LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8320/2019 proposto da:
D.S.V.H.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Valerio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Prefettura di Roma e Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il 12/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/01/2020 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con ordinanza depositata il 12-09-2018 il Giudice di Pace di Roma ha respinto il ricorso di D.S.V.H.M., cittadino extracomunitario del Brasile, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento del Prefetto di Roma, emesso in data 24/03/2018 e notificato nella stessa data, che disponeva l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino straniero ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b) del T.U. Immigrazione.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della Prefettura di Roma, che si è costituita tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..
4. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Deduce che è totalmente errata la descrizione della vicenda di cui al provvedimento impugnato, effettuata senza tener conto della documentazione prodotta e delle allegazioni e deduzioni di cui al ricorso in opposizione. In particolare, richiamando quanto risulta dalla documentazione che dichiara di allegare al ricorso (carta di soggiorno, carta d’identità, estratto contributivo), sottolinea il ricorrente che: A) vive in Italia, dove ha frequentato le scuole dell’obbligo e la scuola superiore, dall’età di due anni; B) dalla carta di soggiorno a tempo indeterminato rilasciata dalla Questura di Latina risulta che ha fatto ingresso in Italia l’8-7-1995; C) è figlio di madre cittadina italiana; D) ha sempre lavorato nel settore della ristorazione dal giugno 2006 sino al 31-8-2018; E) conviveva con la sig.ra B.V. e ha un figlio, nato il 3-3-2013 dalla relazione con la stessa e riconosciuto il 187-2014. Rimarca, pertanto, che non poteva aver fatto ingresso in Italia in data 1-8-2014, come erroneamente indicato nell’ordinanza impugnata, e non avrebbe potuto svolgere regolare attività di lavoro se si fosse trovato in posizione di immigrato irregolare.
2. Con il secondo motivo lamenta “falsa applicazione e/o violazione dell’art. 12, comma 2, lett. B) e art. 13, comma 2 bis T.U.I.”. Si duole dell’omessa considerazione del fatto che il ricorrente è titolare di carta di soggiorno a tempo indeterminato rilasciata dalla Questura di Latina. Inoltre il Giudice di Pace non ha valutato la circostanza che il ricorrente è padre di figlio minore, incorrendo nelle violazioni di legge denunciate.
3. Con il terzo motivo lamenta “violazione e/o falsa applicazione di legge: artt. 112 e 134 c.p.c.”. Rimarca che nessuno dei motivi di opposizione riportati nell’ordinanza impugnata trova corrispondenza nelle deduzioni svolte in primo grado ed anzi il Giudice di Pace si era pronunciato su domande o eccezioni mai dallo stesso proposte. In particolare deduce di non aver eccepito il difetto di legittimazione del Funzionario che aveva emesso il decreto di espulsione e di non aver chiesto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, essendo il ricorrente titolare di redditi idonei a soddisfare i bisogni anche del proprio nucleo familiare, ed invece dette questioni erano state menzionate ed esaminate nell’ordinanza impugnata.
4. I tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
4.1. Le censure non sono state proposte dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito, ed, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. Cass. S.U. n. 8077/2012).
Il ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti decisivi, che assume provati come da documenti allegati al ricorso, e dell’errata ricostruzione in fatto della sua vicenda. Tuttavia il ricorrente non ha specificamente indicato gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, come prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nè li ha depositati, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. Cass. S.U. n. 8077/2012).
Non risulta, infatti, depositato dal ricorrente il fascicolo di parte, in calce al ricorso non è indicata la relativa produzione, nè, in ogni caso, sono stati depositati i documenti menzionati nel ricorso (carta di soggiorno a tempo indeterminato, carta d’identità, estratto contributivo, stato di famiglia).
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice su uno o più motivi di impugnazione, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. n. 17049/2015).
Il ricorrente si duole anche dell’omessa pronuncia sui motivi di opposizione avverso il decreto di espulsione, ma non riporta nel ricorso compiutamente e nella loro integralità i motivi di opposizione proposti nel giudizio avanti al Giudice di Pace.
Nell’ordinanza impugnata non sono menzionate le deduzioni in fatto svolte dal ricorrente nel presente grado di giudizio, in particolare sui vincoli familiari e sul possesso di legittimo titolo di soggiorno, nè sono menzionati i motivi di impugnazione che quest’ultimo afferma di avere proposto.
Il Giudice di Pace ha rilevato che l’espellendo era stato destinatario di provvedimento di revoca del permesso di soggiorno in data 24-3-2018 e che il decreto di espulsione era stato emesso ai sensi del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) e, in ragione dei rilevati profili di inammissibilità del ricorso, non è consentito al Collegio l’esame delle questioni proposte con il gravame.
5. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la tardiva costituzione della Prefettura.
6. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020