LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29299-2019 proposto da:
AZIENDA FLOROVIVAISTICA M.A. E B.L. SS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMILIANO CHIUCHIOLO;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA di PERUGIA;
– intimata –
avverso il provvedimento della PREFETTURA di PERUGIA, depositato il 05/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Azienda Florovivaistica M.A. e B.L. S.S.. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., contro provvedimento della Prefettura di Perugia, con il quale è stata rigettata la propria istanza volta a ottenere l’annullamento di cartella di pagamento, emessa a seguito di ordinanza ingiunzione non impugnata che contestava una violazione prevista da norma abrogata prima della emissione della stessa ingiunzione (D.Lgs. n. 286 del 2005, art. 7-bis, abrogato con L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 2471).
Con il ricorso si sostiene che l’Amministrazione avrebbe dovuto annullare la cartella in quanto rifletteva un provvedimento emesso in carenza del potere sanzionatorio, incidendo quindi il diniego in via definitiva su diritti soggettivi.
Il ricorso è stato chiamato dinanzi alla sesta sezione civile della Corte a seguito di proposta del relatore di inammissibilità.
Il ricorso per cassazione è stato notificato alla Prefettura di Perugia a mezzo Pec all’indirizzo dell’Avvocatura distrettuale di Perugia, mentre avrebbe dovuto essere notificato all’indirizzo Pec dell’Avvocatura Generale, con conseguente nullità della stessa notificazione (Cass. n. 20890/2018). La Prefettura è rimasta intimata, nondimeno, essendo il ricorso prima facie inammissibile, appare superfluo disporre la rinnovazione della notifica, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione, in contrasto con il “rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 127 e 175 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio. da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti” (Cass. n. 15106/2013; n. 11287/2018).
Il ricorso è infatti manifestamente inammissibile.
Esso è stato proposto contro il provvedimento della Prefettura di Perugia che ha rigettato l’istanza del ricorrente volta a ottenere l’annullamento della cartella di pagamento, che, ancorchè incidente su diritti soggettivi, non perde la sua natura di provvedimento amministrativo, non suscettibile, in quanto tale, di ricorso per cassazione, nè ordinario, nè straordinario ex art. 111 Cost., rimedi concessi, invero, soltanto contro provvedimenti giurisdizionali (Cass. n. 12335/2015).
Il ricorso è quindi inammissibile.
Nulla sulle spese.
Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020