LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7156-2018 proposto da:
GENERALI ITALIA SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE A. GUATTANI 2/A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE SCARAMUZZO, GIUSEPPE MARAVOLO;
– controricorrente –
contro
D.M.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2230/2017 del TRIBUNALE di NOLA, depositata il 24/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE POSITANO.
RILEVATO
che:
A.A. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Marigliano, Generali Italia S.p.A., nonchè D.M.C., assumendo che il giorno 15 giugno 2009, mentre attraversava a piedi viale *****, era stato investito dal veicolo Fiat Idea di proprietà di D.M. ed assicurato con INA Assitalia S.p.A., successivamente divenuta Generali Italia S.p.A.; si costituiva quest’ultima, eccependo l’inammissibilità della domanda per violazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, come modificato, e l’infondatezza nel merito della pretesa;
il Giudice di pace, con sentenza n. 165 del 2017, accoglieva la domanda condannando la compagnia di assicurazione al pagamento dell’importo di Euro 10.046 in considerazione delle lesioni subite dal pedone. Nelle more del giudizio la compagnia, dopo avere sottoposto a verifica l’autenticità della documentazione medica prodotta dall’attore, sporgeva denunzia-querela e, con atto di citazione in appello, impugnava la decisione di primo grado davanti al Tribunale di Nola, lamentando che il primo giudice aveva fondato la responsabilità del proprietario dell’autovettura su dichiarazioni testimoniali generiche. Inoltre la documentazione medica prodotta doveva ritenersi falsa, documentando ciò con il deposito degli accertamenti eseguiti dal gruppo investigativo *****; hiedeva di essere rimessa in termini, ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c., al tempo vigente, chiedendo la prova testimoniale diretta;
si costituiva l’appellato contestando i motivi d’impugnazione e il Tribunale di Noia, con sentenza n. 2230 del 2017, in parziale accoglimento dell’impugnazione, dichiarava non dovuto, in favore dell’attore, l’importo di Euro 2.511, relativo al danno morale liquidato dal Giudice di pace;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Generali Italia S.p.A. affidandosi a un unico motivo che illustra con memoria. Resiste con controricorso A.A..
CONSIDERATO
che:
con il ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 116 c.p.c.. Il giudice di appello, riguardo alla prospettata falsità della documentazione medica esibita dall’attore, aveva ritenuto che la denunzia querela presentata, non suffragata da alcun elemento certo, costituisse una semplice ipotesi, fondata sui procedimenti penali aperti e, in quanto tale, insufficiente. Tale argomentazione sarebbe errata poichè dall’esame della denunzia in oggetto emergerebbe che i due istituti investigativi incaricati dalla compagnia avevano riscontrato anomalie della documentazione medica prodotta nell’interesse di A. e tali circostanze erano menzionate anche nel verbale di Pronto Soccorso del *****, apparentemente rilasciato dal nosocomio di Torre del Greco. Dagli accertamenti eseguiti emergerebbe che i referti degli esami al ginocchio e alla spalla destra non sarebbero “presenti negli archivi del centro sito in via *****”. Pertanto si tratterebbe di elementi decisivi per l’intero giudizio;
il motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, nella parte in cui si sostiene che “dalla disamina della denuncia in parola è agevole evincere che” i riscontri eseguiti dagli istituti d’investigazione avrebbero riguardato anomalie estese anche al verbale di Pronto Soccorso e a quello radiologico. Il contenuto della denunzia, tuttavia, non è trascritto o allegato o localizzato all’interno del fascicolo di legittimità, e questo non consente di esaminare i due profili ritenuti rilevanti dalla ricorrente, e cioè la decisività della semplice denunzia, al fine di verificare la falsità documenti e la riferibilità della denunzia anche alla documentazione medica richiamata dal Tribunale. In particolare, dal motivo di ricorso, non emerge per quale ragione dovrebbe essere decisiva anche l’eventuale verità dei fatti oggetto di mera denuncia penale, profilo peraltro, espressamente considerato dal giudice di appello che ha ragionevolmente rilevato l’insufficienza di mere denunce e procedimenti penali aperti;
nè muta tale conclusione l’argomentazione, svolta in memoria, sulla piena autosufficienza del ricorso: non solo perchè non condivisibile in ragione del contenuto di questo, ma pure perchè comunque confermativa di contestazioni ad autentiche valutazioni di fatto, in quanto tali non sindacabili nella presente sede di legittimità, sull’idoneità del materiale probatorio già raccolto a sostegno della tesi della reale verificazione dei fatti posti a base della domanda;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245), va dichiarato che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma I-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Terza Sezione-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020