Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.13035 del 30/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 736-2019 proposto da:

ABACO IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASTURA 2/B, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DE BEAUMONT;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3462/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO

Che:

1. Abaco Immobiliare srl impugnava l’avviso di rettifica della rendita catastale proposta dal contribuente, tramite procedura Docfa, nell’importo di Euro 5.640 e determinata dall’Agenzia delle Entrate in Euro 8.964 relativa all’immobile, di proprietà di Abaco Immobiliare srl, sito in *****, distinto in catasto al foglio *****, particella ***** subalterno ***** categoria D/6.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso.

3. Sull’impugnazione della ricorrente la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello ritenendo, per quanto di interesse in questa sede, corrette le valutazioni dell’immobile effettuate dall’Agenzia dell’Entrate.

4. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

RITENUTO

Che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 132c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.c.; si argomenta che la CTR avrebbe fatto riferimento ad un sopralluogo mai eseguito, come riconosciuto dallo stesso ufficio, con conseguente nullità della sentenza fondata su prova inesistente.

1.1. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 e 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere la CTR reso una sentenza con omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno della decisione in particolare non prendendo in considerazione i criteri e gli elementi probatori indicati in atto di appello per una più corretta determinazione del valore dell’immobile ai fini della determinazione della rendita.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Il riferimento all’esecuzione del sopralluogo, in realtà mai svolto, come pacificamente riconosciuto da entrambe le parti, non inficia l’impianto motivazionale della sentenza che ha ritenuto la fondatezza della rettifica catastale sulla base dell’estensione dell’immobile della sua posizione e delle sue caratteristiche. Nessuna violazione dell’art. 115 c.p.c. può quindi predicarsi.

3. Il secondo motivo non merita accoglimento.

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.2 Nella fattispecie la motivazione della sentenza non è connotata da tali deficienze in quanto la CTR ha dato conto delle ragioni poste a base della sua decisione affermando che ” ad avviso del Collegio le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate appaiono corrette, tenendo presente che l’immobile in argomento, a seguito del sopralluogo, è stato identificato come una struttura a carattere speciale, posta all’interno di uno stabile a carattere intensivo, formato da unità immobiliari residenziali e non residenziali; risulta inoltre formato da vari ambienti, nonchè completo di servizi, spogliatoi e di locali accessori”.

3.3 In realtà come si desume dalla lettura delle argomentazioni del motivo la censura mira non tanto a denunciare il vizio di carenza motivazionale della sentenza ma si risolve in una critica della rideterminazione del valore contenuto nella sentenza con giudizi e valutazioni che si sovrappongono all’accertamento di fatto compito dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 3.000 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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