LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3351-2019 proposto da:
E.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO ESPOSITO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI MILANO;
– intimati-
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 04/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI FRANCESCO.
RILEVATO
che:
E.G. (alias E.G.) ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Milano che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;
il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
in unico contesto il ricorrente denunzia (a) la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis per essere stato omesso, in mancanza di videoregistrazione del colloquio avutosi dinanzi alla commissione territoriale, l’ordine di comparizione personale del richiedente all’udienza, in vista della susseguente audizione; (b) la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione alla domanda di protezione sussidiaria, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 5 del t.u. imm. a proposito della protezione umanitaria; (c) il vizio di motivazione in relazione al diniego della protezione umanitaria e all’omesso esame comparativo tra la condizione di vulnerabilità nel paese di origine e lo stato di integrazione raggiunto dal richiedente in Italia;
il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni;
la prima doglianza contrasta con l’orientamento di questa Corte che il ricorrente richiama, invece, a sostegno della propria tesi; questa Corte ha chiarito, fin dalla sentenza n. 17717 del 2018, che, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti (configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso), senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso anche all’audizione personale del richiedente (Cass. n. 2817-19, Cass. n. 5973-19 e altre successive); ne consegue che il tribunale, avendo fissato l’udienza, non aveva alcun obbligo di ripetere l’audizione, e peraltro una volta fissata l’udienza nessun “ordine di comparizione” era necessario, essendo quella di comparire in udienza, evidentemente, una mera facoltà della parte;
nel resto è da osservare che il tribunale, con motivazione dettagliata e completa, ha dato conto sia della ritenuta non credibilità della versione dei fatti fornita dal richiedente (e sul punto non sono state prospettate censure), sia dell’inesistenza nella zona di provenienza del medesimo di situazioni di violenza indiscriminata da conflitto armato;
la valutazione è assorbente ed è munita pure dei riferimenti alle fonti di prova, sicchè integra un accertamento di fatto decisivo per escludere la protezione sussidiaria – accertamento insindacabile in cassazione;
quanto alla protezione umanitaria, il tribunale ne ha negato il presupposto perchè non erano stati allegati fatti diversi da quelli posti, in generale, a fondamento della domanda in precedenza esaminata; in particolare ha affermato che non era stato osservato l’onere di specifica allegazione di fattori di vulnerabilità soggettiva;
tutto l’argomentare del ricorrente, teso a sostenere la necessità di effettuazione di verifiche comparative aventi come termine di riferimento lo stato di integrazione raggiunto in Italia (stato che il tribunale ha detto non specificamente allegato), si infrange pertanto con la suddetta essenziale ratio decidendi, in concreto non censurata.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 17 giugno 2020