Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11752 del 17/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12730/2019 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della I sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione reppresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZIO MASSSIMILIANO;

– ricorrente –

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano, con decreto depositato in data 1.3.2019, ha rigettato la domanda di D.D., cittadino del *****, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo state le sue dichiarazioni ritenute attendibili (costui aveva riferito di essersi allontanato dal paese d’origine per il timore di essere ucciso dal fratello della cognata – di cui lo stesso si occupava dopo la morte del proprio fratello – da cui era stato più volte minacciato, anche con armi, minacce che non erano cessate nonostante l’intermediazione del capo villaggio).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo del ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione D.D. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 10, comma 4, (in realtà, la violazione di cui si duole il ricorrente è riconducibile al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10 comma 4).

Lamenta il ricorrente che il Tribunale ha disatteso la norma che prevede lo svolgimento dell’audizione del richiedente alla presenza di un interprete della lingua del richiedente o dallo stesso comprensibile.

2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Posto che dall’esame del decreto impugnato non emerge traccia della questione che forma oggetto del presente motivo, è principio consolidato di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 09/07/2013, n. 17041). Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate – come nel caso di specie – questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonchè il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430).

Il ricorrente non ha minimamente adempiuto a tale onere di allegazione, non avendo neppure dedotto di aver sottoposto tale questione all’esame del giudice di merito.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale non ha applicato i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova e rileva che il mancato corretto svolgimento dell’audizione gli ha impedito di compiere quel ragionevole sforzo idoneo ad assolvere all’onere della prova.

4. Il motivo è inammissibile.

La censura è palesemente generica, non avendo il ricorrente neppure indicato quali eventuali parti della sua deposizione innanzi alla Commissione non sarebbero state riportate correttamente dall’interprete e in che misura ciò avrebbe influito sulla sua posizione.

4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19.

Lamenta il ricorrente che il giudice di merito, nel valutare la condizione di vulnerabilità, non ha provveduto alla comparazione tra le differenti prospettive di vita nel paese d’origine ed in quello di accoglienza.

5. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che il ricorrente non si è minimamente confrontato con la precisa motivazione del Tribunale che, nel non rinvenire cause di effettivo impedimento al rimpatrio, ha evidenziato, da un lato, che non è stata neppure dedotta una situazione di violazione di diritti fondamentali l’aggressione da parte del congiunto avrebbe potuto, inoltre, essere denunciata alle forze di polizia del suo paese – e, dell’altro, con riferimento all’integrazione sociale in Italia, che lo stesso risultava occupato presso una cooperativa di servizi con contratto avente scadenza aprile 2019 e comunque con una retribuzione di 500 Euro, non sufficiente quindi a garantire una vita dignitosa nel nostro paese.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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