LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 824-2015 proposto da:
GTECH S.P.A., (già LOTTOMATICA GROUP S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio degli avvocati ROBERTO PESSI e MARIO MICELI, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3821/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/07/2014 R.G.N. r.g.n. 8597/2012.
RILEVATO
che la Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 8.7.2014, ha accolto parzialmente il gravame interposto da B.G., nei confronti della GTECH S.p.A. (già Lottomatica Group S.p.A.), avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede, resa in data 8.3.2012, che aveva rigettato la domanda della lavoratrice, diretta ad ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la predetta società utilizzatrice a far data dal 2.4.2007, ed altresì il diritto al superiore inquadramento nel VI livello del CCNL di categoria, nonchè la condanna della società a riammettere in servizio la ricorrente ed a corrispondere alla medesima le retribuzioni maturate sino all’effettivo ripristino del rapporto, oltre alle differenze retributive conseguenti all’inquadramento superiore;
che, pertanto, in parziale riforma della sentenza gravata, la Corte territoriale ha dichiarato che tra la società GTECH S.p.A. e la B. è intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal 2.4.2007, ancora in atto, ed ha condannato la società a riammettere in servizio la dipendente ed a corrispondere alla stessa una indennità risarcitoria, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, nella misura di 4 mensilità di retribuzione, oltre accessori di legge dalla data della sentenza ed alle spese di lite dei due gradi di merito;
che per la cassazione della sentenza ricorre la GTECH S.p.A. (già Lottomatica Group S.p.A.) sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso B.G.;
che sono state comunicate memorie nell’interesse di entrambe le parti;
che il P.G. non ha formulato richieste.
CONSIDERATO
che, con il ricorso, si censura: 1) la violazione dell’art. 434 c.p.c., quale error in procedendo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e si lamenta che la Corte di merito avrebbe erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità dell’atto di gravame, nonostante lo stesso non fosse conforme al paradigma normativo prescritto dalla norma che si assume violata, nel testo novellato applicabile ratione temporis; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e 21 per erronea valutazione delle risultanze processuali ed altresì per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto che la causale del contratto di somministrazione fosse del tutto generica ed inoltre, per non avere considerato che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 4, come novellato dal D.Lgs. n. 251 del 2004, non prevede più, a pena di nullità, tra l’altro, la mancata indicazione dei casi e delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo a fondamento del rapporto, “limitandosi a richiedere, al mero fine del rispetto dei requisiti di forma (ad probationem) del contratto, che tale indicazione semplicemente vi sia, senza null’altro aggiungere”; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, e art. 345 c.p.c., comma 3, per la mancata ammissione della prova testimoniale addotta dalla società che, a parere di quest’ultima, avrebbe condotto alla conferma della decisione di primo grado in ordine alla effettiva necessità di una riorganizzazione che giustificasse il ricorso al contratto di lavoro in somministrazione temporaneo;
che il primo motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009); inoltre, nel corso dello stesso motivo, si deduce che i giudici di seconda istanza non avrebbero rilevato la inammissibilità dell’atto di appello della lavoratrice, per mancata conformità al paradigma dell’art. 434 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis; ma il predetto atto non è stato prodotto (nè trascritto, nè indicato tra i documenti offerti in comunicazione unitamente al ricorso), in violazione del principio (v. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le altre, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); pertanto, questa Corte non ha potuto apprezzare la veridicità delle doglianze mosse alla sentenza oggetto del presente giudizio dalla società datrice, relativamente alla sollevata eccezione;
che anche il secondo motivo è inammissibile, per difetto di specificità, non essendo stato trascritto, nè prodotto nè indicato tra i documenti offerti in comunicazione, il contratto commerciale di cui si tratta; pertanto, anche in ordine a tale mezzo di impugnazione valgano le considerazioni testè svolte in ordine al primo motivo;
che altresì inammissibile è il terzo motivo, in quanto la censura formulata tende, all’evidenza, ad una nuova valutazione delle prove, pacificamente estranea al giudizio di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014), poichè “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta in via esclusiva al giudice di merito”; per la qual cosa “la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, o per mancata ammissione delle stesse, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito” (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014 citt.; Cass. n. 2056/2011); e, nella fattispecie, la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione impugnata attraverso un iter motivazionale del tutto condivisibile dal punto di vista logico-giuridico, anche in ordine all’ammissione o meno dei mezzi istruttori addotti dalle parti; peraltro, anche questo mezzo di impugnazione presenta un difetto di specificità per omessa trascrizione delle prove orali dedotte (al riguardo, v., pure, Cass. nn. 19985/2017; 17915/2010) e, dunque, anche per il medesimo valgano le considerazioni svolte relativamente ai primi due motivi;
che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore della B., avv. Filippo Aiello, dichiaratosi antistatario – seguono la soccombenza;
che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 27 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020