Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.12027 del 19/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18729-2014 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO n. 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5374/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/09/2013 R.G.N. 4208/2009.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Roma, accogliendo il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Miur) avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, ha respinto la domanda con la quale P.F. aveva chiesto accertarsi il suo diritto all’immissione in ruolo nella scuola secondaria di secondo grado, classe laboratorio di informatica industriale, a far data dal 1.9.2001, oltre al risarcimento del danno, per violazione delle regole attinenti all’assunzione dei docenti iscritti, come era lei, alle c.d. graduatorie permanenti;

la Corte territoriale, ricostruita la normativa del settore, riteneva che il Ministero avesse correttamente applicato il principio di compensazione a favore dei docenti vincitori di concorso, per esservi state, in annate precedenti, assunzioni di essi in misura inferiore al 50% dei posti disponibili loro spettante; avverso tale pronuncia la P. ha proposto ricorso per cassazione, cui il Ministero ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. i motivi sono privi di ordinata numerazione progressiva, ma ciò non li rende di per sè solo inammissibili, risultando possibile, nei termini di cui infra, la loro ricostruzione logica;

un primo tema, articolato in due parti e quindi sostanzialmente in due motivi, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla riforma di cui al D.L. 83 del 2012, per insufficiente specificità dei motivi addotti con l’atto di appello del Miur (primo motivo), nonchè dell’art. 345 c.p.c., per avere il Ministero richiamato la normativa su cui si è poi fondata la reiezione della domanda solo in grado di appello (secondo motivo);

2.1 quello che si è individuato come primo motivo presuppone un raffronto tra la sentenza di primo grado ed il ricorso in appello;

tuttavia, nell’ambito del motivo non sono trascritti nè l’una nè l’altro; la formulazione si pone dunque in contrasto con i presupposti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessità che la narrativa e l’argomentazione siano idonee a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la S.C. di ricercare autonomamente negli atti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti;

2.2 anche quello che si è individuato come secondo motivo va disatteso;

la domanda della ricorrente, per quanto di essa risultante dal ricorso per cassazione e dalla pronuncia della Corte territoriale, si era fondata in primo grado sulla presunta violazione della L. n. 124 del 1999, art. 1, secondo cui i posti disponibili dovevano essere assegnati per metà al personale proveniente dal concorso a cattedre e per metà ai docenti della graduatoria permanente, come non era avvenuto nelle annate di cui all’azione dispiegata;

rispetto a tale causa petendi, costituiva senza dubbio oggetto di eccezione il fatto che in quelle annate si dovesse procedere a compensazione, per la pregressa attribuzione in eccedenza ai docenti delle graduatorie permanenti in annate anteriori e tale eccezione è stata pacificamente formulata, a nulla rilevando (ma del resto non è su questo punto che si incentra il motivo) che a tal fine fosse stata richiamato il D.L. n. 357 del 1989, art. 12, commi 2 e 3, (conv. in L. n. 417 del 1989) e non L. n. 124 del 1999, art. 1, (in particolare, in riferimento al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399, comma 2, quale modificato da tale legge), perchè si tratta di disposizioni munite della medesima portata normativa, sicchè i fatti (numero di assegnazioni sui due canali in annate pregresse/compensazione) rimanevano parimenti i medesimi;

la questione riguarda invece l’utilizzazione, per le assegnazioni in compensazione ai docenti di cui al concorso, della graduatoria del concorso indetto con D.M. 21 marzo 1990 e quella sulla perdurante efficacia di tale graduatoria rispetto alle annate oggetto di giudizio;

tale ipotetica illegittimità è tuttavia da considerare oggetto di un fatto costitutivo, sotto forma di controeccezione, dell’azione della P. e non di un’eccezione, in quanto esso è fondativo – in ipotesi – dell’erronea attribuzione di quei posti, nonostante la sussistenza dei presupposti numerici della compensazione, a docenti di una graduatoria non più utilizzabile;

ne deriva che, dopo avere il Tribunale argomentato proprio su tale inutilizzabilità della graduatoria del concorso a cattedre, del tutto legittimamente il Ministero ha replicato con l’atto di appello contestando la fondatezza in diritto dell’assunto;

del resto, il richiamo alla pertinente normativa non ha per nulla modificato i fatti di cui al primo grado, avendo lo stesso Tribunale deciso sul presupposto dell’inutilizzabilità di quella graduatoria, ma ha solo posto in dubbio la fondatezza giuridica dell’assunto, il che è perfettamente conforme a rito;

pertanto, anche tale censura processuale è infondata;

il motivo successivo (indicato con il numero 2, ma senza che si reperisca un numero 1 e del resto rispetto alla parte di ricorso precedente si sono individuate due censure) adduce la violazione ed errata applicazione della L. n. 124 del 1999, art. 12, in combinato con L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 22, (art. 360 c.p.c., n. 3) facendosi leva in particolare sul fatto che la graduatoria del D.M. 21 marzo 1990 (concorso a cattedre), avendo durata triennale, non avrebbe potuto più essere utilizzata per l’anno 2001;

3.1 il tema del contendere riguarda le assunzioni dall’a.s. 2000/2001 all’a.s. 2004/2005;

è indubbio che la disciplina da applicare sia quella di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 369, comma 1 e 2, in parte qua tuttora vigente (sebbene le graduatorie “permanenti” siano state trasformate in graduatorie “ad esaurimento”) con norma così formulata:

“1. L’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401.

2. Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva”;

3.2 in fatto la Corte d’Appello ha spiegato che, dopo essersi attinti 58 candidati dalle graduatorie permanenti per le assunzioni dell’anno 1989/1990, in cui non vi erano graduatorie da concorso utilizzabili, successivamente a fino a tutta l’annata 1997/1998 non erano state più conferite nomine in ruolo nella classe di concorso qui interessata, per mancanza di posti vacanti disponibili;

quindi, a partire dell’anno 1999/2000, in applicazione della regola sulla compensazione e fino all’anno scolastico 2004/2005, sono state effettuate 21 immissioni in ruolo attingendo dalla graduatoria relativa ai concorsi, che è andata esaurita, sicchè le assunzioni per l’anno successivo sono avvenute sulla graduatoria ad esaurimento, ma la P. non se ne è giovata perchè non più inserita;

3.3 le graduatorie concorsuali, fino alla L. n. 124 del 1999, avevano durata triennale e la graduatoria da cui sono stati attinti i docenti assunti nel periodo in contestazione rientrava in tale disciplina, modificata poi dalla predetta legge nel senso che le graduatorie durassero fino al successivo concorso e quindi riportata al triennio, ma con il limite del subentrare di altro concorso dalla L. n. 107 del 2015 (nuovo L. n. 297 del 1994, art. 400);

dalla ricostruzione in fatto operata dalla Corte di merito è chiaro che tra il 1993 ed il 1999, oltre a non esservi stati posti vacanti per la classe della ricorrente, sorgeva il problema di assicurare continuità a graduatorie concorsuali che, in mancanza di altri concorsi, avrebbero perso efficacia secondo la disciplina del tempo;

in proposito sono da considerare due norme e cioè:

Il quarto periodo L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 22, secondo cui “le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami del personale docente, approvate in data successiva al 31 agosto 1992, conservano validità anche per gli anni scolastici successivi al 1994-1995 ai fini del conferimento di nomine in ruolo in un numero corrispondente a quello delle cattedre e dei posti che risultavano accantonati a tal fine al 1 settembre 1992 e che, per effetto della riduzione degli organici, nonchè per l’applicazione della L. 23 dicembre 1992, n. 498, art. 4, comma 1, non sono stati conferiti per le nomine nell’anno scolastico 1993-1994 e non potranno essere conferiti per le nomine nell’anno scolastico 1994-1995”;

L. n. 124 del 1999, art. 12, secondo cui “a decorrere dall’anno scolastico 19992000 i docenti di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 22, quarto periodo, sono immessi in ruolo”;

dunque, l’art. 3, comma 22 assicurava efficacia, a prescindere dalla durata triennale, alle graduatorie esistenti per la copertura di posti accantonati e attribuibili nel periodo 1993-1995 per effetto della riduzione degli organici e quindi rispetto ad una situazione del tutto particolare;

L. n. 124 del 1999, art. 12, ha previsto tout court l’immissione in ruolo dei docenti di cui alle graduatorie approvate successivamente al 31.8.1992, anche in questo caso a prescindere dallo spirare del termine ordinario di durata illo tempore vigente e di cui si è detto, ma senza indicare alcuna condizione;

la diversa portata delle due norme, contrariamente a quanto assume la ricorrente, deriva proprio nella formulazione letterale delle stesse;

infatti, l’art. 12 cit. non richiama l’intero presupposto normativo dell’art. 3, comma 22 (graduatorie, posti accantonati non attribuibili per riduzioni di organico o altre ragioni), ma semplicemente dispone l’immissione in ruolo dei “docenti di cui all’art. 3 comma 22”;

l’art. 12 non è quindi soggetto alla specifica condizione di cui all’art. 3, comma 22 (destinata ad operare nel periodo successivo a quest’ultima norma e fino all’entrata in vigore dello stesso art. 12), ma riguarda tutti i docenti vincitori di concorso rispetto a graduatorie “approvate in data successiva al 31 agosto 1992”;

nè risultano contestazioni rispetto al fatto, esplicitamente affermato dalla Corte territoriale, che la graduatoria del concorso di cui al D.M. 21 marzo 1990, per quanto qui interessa, rientrasse tra quelle approvate in data successiva al 31 agosto 1992 e quindi nell’ambito di previsione delle due norme in esame;

se anche dunque le assunzioni in ruolo “per compensazione” siano state fatte sulla base di quella graduatoria, esse non potrebbero considerarsi illegittime;

è invece irrilevante il disposto del D.M. n. 262 del 2000 o del successivo e analogo D.M. n. 162 del 2001, su cui fa leva il motivo, in quanto il tenore di tali decreti, nella parte trascritta nel ricorso per cassazione, si limita a reiterare la regola del 50 % di cui al sistema del “doppio canale”, ma certamente non deroga, nè del resto potrebbe farlo dato il rango giuridicamente subordinato, alle norme di legge che stabilivano la regola della “compensazione” tra le diverse annate;

4. in chiusura, la ricorrente adduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4) sostenendo che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe “alquanto scarna ed insufficiente” nella parte relativa alla disamina, in combinazione tra loro, della L. n. 124 del 1999, art. 12 e L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 22;

il motivo è anch’esso infondato;

la Corte territoriale ha ritenuto tout court che la dizione dell’art. 12 cit. fosse tale da comportare la protrazione degli effetti della graduatoria in questione e ciò, pur essendo mancato effettivamente un raffronto critico con il disposto dell’art. 3, comma 22, è in sè spiegazione sufficiente, stante il tenore letterale della norma che dispone la predetta protrazione per i docenti di cui alla graduatoria interessata, non avendo il giudice alcun necessario obbligo di completezza motivazionale rispetto alle altre norme potenzialmente interferenti e ad una questione di stampo prettamente giuridico;

5. nonostante il complessivo rigetto del ricorso, la novità e complessità della questione interpretativa di fondo giustifica la compensazione delle spese anche per questo grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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