LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27657/2017 proposto da:
D.B. CARBURANTI SRL, in persona del suo amministratore unico M.R.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMERI, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE ZIINO;
– ricorrente –
contro
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. MANFREDI, 11, presso lo studio dell’avvocato GIULIO VALENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FRAGAPANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1811/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 10/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data 2/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato SALVATORE ZIINO;
udito l’Avvocato DONATELLA ROSSI per delega.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza pubblicata il 15 maggio 2012, il Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata, accogliendo le domande proposte da P.A. (locatore) nei confronti della D.B. Carburanti S.r.l. (conduttrice), condannò la società convenuta, al rilascio immediato, in favore dell’attore, del terreno sito in *****, previa rimozione delle opere ivi esistenti, e dell’immobile di mq. 30, catastalmente censito al foglio *****, particella *****, nonchè al pagamento della somma di Euro 20.000,00, a titolo di indennizzo per l’illegittima detenzione, e delle spese di lite.
Il Tribunale, in particolare, ritenne che il contratto di locazione intercorso tra le parti fosse nullo perchè non stipulato in forma scritta.
Avverso la sentenza di primo grado la società soccombente propose gravame, del quale l’appellato, costituendosi, chiese il rigetto.
La Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 1811, pubblicata il 10 ottobre 2017, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarò che tra P.A. e la D.B. Carburanti S.r.l., relativamente al terreno predetto, era intercorso un contratto di locazione verbale cessato il 12 aprile 2017; condannò la D.B. Carburanti S.r.l., in favore di P.A., all’immediato rilascio di tale terreno e “al pagamento di una somma pari all’equivalente in Euro di Lire 11, rivalutate in ragione del 75% dell’indice Istat a partire dal secondo anno di locazione, per ciascun litro di carburante venduto all’impianto di distributore carburanti, a far tempo dal 12.4.2017 fino alla riconsegna del bene locato”; compensò integralmente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito.
Ritenne la Corte di merito che la scrittura privata del 12 aprile 1999 non documentasse un accordo contrattuale posto che: a) proveniva dal solo P., che l’aveva sottoscritta, e non era diretta (come da intestazione) alla D.B. Carburanti S.r.l., come avrebbe dovuto se fosse stata una dichiarazione negoziale recettizia, suscettibile di successiva adesione, anche implicita, da parte dell’altro contraente; b) contemplava la stipulazione, rectius la formalizzazione, del contratto di affitto come un evento da compiersi a richiesta di una delle parti.
Ritenne, altresì, quella Corte, che natura e finalità della dichiarazione in parola erano quelle chiaramente desumibili dall’essere indirizzata all’Assessorato regionale all’Industria, “vale a dire dalla sua funzione strumentale all’adozione di un provvedimento amministrativo”.
Pur evidenziando che non fosse “ragionevolmente dubitabile che dietro la “dichiarazione di disponibilità” del P. (e della consimile dichiarazione a firma di D.B.S. fornita dall’attore in fotocopia unitamente all’altra) vi fosse l’esistenza di un accordo tra costui e la società D.B. Carburante, affiorante a tratti dalla stessa formulazione testuale del documento… Del resto le ricevute di pagamento prodotte dalla società convenuta, specificamente riferite all’affitto del terreno e del locale ad uso gestore”, (erano) indice evidente ed inconfutabile che un rapporto di locazione e(ra) stato dalle parti voluto ed eseguito con i criteri e le modalità di determinazione e pagamento del corrispettivo enunciati nella scrittura del 12.4.1999", tuttavia, ad avviso della Corte territoriale, “nè ciò,… nè la successiva registrazione del documento in discorso, nè la qualificazione che di esso po(tessero) aver dato, ai loro propri fini, uffici della pubblica amministrazione basta(va)no a conferire alla dichiarazione una natura negoziale che essa, senza dubbio, non poss(edeva)”.
Osservò, inoltre, la Corte che, stante il difetto di forma scritta richiesto ad substantiam dall’art. 1350 c.c., n. 8), per i contratti di locazione di durata ultranovennale, non era possibile far valere quella scrittura privata come prova indiretta di un retrostante contratto verbale di locazione avente le caratteristiche di durata (diciotto anni rinnovabili per un ulteriore uguale periodo) indicate nella dichiarazione del 12 aprile 1999.
Da quanto precede la Corte di merito trasse che tra le parti era intercorso, almeno a decorrere dal 12 aprile 1999, un contratto di locazione ad uso non abitativo, in forza di contratto stipulato in forma verbale e regolato, in relazione alla sua durata, della L. n. 392 del 1978, artt. 27 e segg., avente pertanto durata di sei anni rinnovabili tacitamente in sei anni, salvo disdetta da comunicarsi almeno dodici mesi prima.
Il contratto si era quindi consensualmente protratto sino a che il P. non aveva deciso di contestarlo e porvi fine, il che era avvenuto – per la Corte di merito – nel novembre 2010, con la notificazione dell’atto introduttivo della presente causa, avente valore di disdetta.
Pertanto, secondo quella Corte, decorsi i primi dodici anni dal suo inizio e in mancanza di tempestiva disdetta per la seconda scadenza, il contratto era venuto a scadere il 12 aprile 2017, corrispondente, peraltro, alla prima scadenza del rapporto ove originato dalla scrittura privata più volte richiamata, come sostenuto dall’appellante.
Essendo venuto a scadere il titolo giustificativo a tale data, dalla stessa la D.B. Carburanti S.r.l. era tenuta a corrispondere al P. il corrispettivo convenuto, pari all’equivalente in Euro di lire 11, rivalutate in ragione del 75% dell’indice ISTAT a partire dal secondo anno di locazione, per ciascun litro di carburante venduto all’impianto di distribuzione carburanti a norma dell’art. 1592 c.c..
