Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.13749 del 03/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 34071/2018 R.G. proposto da:

S.O., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv. Lorenzo Valenti con studio in Rimini, Corso d’Augusto n. 81 (indirizzo PEC lorenzo.valenti.ordineavvocatirimini.it);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– intimato –

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, sez. I, n. 1724/2018 depositata il 22/06/2018;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24/10/2019 dal consigliere Dott. Roberto Succio.

RILEVATO

che:

– con il provvedimento di cui sopra il Tribunale ha respinto la domanda di S.O.; questi aveva adito il Giudice di prime cure impugnando il provvedimento della Commissione territoriale che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale nella quale riferiva di essere originario dell'*****, in *****, e di aver dovuto lasciare il paese di origine in quanto aveva sorpreso quattro persone a coltivare il proprio campo; ne era seguito un litigio durante il quale era intervenuto un altro soggetto armato di machete che lo aggrediva. Il ricorrente reagiva e gli strappava di mano l’arma, ferendo mortalmente al capo l’aggressore;

– temendo a questo punto di essere ingiustamente arrestato dalla polizia, fuggiva e attraversando la Libia giungeva in Italia;

– avverso detto decreto si propone ricorso per Cassazione con atto affidato a tre motivi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo di ricorso censura la gravata sentenza per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in merito alle dichiarazioni del ricorrente, per avere il giudice dell’appello – cadendo in contraddizione insanabile – da un lato ritenuto credibile questi riguardo la complessiva narrazione delle sue vicende personali, dall’altro avere ritenuto questi non credibile quanto all’avere agito (nella colluttazione dalla quale è scaturita la morte del suo avversario, in forza del quale evento ha dovuto fuggire dal proprio paese) al solo fine di difendersi;

– il secondo motivo denuncia l’omessa motivazione della sentenza impugnata quanto alle ragioni che hanno portato la Corte territoriale ad escludere la sussistenza dei requisiti per la concessione della protezione c.d. “sussidiaria;

– i motivi, strettamente congiunti tra di loro, possono esaminarsi all’unisono e sono fondati;

– la Corte territoriale ha invero erroneamente negato l’invocata protezione in forza dell’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 10, comma 2, lett. c); la narrazione del ricorrente, che è ritenuta dal secondo giudice credibile quanto ai fatti narrati, include necessariamente in essa anche la narrazione della causa di giustificazione della legittima difesa; in difetto di un procedimento penale che la escludesse, non poteva il secondo giudice ritenerla insussistente;

in altre parole, avendo la Corte territoriale creduto al racconto del richiedente, essa doveva per logica conseguenza dare analogo credito anche alla sussistenza in capo a questi dello stato di necessità che ha legittimato l’azione difensiva che ha avuto purtroppo come conseguenza la morte dell’aggressore;

e come è noto, la legge penale ***** contempla la pena di morte per il reato di omicidio volontario (art. 319 c.p. *****), concretamente applicata dalle Corti di giustizia, e per il reato di omicidio preterintenzionale o involontario (in inglese “manslaughter”) è pur sempre prevista la pena dell’imprigionamento a vita (art. 325 c.p. *****);

– il terzo motivo di ricorso è assorbito;

– conclusivamente, vanno accolti il primo e il secondo motivo di ricorso; assorbito il terzo; la sentenza è cassata e rinviata al giudice dell’appello per nuovo esame.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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