazione anagrafica, potendo essere dimostrata anche mediante elementi di tipo fattuale indicativi della “dimora abituale” della persona, nell’ambito di una valutazione di cui il giudice di merito deve dare conto nella motivazione. Tra i diversi elementi utilizzabili può concorrere anche la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui del D.P.R. 2000, artt. 46 e 47, purchè non costituisca l’unico elemento indiziario fornito dall’interessato a dimostrazione della residenza (cfr. Cass. n. 11223 del 2014, n. 10191 del 2010).
Il ricorso incidentale condizionato della Banca Mediocredito del Friuli V.G. è inammissibile, avendo ad oggetto questioni (nella specie, domande da essa proposte contro la Regione Friuli V.G.) non decise dal giudice di merito, perchè non esaminate o ritenute assorbite (cfr. Cass. n. 22095 del 2017, n. 23548 del 2012).
In accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste, per un nuovo esame.
Il ricorso incidentale condizionato è assorbito.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020