LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31353/2018 proposto da:
O.G., elettivamente domiciliato in Milano, alla via Lorenteggio, n. 24, presso lo studio degli avv. Tiziana Aresi e Massimo Carlo Seregni, che lo rappresentano e difendono per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1391/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2019 da DE MARZO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata il 7 settembre 2018 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da O.G. avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria proposte.
2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che il racconto dell’ O., avente ad oggetto la propria omosessualità era caratterizzato da plurimi profili di inattendibilità, laddove la doglianza di mancato esame di prove testimoniali non era accompagnata da alcuna richiesta in tal senso sin dal primo grado, mentre quella di omesso esame di documenti era fondata su una fotocopia assemblata ad arte; b) che la criminalità diffusa in Edo State, ossia nello Stato di provenienza del ricorrente, era di tipo comune, per lo più diretta contro gli stranieri che lavorano per le compagnie petrolifere, e non era tale da determinare una rilevante e stabile perdita del controllo del territorio da parte dell’autorità governativa; c) che non erano ravvisabili profili di vulnerabilità della condizione dell’ O..
3. Avverso tale sentenza quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento alla valutazione di inattendibilità del ricorrente.
La doglianza è inammissibile, per l’assoluta genericità di formulazione, che non si confronta in alcun modo con i plurimi profili di contraddittorietà del narrato del ricorrente sottolineati dalla sentenza impugnata, quanto ai tempi della vicenda e al coinvolgimento in un grave episodio di violenza del proprio compagno.
2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, per non avere la Corte territoriale posto a base della sua decisione informazioni precise e aggiornate.
Anche il secondo motivo è inammissibile per l’assoluta genericità di formulazione, in quanto richiama valutazioni espresse in altre sentenze di merito, senza alcun riferimento neppure ai concreti contorni fattuali e cronologici delle vicende esaminate e senza indicare alcuna obiettiva fonte di conoscenza che sarebbe stata trascurata dalla Corte territoriale.
Nel secondo motivo si coglie, in fine, un cenno privo di qualunque specificità – pertanto, inammissibile – al rigetto della richiesta di protezione umanitaria.
3. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile. Non si provvede al regolamento delle spese, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020