Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.11771 del 18/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31073-2018 proposto da:

T.M., in proprio e quale erede di P.C.

rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Scarinzi con studio in Vitulano (BN) via Provinciale Vitulanese 14;

– ricorrente –

contro

Automaster Srl, rappresentata e difesa dall’avvocato Gerardo Perillo con studio in Avellino via Carmine 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2150/2017 del Tribunale di Benevento, depositata il 27/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2019 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO

Che:

– è chiesta la cassazione della sentenza del Tribunale di Benevento che ha accolto l’appello e rigettato la domanda di restituzione avanzata dalla Società T. Motors S.R.L. (d’ora in poi solo T.) nei confronti di Automaster S.R.L. (d’ora in poi solo Automaster);

– il contenzioso era insorto a seguito di notifica di citazione dinnanzi al Giudice di Pace di Benevento da parte della T. affinchè Automaster fosse condannata, in via di regresso D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 131, alla restituzione in suo favore della somma di Euro 624,00, oltre interessi, relativa alla spesa sostenuta dall’attrice per la sostituzione del pezzo di ricambio dell’autovettura ***** di proprietà della sua cliente M.A., cui l’aveva venduta nel 2005;

– l’attrice aveva dedotto che durante il periodo di garanzia del veicolo venduto si era rivolta alla Concessionaria Nissan Automaster per la sostituzione del componente ***** mal funzionante; l’autofficina, tuttavia, si rifiutava di provvedere alla sostituzione adducendo la non operatività della garanzia, a causa dell’irregolarità delle ricevute fiscali dei tagliandi che risultavano essere stati effettuati presso officine indipendenti e della presenza sull’auto di pezzi di ricambio non originali, privi dell’attestazione di conformità; pertanto la T. a fronte delle rimostranze della cliente, provvedeva a proprie spese alla sostituzione del componente difettoso in applicazione dell’art. 130 Codice del Consumo, corrispondendo alla Concessionaria Nissan Automaster l’importo di Euro 624,00 per l’acquisto del pezzo di ricambio;

– ciò posto, la T. aveva giudizialmente chiesto l’accertamento dell’inadempimento della Automaster in relazione al contratto di garanzia attivato sulla vettura, per aver eccepito l’inoperatività della stessa in modo pretestuoso, nonchè l’accertamento del suo diritto al regresso per la somma corrisposta per l’acquisto del pezzo di ricambio;

-la convenuta si costituiva ed eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e, nel merito, l’intervenuta decadenza dal diritto di garanzia della cliente;

– il Giudice di Pace di Benevento accoglieva la domanda dell’attrice, condannando Automaster S.r.l. a corrispondere la somma di Euro 624,00 all’attrice, oltre interessi e spese di giudizio;

-proposto appello da parte della convenuta, il Tribunale di Benevento, con la sentenza qui impugnata riformava la sentenza gravata e condannava la soccombente alla restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado e al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio;

– la cassazione è chiesta da T.M. in proprio e quale erede di P.C., quali soci della società T. estinta nel corso del giudizio di merito, sulla base di un unico motivo, illustrato anche da memoria cui resiste con controricorso Automaster.

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 131 Codice del consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005, poichè il tribunale avrebbe errato laddove aveva limitato la definizione di catena distributiva al solo rapporto venditore-produttore;

– inoltre, la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria nella parte in cui afferma che la proprietaria del veicolo (e non il venditore) avrebbe dovuto dolersi del mancato intervento, sulla base dell’asserita decadenza della garanzia, da parte di Automaster, senza, tuttavia, applicare l’art. 97 Codice del consumo, che prevede il diritto di surrogazione del venditore che ha risarcito il consumatore nel diritto verso i terzi responsabili;

– il motivo è, come pure eccepito dalla controricorrente, inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., (Cass. Sez. Un. 7155/2017);

– l’art. 131 Codice del consumo, nel disciplinare il diritto di regresso così dispone: “1. Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad un’azione o ad un’omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva. 2. Il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato;

– tale previsione regola il profilo relativo al diritto del professionista, che abbia concluso un contratto di vendita di beni di consumo con un consumatore e che sia stato da quest’ultimo chiamato a rispondere per un difetto di conformità, di agire nei confronti dei soggetti effettivamente responsabili, al fine di essere tenuto indenne delle conseguenze economiche pregiudizievoli derivanti dall’accoglimento della pretesa dell’acquirente;

– la ratio della disposizione è quella di gravare i soggetti che sono i veri responsabili del difetto di conformità del bene dei costi derivanti dall’esercizio dei diritti dei consumatori, anche se sono soggetti che non coincidono con quelli che hanno direttamente stipulato il contratto di vendita;

– tuttavia, il diritto in questione può essere fatto valere soltanto nei confronti dei soggetti che abbiano fatto parte della catena distributiva attraverso la quale il bene è pervenuto al professionista, cosicchè qualora il difetto sia imputabile a un intermediario non facente parte della catena stessa, è possibile agire unicamente nei confronti del soggetto appartenente alla catena distributiva che sia tenuto, a sua volta, a rispondere dell’operato dell’intermediario (cfr. Cass.18610/2017; 26514/2009; 2115/2015);

-questo consolidato orientamento è stato anche recentemente ribadito da questa Corte (sez. 2, ordinanza n. 5140 del 21/02/2019), che ha affermato che la qualifica di intermediario non può che attribuirsi a un soggetto coinvolto nella catena distributiva del bene, non potendo farsi discendere dall’espletamento di un incarico successivamente all’evento che ha determinato la responsabilità;

– ciò posto, la sentenza impugnata, conformemente a detto giurisprudenza, ha concluso che Automaster era carente di legittimazione passiva rispetto all’azione di regresso esercitata dall’attrice perchè estranea alla catena distributiva dell’autovettura Nissan su cui era stata effettuata la sostituzione del componente difettoso (cfr. pag. 4 della sentenza);

– la critica della ricorrente non risulta sorretta da elementi che giustifichino il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale puntualmente seguito dal giudice d’appello e dunque ne va ribadita l’inammissibilità;

– il secondo profilo di doglianza relativo all’art. 97 Codice del consumo, è pure inammissibile perchè riferito ad una norma, peraltro abrogata, mai invocata prima dal ricorrente;

– conclusivamente l’esito sfavorevole del motivo, comporta l’inammissibilità del ricorso ed in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 600,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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