LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3102-2019 proposto da:
S.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****;
– intimato –
avverso il decreto n. R.G. 3836/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 04/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.
FATTI DI CAUSA
1. – S.K. adiva il Tribunale di Ancona deducendo di aver diritto al riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.
Il Tribunale di Ancona respingeva il ricorso.
2. – Il predetto S. ricorre ora per cassazione facendo valere due motivi di impugnazione. Il Ministero, intimato, si difende con controricorso.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo è lamentata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Il provvedimento impugnato viene censurato per il mancato adempimento, da parte del giudice di prime cure, all’obbligo di cooperazione istruttoria che grava sull’autorità giudiziaria chiamata a pronunciare sulla domanda di protezione internazionale.
Il secondo mezzo prospetta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Assume l’istante che contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Ancona, “da situazione della ***** non è affatto sicura, tanto che la giurisprudenza di merito, proprio su tale asserzione, riconosce protezione internazionale ai richiedenti”. Viene inoltre rilevato che la vicenda del richiedente asilo “non possa essere ricondotta a una mera vicenda di natura privata, stante il comprovato stato di violenza generalizzata presente in tutto il Paese”.
2. – Entrambi i motivi sono inammissibili, e così il ricorso.
Se è vero che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pone a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass. 10 aprile 2015, n. 7333; Cass. 16 dicembre 2015, n. 25319), il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni, non acquisite dal giudice del merito, che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso. La censura attinente alla mancata spendita dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione internazionale risulta pertanto connotata da assoluta genericità e appare, per conseguenza, pure priva di decisività.
Quanto al secondo motivo, è fin troppo evidente che esso veicoli una doglianza che non può avere ingresso in questa sede, in quanto inerente a profili fattuali, sottratti al sindacato di legittimità. Il ricorrente lamenta infatti la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), laddove il Tribunale ha escluso, sulla base di una puntuale ricognizione della situazione politica e sociale della Guinea-Bissau, che la semplice presenza in detto paese sia produttiva di un pericolo per la vita e l’incolumità. In tal modo il giudice di prima istanza ha fatto corretta applicazione del principio per cui la protezione sussidiaria dello straniero prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), va accordata per il sol fatto che il richiedente provenga da territorio interessato dalla menzionata situazione di violenza indiscriminata:
situazione in cui il livello del conflitto armato in corso è tale che l’interessato, rientrando in quel paese o in quella regione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (Corte giust. 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji, richiamata da Corte giust. 30 gennaio 2014, C-285/12, Diakitè; per la giurisprudenza nazionale cfr. pure, di recente: Cass. 2 aprile 2019, n. 9090; Cass. 13 maggio 2018, n. 13858; Cass. 23 ottobre 2017, n. 25083; Cass. 21 luglio 2017, n. 18130). Altra è la questione attinente all’apprezzamento delle risultanze di causa, che non può essere ricondotta alla censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3: come è ben noto, infatti, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315).
3. – Nulla deve statuirsi in punto di spese processuali.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 14 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020