Infine, la Corte di merito ritenne inammissibili le domande proposte dall’appellante in via subordinata, reiterative di istanze per la prima volta avanzate dinanzi al Tribunale con memoria ex art. 183 c.p.c..
Avverso la sentenza della Corte di merito D.B. Carburanti S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso P.A..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce “Nullità della sentenza e del procedimento – Violazione dell’art. 112 e dell’art. 101 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”.
Sostiene la società ricorrente che il P. non avrebbe mai chiesto, neppure in via alternativa o subordinata, di dichiarare la cessazione del contratto per disdetta o altra causa; anzi, il predetto avrebbe svolto difese del tutto incompatibili con l’esistenza di un contratto di locazione e con la volontà di risolverlo impedendone il tacito rinnovo ed avrebbe dichiarato di ritenere mai concluso un contratto di locazione, scritto o orale, tra le parti, avendo egli, infatti, chiesto di dichiarare che la società attuale ricorrente deteneva sine titulo l’appezzamento di terreno del quale aveva chiesto conseguentemente il rilascio e, in subordine, nel ribadire che la scrittura privata del 1999 non potesse considerarsi un contratto di locazione, il P. aveva chiesto, nel caso quella scrittura fosse stata ritenuta un accordo preliminare vincolante e/o un rapporto di locazione di fatto, di “disporre in ogni caso che ven(isse) disciplinato regolarmente il rapporto negoziale circoscrivendo la superficie da vincolare in quella solamente attorno al distributore di benzina, determinata in soli mq. 200, disponendo lo svincolo della restante area e disciplinando diversamente con apposite garanzie il rapporto negoziale, circa il rilascio dell’area libera e bonificata a totale carico della parte convenuta”, sicchè anche la domanda subordinata era “incompatibile con la dichiarazione di cessazione del contratto a seguito di disdetta”.
Effettivamente, quindi, il P., secondo la ricorrente, avrebbe agito per il rilascio del terreno di sua proprietà ma per una causa diversa e incompatibile rispetto al presupposto della statuizione contenuta nella sentenza di appello.
La D.B. Carburanti S.r.l., denuncia, quindi, violazione dell’art. 112 c.p.c., non essendo stata proposta, nel caso di specie, la domanda di cessazione del rapporto neppure in via alternativa o subordinata, nonchè la violazione dell’art. 101 c.p.c., non essendovi stato contraddittorio sulla questione della cessazione del contratto di locazione con lesione della possibilità di difesa della società ricorrente.
1.1. Il motivo è fondato.
Ed invero, risulta chiaramente dall’atto introduttivo del giudizio, riportato in gran parte in ricorso (così come nel predetto atto è riportata in parte la comparsa di costituzione in appello), che effettivamente il P. ha agito per il rilascio del terreno di sua proprietà ma per una causa diversa (occupazione sine titulo) e incompatibile rispetto al titolo presupposto dalla statuizione della sentenza impugnata e, in particolare, non risulta che il predetto abbia proposto alcuna domanda volta all’accertamento della cessazione di un contratto di locazione stipulato tra le parti; anche in vi subordinata, ribadendo che la scrittura privata del 1999 non potesse considerarsi un contratto di locazione, il P. ha chiesto – “qualora per assurdo” tale atto fosse stato “ritenuto un accordo preliminare vincolante e/o un rapporto di locazione solamente di fatto” e fosse stata esclusa la nullità o l’inesistenza del contratto – la limitazione dell’oggetto dell’eventuale contratto, ma non la sua cessazione nè l’accertamento dell’esistenza di un contratto disdettato.
A sua volta la D.B. Carburanti S.r.l. si è limita ad eccepire l’esistenza di un contratto scritto sulla base della scrittura privata già ricordata del 12 aprile 1999 ma non ha formulato istanza di accertamento della durata contrattuale a seguito di disdetta, neppure in via subordinata.
Ne consegue che sussiste la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c., stante la radicale diversità tra la domanda proposta e quella accolta dalla Corte di merito.
2. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame degli ulteriori tre motivi proposti, così rubricati: “Nullità della sentenza e del procedimento – Violazione degli artt. 329,342 e 345 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)” (secondo motivo); “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1324,1326,1350,1362,1367 c.c., art. 1368 c.c., comma 2 e art. 1419 (art. 360 c.p.c., n. 3)” (terzo motivo); “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1326,1351,1372 c.c., art. 1362 c.c., comma 2, artt. 1367 e 2932 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)” (quarto motivo).
Ed invero, l’accertamento del regime contrattuale è stato operato dalla Corte di merito in funzione della ritenuta intervenuta disdetta con la notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio (cui ha attribuito tale valore). Tuttavia, come già sopra evidenziato, il P., a fondamento della proposta domanda, non ha mai fatto valere un contratto disdettato; anzi, ha sempre sostenuto che la società attuale ricorrente fosse occupante sine titulo. Tale società, a sua volta, come pure sopra evidenziato, si è limitata ad eccepire l’esistenza di un contratto scritto sulla base della già ricordata scrittura privata del 12 aprile 1999 ma non ha formulato istanza di accertamento della durata contrattuale a seguito di disdetta, neppure in via subordinata.
Ne consegue che anche le statuizioni relative al regime del contratto disdettato sono ultra petita, come pure sostanzialmente dedotto nell’ultima parte del primo motivo, sicchè risulta in tutta evidenza che l’accoglimento del primo mezzo assorbe l’esame di tutti i restanti motivi.
3. Conclusivamente, va accolto il primo motivo, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.
4. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020
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