LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32615/2018 proposto da:
I.B., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della I sezione civile della Suprema Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Rossi Elio;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il 19/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Campobasso, con decreto depositato in data 19.9.2018, ha rigettato la domanda proposta da I.B., cittadino della *****, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.
E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo il suo racconto stato ritenuto credibile (costui aveva riferito di essere fuggito dalla Nigeria per un conflitto insorto all’interno della propria comunità per la successione alla carica di re, fino a quel momento rivestita dal padre).
Al richiedente è stata inoltre negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nella sua zona di provenienza.
Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.
Ha proposto ricorso per cassazione I.B. affidandolo a sette motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e degli artt. 3 e 24 Cost..
Si duole il ricorrente della mancata traduzione in lingua inglese o comunque dallo stesso conosciuta del decreto di rigetto impugnato.
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che questa Corte ha più volte statuito, in tema di protezione internazionale, che l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, commi 4 e 5, al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione. Ne consegue che la parte, ove censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un “vulnus” all’esercizio del diritto di difesa (Cass. n. 11871 del 27/05/2014, n. 420 del 13/01/2012).
Nel caso di specie, il ricorrente non ha avuto cura di precisare se e in che misura la mancata traduzione del provvedimento di cui sopra in una lingua conosciuta abbia determinato una violazione del suo diritto di difesa, tenuto conto che lo stesso si è regolarmente difeso in tutti i gradi del giudizio.
3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione della direttiva 2004/83/Ce, del D.Lgs. n. 285 del 1998, art. 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 4 bis e difetto di motivazione.
Lamenta il ricorrente che il giudice di merito non ha ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e del permesso umanitario nonostante che il proprio racconto fosse del tutto attendibile e credibile e le sue dichiarazioni coerenti, plausibili e non in contrasto con le informazioni generali sul paese di provenienza.
4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.
Il Tribunale non ha tenuto conto della guerra civile esistente in Nigeria, ha omesso di accertare la dedotta situazione di instabilità socio-politica e di violenza indiscriminata, ai sensi dell’art. 14, lett. c, legge cit..
5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.
Si duole, inoltre, il ricorrente che non è stata valutata la sua credibilità sulla base dei riscontri oggettivi relativi alla situazione generale in Nigeria, non è stata tenuta in considerazione la natura politica delle persecuzioni denunciate, sfociate nell’uccisione del padre e del fratello.
6. Il terzo motivo, da valutare proiritariamente, essendo la decisione relativa allo stesso dirimente, è fondato.
Con riferimento alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza, nella zona di origine del richiedente, di una situazione di conflitto armato, omettendo peraltro di indicare specificamente in motivazione le fonti internazionali utilizzate secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (Cass. 11312/2019) cui il collegio intende dare continuità.
L’accoglimento del terzo motivo assorbe i motivi residui.
Il provvedimento impugnato va quindi cassato in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata per nuovo esame innanzi al tribunale di Campobasso, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il terzo, assorbiti il secondo ed il quarto, e per l’effetto, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese della presente fase, innanzi al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020