LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16653-2016 proposto da:
C.V., titolare dell’omonima azienda agricola
“*****”, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 8, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GRASSI, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO FRANCESCO GIALLUISI;
– ricorrente –
contro
S.R., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BRANDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1296/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 04/08/2015 R.G.N. 212/2013.
RILEVATO
CHE:
1. S.R. conveniva in giudizio C.V., titolare di azienda agricola, per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 3.700,80 a titolo di differenze retributive derivanti da pregressi rapporti di lavoro a tempo determinato. Il ricorrente, bracciante agricolo, aveva dedotto di avere percepito una retribuzione giornaliera inferiore a quella spettante per contratto. Il Giudice adito accoglieva la domanda così come proposta.
2. A seguito dell’appello proposto dal C., la Corte di appello di Bari, con sentenza n. 1296/2015, respinta la censura secondo cui vi era prova in atti della adesione ai contratti di riallineamento degli operai agricoli della provincia di Foggia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, che aveva riconosciuto dovuta al S. la somma di Euro 3.700,80, riteneva che dovessero essere detratti Euro 820,11, in quanto afferenti a credito prescritto, ed Euro 556,77, a titolo di lavoro festivo e domenicale “così residuando l’importo di Euro 2.323,92, somma dovuta dal C. al S.”. In tal senso statuiva anche nel dispositivo in calce alla sentenza.
3. Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto ricorso affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso il S.. Il ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza ai sensi degli artt. 156,161 e 429 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in quanto il dispositivo in calce alla sentenza non corrisponde a quello letto in udienza, recante la condanna del ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.998,00 oltre accessori.
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (modulo di adesione sottoscritto il 13 maggio 1998), in ordine al rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa sul riallineamento.
3. E’ fondato il primo motivo, nel cui accoglimento resta assorbito l’esame del secondo. Sussiste, infatti, il denunciato contrasto tra dispositivo letto in udienza e quello in calce alla sentenza.
4. Nel rito del lavoro, il dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria acquisisce rilevanza autonoma, poichè racchiude gli elementi del comando giudiziale, che non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione.
5. Nel caso in esame la sentenza reca, nella motivazione, una precisa valutazione, espressione della funzione giudicante, che non trova riscontro del dispositivo letto in udienza. Difatti, la Corte, a sostegno del diverso dispositivo riportato in calce alla sentenza, recante la condanna ad un importo inferiore (Euro 2.323,929) a quello indicato nel dispositivo letto in udienza (Euro 2.898,00), ha motivato nel senso che, rispetto alla somma riconosciuta dal primo giudice (Euro 3.700,80), dovevano essere portati in detrazione sia la somma corrispondente ai crediti prescritti, pari ad Euro 820,11, sia un’ulteriore somma, pari ad Euro 556,77, corrispondente a pretese per lavoro festivo e domenicale non dovute.
6. Vi è dunque un contrasto insanabile tra la sentenza e il dispositivo letto in udienza e non può trovare applicazione il principio secondo cui, nel rito del lavoro, la difformità tra il dispositivo letto in udienza e quello trascritto in calce alla motivazione della sentenza non è causa di nullità laddove, ove la motivazione sia coerente con il dispositivo letto in udienza, quello difforme trascritto in calce alla sentenza è emendabile con la procedura di correzione degli errori materiali (Cass. 11668 del 2008 e 19103 del 2013).
7. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020
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