Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11726 del 17/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5982/2019 proposto da:

R.H., rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Silvestri e Silvia Rossi, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno e Prefettura di La Spezia, elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 209/2018 del GIUDICE DI PACE di LA SPEZIA, depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/01/2020 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza n. 209/2018 depositata il 04-12-2018 il Giudice di Pace di La Spezia ha respinto il ricorso di R.H., cittadino della *****, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento del Prefetto de La Spezia, emesso in data 24/10/2018 e notificato nella stessa data, che disponeva l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino straniero. Il Giudice di Pace ha affermato che il R. rientra nella categoria dei soggetti di cui all’art. 13, comma 2, lett. c) T.U. Immigrazione, che prevede l’espulsione dei soggetti a cui possono essere applicate misure di prevenzioni personali e patrimoniali, dati i suoi precedenti in materia di stupefacenti, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato, evasione. Il Giudice di merito ha rilevato che il ricorrente, entrato irregolarmente nel 2011 in Italia, non aveva mai chiesto il permesso di soggiorno, nè aveva presentato domanda ai sensi dell’art. 31, comma 3, T.U. Immigrazione. Il Giudice di Pace ha ritenuto che fosse accertata la pericolosità sociale del ricorrente, in base alle condotte tenute dallo stesso, in particolare considerati i suoi precedenti penali e le varie detenzioni, nonchè la mancata presentazione di domanda di regolarizzazione della sua posizione, indicativa della sua volontà di sottrarsi a controlli, e ha ritenuto che non vi fossero riscontri effettivi circa la sussistenza di uno sviluppo della relazione affettiva con la figlia minore.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, nei confronti della Prefettura di La Spezia e del Ministero dell’Interno, che resistono con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione di legge ed erronea interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19”. Deduce il ricorrente di rientrare a pieno titolo nella categoria dei soggetti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2 lett. c), in qualità di straniero convivente con la figlia R.A., cittadina italiana, nata il ***** dalla relazione con la compagna, con la quale convive stabilmente dal 2001 (rectius 2011) nell’abitazione sita in *****. Ad avviso del ricorrente, il Giudice di Pace non ha considerato detta circostanza e non ha valutato in concreto la sua pericolosità sociale, che non può desumersi solo dai precedenti penali. Richiama i principi di diritto sanciti dall’art. 8 della CEDU, nonchè quanto disposto dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20 e denuncia motivazione inesistente in merito alla sua situazione familiare ed economica ed al bilanciamento degli interessi coinvolti.

2. Il motivo è fondato.

2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, “Ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), non è espellibile lo straniero convivente con coniuge cittadino italiano, salvo che nei casi previsti dall’art. 13, comma 1, del D.Lgs. citato. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che il divieto di espulsione non sarà operante solo in presenza dei “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato”, di cui dell’art. 13, comma 1, alla luce dei quali venga adottato il provvedimento ministeriale di alta amministrazione di competenza del Ministro dell’Interno, previa notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro degli Affari Esteri, previa valutazione comparativa degli interessi in questione, dovendosi escludere che tale valutazione, di natura discrezionale possa essere svolta dal Prefetto in sede di emissione del decreto” (Cass. n. 30828/2018).

Occorre, infatti, evidenziare la diversità strutturale e morfologica del provvedimento ministeriale rispetto al provvedimento prefettizio, atteso che il primo rimette all’amministrazione, non una mera discrezionalità tecnica e ricognitiva di ipotesi già individuate e definite dal legislatore nel loro perimetro applicativo, ma una ponderazione valutativa degli interessi in gioco (Cass. S.U. n. 15693/2015), mentre il secondo non integra esercizio di discrezionalità amministrativa, ma si configura, in presenza delle condizioni all’uopo stabilite, come atto dovuto (Cass. S.U. n. 18082/2015 e Cass. n. 30828/2018 già citata).

Dalla suddetta diversità consegue la necessità di interpretare il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, sulla base del dato letterale, secondo il quale ove lo straniero sia convivente con coniuge cittadino italiano o con parente entro il secondo grado cittadino italiano, ricorre una fattispecie di inespellibilità, “salvo che nei casi previsti dall’art. 13, comma 1”.

Pertanto l’inespellibilità incontra un limite nel solo provvedimento ministeriale di alta amministrazione da parte del Ministro, previa “notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri”, all’esito della valutazione comparativa degli interessi in questione, e non può essere, invece, considerata la commissione di gravi reati comuni, secondo il paradigma della pericolosità sociale previsto, in particolare, dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 19, comma 1.

2.2. Nel caso di specie non è in contestazione l’esistenza della situazione allegata dal ricorrente (padre convivente di R.A. nata il ***** e di nazionalità italiana), da cui deriva l’inespellibilità del ricorrente, in assenza del necessario provvedimento ministeriale.

Il Giudice di pace ha, pertanto, errato nel ritenere che l’operatività del divieto di espulsione potesse discendere dalla sussistenza di motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato altrimenti rilevata dal Prefetto.

3. Il ricorso va pertanto accolto, va cassata la pronuncia impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, la causa va decisa nel merito, con l’annullamento del decreto di espulsione.

4. Le spese del giudizio di legittimità e quelle del grado di merito seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore dell’Erario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione emesso in data 24-102018 dal Prefetto di La Spezia.

Condanna le amministrazioni controricorrenti al pagamento, in favore dell’Erario, delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2.300 (di cui Euro 200 per esborsi) per il giudizio di legittimità e in Euro 1.200 (di cui Euro 100 per esborsi) per il giudizio di merito, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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