Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.13547 del 02/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

ERREDUE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Angelico 38 presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Sinopoli e rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dall’Avv. Mario Nussi.

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliata.

-controricorrente-

per la cassazione della sentenza n. 56/01/12 della Commisione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, sezione di Trieste, depositata il 4 giugno 2012.

Udita la relazione dellà causa svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

RILEVATO

che:

ERREDUE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, propose autonomi ricorsi avverso gli avvisi di accertamento con i quali, sulla base dell’inattendibilità dei prezzi di alcune compravendite immobiliari, vennero rettificati, ai fini dell’IRES, dell’IVA e dell’IRAP, i redditi degli anni 2005 e 2006;

i ricorsi, previa riunione, vennero rigettati dalla Commissione tributaria provinciale e la decisione, appellata dalla contribuente, confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia-sezione di Trieste (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.);

in particolare, il Giudice di appello, riteneva che l’accertamento, legittimo in quanto fondato su elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti (quali la presenza costante di scostamenti tra i prezzi di vendita, l’ammontare dei mutui contratti dagli acquirenti e i valori di stima secondo le perizie UTE), non era stato idoneamente contrastato dalla contribuente con idonei avversi elementi probatori anche presuntivi;

per la cassazione della sentenza ERREDUE s.r.l. ha proposto ricorso su quattro motivi;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso, la cui trattazione era stata sospesa a seguito di istanza della Società ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., su istanza di trattazionè della stessa Società del 20 settembre 2019.

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, art. 2729 c.c., nonchè vizio motivazionale (art. 360 c.p.c., n. 5);

secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R. avrebbe violato palesemente la normativa di riferimento, avendo avallato l’operato dell’Ufficio, nonostante la mancanza di prova degli elementi fattuali posti a base degli avvisi di accertamento impugnati, non essendo stata fornita, in particolare, alcuna prova, neppure presuntiva, dell’inattendibilità del corrispettivo di alcune vendite immobiliari;

1.1 la censura è infondata; in materia la giurisprudenza di questa Corte risulta consolidata nel ritenere che, in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un mgggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (cfr. tra le altre, di recente, Cass.n. 9474 del 12/04/2017);

1.2 è stato, altresì, condivisibilmente specificato che l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alctina violazione delle norme in materia di onere della prova (v.Cass. n. 14388 del 09/06/2017);

1.3. nel caso in esame, la C.T.R. ha fatto corretta applicazione dei superiori principi laddove ha espressamente argomentato che la complessiva rilevanza di quanto determinato… ai fini della maggiore valutazione di ricavi imponibili connessi agli indicati scostamenti giustificano le rettifiche operate trattandosi di scostamenti non causali o sporadici ma ripetuti e diffusi tra prezzi di cessione, ammontare dei mutui contratti dagli acquirenti e valori di stima secondo perizie UTE, con la caratteristica che lo scostamento è sempre presente ed in maggior misura ove la vendita sia avvenuta in assenza di mutuo ipotecario da parte dell’acquirente dell’immobile, risultando inspiegabili le diversità di prezzo per unità di misura (Euro/mq) nell’ambito dello stesso complesso immobiliare;

1.4. non si riscontra, peraltro, alcuno dei dedotti vizi motivazionali giacchè, dal tenore complessivo della motivazione, appare evidente che il Giudice territoriale ha tenuto in debita considerazione tutti gli elementi fattuali sottoposti al suo esame, mentre il mezzo, nei termini in cui è formulato, tende inammissibilmente ad una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal Giudice di merito e ad una diversa valutazione degli elementi presuntivi, peraltro isolatamente considerati;

2.con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 85, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13 e art. 72 e ss. Direttiva n. 112/2006 CE, laddove la C.T.R. aveva attribuito esclusiva rilevanza al valore normale dei beni ai fini dell’imposizione;

2.1.dall’infondatezza del primo motivo di ricorso consegue il rigetto anche di tale censura, non avendo il Giudice di merito attribuito rilevanza solo ai valori OMI;

3.con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione delle norme in tema di onere della prova e, in particolare, dell’art. 115 c.p.c., laddove la C.T.R. non aveva considerato le prove contrarie offerte dalla Società;

3.1. la censura è inammissibile, in primo luogo, per difetto di specificità giacchè con il mezzo neppure si indicano le prove che la C.T.R. non avrebbe “considerato”; in secondo luogo, perchè, in realtà, con il mezzo di impugnazione si contesta la valutazione operata dalla C.T.R. la quale, lungi dal non considerare gli elementi offerti dalla contribuente, li ha espressamente ritenuti privi di valenza probatoria;

4.con il quarto motivo, infine, si deduce il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione laddove la sentenza impugnata non aveva considerato e valutato gli elementi addotti dalla contribuente a prova contraria dei fatti ritenuti provati dall’Ufficio ovvero l’effettività dei prezzi dichiarati;

4.1. anche tale mezzo di impugnazione è inammissibile; per costante giurisprudenza di questa Corte i vizi motivazionali di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (anche nella versione previgente applicabile ratione temporis alla fattispecie) devono pur sempre attenere a un “fatto”, principale o secondario, ma sempre individuato in un preciso accadimento o in una precisa circostanza in senso storico – naturalistico (cfr..Cass.n. 2805 del 05/02/2011; n. 21152 del 08/10/2014);

al contrario, la ricorrente censura l’omesso esame da parte del Giudice di merito di un’analisi (il cui testo è integralmente ritrascritto) delle comparazioni tra il prezzo dichiarato e le tre diverse valutazioni sulla base del valore OMI, della stima UTE e del Prov.Dirett. 27.7.2007 effettuata dal precedente difensore nell’atto di appello;

5.in conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va rigettato e la ricorrente, soccombente, condannata, in favore dell’Agenzia delle entrate, alle spese, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese liquidate in complessivi Euro 5.200,00 oltre,,pese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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