LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27602/2019 proposto da:
B.S.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Teofilo Folengo, 49, presso lo studio dell’avvocato Facilla Giovanni Maria, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 12/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/02/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RILEVATO
che:
1. – Con ricorso affidato a tre motivi, B.S.B., cittadino della *****, ha impugnato il decreto del Tribunale di Bologna, reso pubblico in data 16 agosto 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale, la quale, a sua volta, aveva negato il riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria, nonchè della protezione umanitaria.
2. – Il Tribunale di Bologna, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava: 1) le dichiarazioni rese dal richiedente erano inidonee a comprovare la sussistenza del pericolo posto a fondamento della protezione in quanto: a) ha fornito dichiarazioni generiche, prive di elementi di dettaglio idonei a contestualizzare e dare concretezza ai fatti narrati, mancando di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda e risultando alfine inattendibile; b) assume poca rilevanza in punto di spontaneità della domanda la tempestività di quest’ultima in quanto avviata, non in seguito ad un’autonoma e personale scelta, ma in adempimento della procedura d’identificazione e di lecita permanenza sul territorio; 2) era da escludersi il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b), non essendosi ravvisata alcuna forma di persecuzione e di pericolo per il richiedente data l’inattendibilità dello stesso, oltre all’astrattezza e non attualità del pericolo paventato ed alla mancata richiesta di tutela alle autorità competenti; 3) era da escludersi il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in difetto di una situazione di violenza generalizzata nel Paese di provenienza; 4) era da escludersi il riconoscimento della protezione umanitaria in difetto di specifici indicatori di necessità di protezione, risultando non significative e dirimenti le attività d’integrazione effettuate dal ricorrente durante il periodo di permanenza nel nostro Paese;
3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
1. – Con il primo mezzo il ricorrente denunzia la “mancata assunzione dell’onere probatorio”, per aver il giudice di merito erroneamente ritenuto non adempiuto l’onere probatorio gravante sul richiedente, quando, invece, sulla base dei criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, erano senz’altro da ritenere veritieri i fatti allegati dal richiedente medesimo.
2. – Con il secondo mezzo (erroneamente indicato come “terzo motivo”) è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, per aver il Tribunale di Bologna erroneamente disconosciuto il diritto di asilo pur a fronte delle gravissime violazioni dei diritti umani registrate nel Paese d’origine, la Guinea, così come documentate dai rapporti di Amnesty e delle Organizzazioni internazionali del Paese.
3. – Con il terzo mezzo rubricato “sulla protezione sussidiaria” è denunciato il mancato riconoscimento di detta protezione pur a fronte della situazione di sicurezza della Guinea, caratterizzata da diffusi atti di criminalità e concreti rischi di atti di terrorismo e di violente sommosse.
4. – Il ricorso è inammissibile, essendo confezionato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto privo di un’articolazione specifica delle censure in forza delle quali si chiede la cassazione del provvedimento impugnato, esaurendosi in critiche che si risolvono in mere petizioni di principio, prescindendo dalle argomentazioni poste alla base del provvedimento del giudice di merito (cfr., tra le tante, Cass. n. 17730/2015).
4.1. – Difatti, con il primo motivo si assumono come sussistenti i criteri previsti al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e, pertanto, come veritieri i fatti allegati a sostegno della domanda, senza, però, confrontarsi con le ragioni poste a fondamento della ritenuta inattendibilità dello stesso richiedente, diffusamente illustrate dal giudice del merito (e sopra sintetizzate nel “Rilevato che”) e, peraltro, prospettando (inammissibilmente in questa sede di legittimità) una valutazione diversa ed alternativa rispetto a quella fornita dal Tribunale.
4.2. – Il secondo motivo è inammissibile anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, giacchè è orientamento costante quello per cui il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti dello status di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007 ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non vi è più margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3 (Cass. n. 16362/2016; Cass. n. 11110/2019; Cass. n. 3029/2019).
Il Tribunale, pertanto, ha fatto corretta applicazione del principio predetto, laddove ha valutato se le allegazioni del ricorrente consentissero il riconoscimento delle forme di protezione in cui la previsione costituzionale si concretizza.
4.3. – Il terzo motivo è inammissibile perchè meramente descrittivo e assertivo (facendo richiamo ai contenuti di norme e principi in parte relativi alla protezione sussidiaria ed in parte a quella umanitaria), senza puntualizzare critiche specifiche, operando soltanto il riferimento ad una generica situazione di violenza indiscriminata esistente nella Guinea, senza in alcun modo dolersi in modo diretto e puntuale delle ragioni poste dal Tribunale di Bologna a fondamento del diniego del riconoscimento della protezione richiesta.
5. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 28 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020