LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17691-2018 proposto da:
C.Y., CI.CR., rappresentate e difese dagli avvocati MARIO ALBERTO QUAGLIA e ELENA AVOLIO;
– ricorrenti –
COMUNE di NICOTERA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE PAGNOTTA;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
DITTA S.S.P.;
– intimata –
avverso l’ordinanza 801/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 04/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.
FATTI DI CAUSA
Le signore Ci.Cr. e C.Y., nuda proprietaria e usufruttuaria di un compendio immobiliare occupato dal Comune di Nicotera, nell’ambito di una procedura di esproprio non portata a compimento per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, agiva dinanzi al giudice amministrativo.
Il Tar Calabria, con sentenza n. 255 del 2010, dichiarava l’obbligo di restituzione del compendio, cui seguiva la proposizione di un giudizio di ottemperanza dinanzi al Tar, al quale il Comune rispondeva emettendo, in data 3 ottobre 2012, un provvedimento di acquisizione del compendio, a norma del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 42 bis, che liquidava l’indennizzo ai privati, i quali lo contestavano. Il Tar, con sentenza n. 808 del 2016, declinava la giurisdizione sulla domanda di accertamento della giusta indennità conseguente all’acquisizione delle aree.
Il giudizio veniva riassunto dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro che, con ordinanza del 13 aprile 2018, rigettava l’eccezione di tardività della riassunzione, rigettava la domanda relativa all’indennizzo di cui all’art. 42 bis cit., ritenendola tardivamente proposta oltre il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di acquisizione sanante del 2 ottobre 2012; dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento del danno da occupazione senza titolo, sul presupposto che dovesse essere proposta al tribunale competente; compensava le spese.
Avverso questa ordinanza le signore Ci. e C. propongono ricorso per cassazione, resistito dal Comune di Nicotera che propone ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, per avere la Corte del merito erroneamente ritenuto applicabile il termine di decadenza previsto per il giudizio di opposizione alla stima che, in mancanza di norma espressa, non sarebbe invece assimilabile all’azione di determinazione dell’indennizzo liquidato nel provvedimento di acquisizione, a norma del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, dovendosi ritenere che il diritto all’indennizzo in questione sorga e sia esigibile soltanto con l’adozione del decreto di acquisizione e si prescriva nel termine ordinario decennale di prescrizione, a norma dell’art. 2946 c.c..
Il motivo è fondato.
Si pone la questione se il termine perentorio, di cui al D.P.R. 2001, art. 54, commi 1 e 5, di trenta giorni per l’impugnazione della determinazione dell’indennità sia applicabile anche all’opposizione avverso la determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma del medesimo decreto, art. 42 bis.
L’opinione affermativa espressa dalla corte territoriale non è condivisibile.
E’ pur vero che del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29 (in tema di “controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità”), il cui comma 3 prevede per l’opposizione il termine di trenta giorni “dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio”, è stata fornita una interpretazione estensiva, ma al solo fine di attrarre nella competenza in unico grado della Corte di appello le controversie relative alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto per la cd. acquisizione sanante (cfr. Cass. SU n. 15283 del 2016).
Argomenti testuali e sistematici militano nel senso che il suddetto termine non sia riferibile anche all’opposizione proposta avverso la determinazione dell’indennizzo nel provvedimento acquisitivo in questione.
In primo luogo, il termine di cui all’art. 54 si riconnette ad un iter procedimentale di determinazione della stima che è estraneo all’istituto di cui all’art. 42 bis, essendo collegato (e consequenziale) alla comunicazione del deposito della relazione di stima, cui segue il pagamento dell’indennità e l’emissione del decreto di esproprio, a norma del D.P.R. del 2001, art. 27, commi 1 e 2. Al contrario, il provvedimento di cui all’art. 42 bis contiene la deliberazione motivata della p.a. di acquisire il bene (cfr. commi 1 e 4) e, contestualmente, la determinazione dell’indennizzo per il pregiudizio in misura corrispondente al valore venale del bene (cfr. comma 3).
In secondo luogo, l’art. 42 bis (la cui introduzione nel D.P.R. 2001 si deve al D.L. 11 luglio 2011, n. 98, conv. in legge 13 marzo 2011, n. 111) non contiene richiami all’art. 54 che prevede il termine di trenta giorni, nè il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, contiene richiami all’istituto di cui all’art. 42 bis (già vigente alla data di entrata in vigore del decreto n. 150 del 2011).
Vertendosi in tema di termini per la tutela giurisdizionale di diritti, il principio cui attenersi è quello di stretta interpretazione, il quale impedisce di ravvisare termini perentori in mancanza di una espressa previsione normativa.
Ne consegue che l’opposizione alla liquidazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento di acquisizione di cui al D.P.R. 2011, art. 42 bis, è proponibile nel termine ordinario di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..
Il secondo motivo, relativo alla tempestività della contestazione della congruità dell’indennizzo in sede amministrativa, è assorbito.
Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che la domanda risarcitoria dovesse essere proposta al tribunale, assumendo invece che la corte adita sia competente a pronunciarsi sul risarcimento del danno per l’occupazione senza titolo, da quantificarsi, a norma del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, comma 3, in misura corrispondente al cinque per cento annuo sul valore venale complessivo, trattandosi di una voce del complessivo indennizzo dovuto per il pregiudizio patrimoniale.
Il motivo è fondato.
Le Sezioni Unite hanno chiarito, da un lato, che la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo “globalmente inteso” previsto per la cd. acquisizione sanante di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, è devoluta alla competenza in unico grado della Corte d’appello, che costituisce la regola generale prevista dall’ordinamento per la determinazione giudiziale delle indennità dovute, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato; dall’altro, che al giudice ordinario – e dunque alla Corte d’appello – appartengono non solo le controversie relative alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto nella fattispecie di acquisizione sanante, ma anche quelle aventi ad oggetto l’interesse del cinque per cento del valore venale del bene “a titolo di risarcimento del danno”, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, comma 3, ultima parte, giacchè esso, ad onta del tenore letterale della norma, costituisce solo una voce del complessivo “indennizzo per il pregiudizio patrimoniale” di cui al comma 1 della stessa disposizione, secondo un’interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori (Cass. SU n. 15283 del 2016).
Alla medesima Corte territoriale dunque spetta di decidere sulla domanda di risarcimento del danno per il periodo di occupazione senza titolo del medesimo fondo acquisito dall’amministrazione.
Entrambi i motivi del ricorso incidentale del Comune di Nicotera sono assorbiti: il primo riguarda la questione della tempestività della riassunzione di un giudizio proponibile senza limitazioni temporali (nei limiti della prescrizione), il secondo il governo delle spese.
In conclusione, in relazione ai motivi (primo e terzo) accolti, l’ordinanza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello, anche per le spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e terzo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti il secondo motivo e il ricorso incidentale; in relazione ai motivi accolti, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020