LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Cristina – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36198/2018 proposto da:
F.F., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzina Salvatore, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Napoli, depositato il 31/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/06/2020 dal Cons. Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO.
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 31 ottobre 2018, il Tribunale di Napoli ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da F.F., cittadino della *****, il quale aveva dichiarato di esser espatriato per migliorare le sue condizioni di vita.
Il Tribunale ha ritenuto trattarsi di migrante economico, ed ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria.
Ricorre il richiedente sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da memoria. L’Amministrazione ha depositato atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, deducendo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), art. 2, comma 1, lett. e) e art. 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) ed art. 8 e la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, il ricorrente lamenta che il Tribunale non ha riconosciuto lo status di rifugiato, per la non corretta applicazione delle norme che devono presidiare l’esame della domanda di protezione internazionale, ed in ispecie omettendo di considerare la complessiva situazione esistente nel Paese di origine, risultante dai rapporti delle associazioni internazionali già versati in atti. Dovere dal quale il giudice non era esentato per il giudizio di non credibilità, assunto sulla scorta di elementi che non lo giustificavano.
2. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14. Il riconoscimento della protezione sussidiaria, lamenta il ricorrente, è stato ricusato erroneamente, essendo innegabile che la Nigeria non è un Paese sicuro, e che la situazione prospettata andava ad integrare i presupposti di cui alla lett. b) dell’invocato art. 14. Il ricorrente aggiunge che i siti internazionali documentano una situazione di gravissima insicurezza e violenza indiscriminata che coinvolge l’intero territorio.
3. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5, comma 6 e nullità della sentenza per assenza di motivazione sulla protezione umanitaria, di cui, invece, sussistono i presupposti. Lo straniero afferma, da una parte, che la dichiarazione di non credibilità è stata assunta in modo superficiale, ed aggiunge dall’altra, che il fatto stesso che egli abbia rischiato la propria vita per raggiungere l’Italia, che nel suo Paese non più far conto sulla sua famiglia, ormai estranea ed ostile, ed è privo lavoro, avrebbero dovuto far propendere per l’accoglimento di tale titolo di soggiorno.
4. I motivi, da valutarsi congiuntamente, per comodità espositive, presentano profili d’inammissibilità e d’infondatezza.
5. Il Tribunale ha qualificato il ricorrente, in coerenza col racconto da lui narrato, come migrante economico, situazione che si pone al di fuori del sistema della protezione internazionale. Se, dunque le considerazioni in tema di non credibilità risultano fuori fuoco, il Collegio deve rilevare che l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, e nella specie non lo è stata, ma la prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda.
6. Il tribunale ha, poi, escluso che sussista alcuna ipotesi di conflitto armato interno, in base a fonti espressamente menzionate nella sentenza. Ed il relativo accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, il che non è stato dedotto, avendo, piuttosto, il ricorrente richiamato giurisprudenza di merito e fonti che danno, bensì, conto di una situazione di precarietà e di violazioni di diritti civili, ma che non può esser sussunta in quella situazione di violenza generalizzata in conflitto armato interno o internazionale, che, al lume dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018), può dar luogo alla tutela richiesta.
7. Il decreto è esente dalle critiche che le sono rivolte in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria. Escluso che la decisione non sia motivata, come apoditticamente si afferma, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il permesso umanitario costituisce una misura residuale, per garantire le situazioni, da individuare caso per caso, nelle quali, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non possa disporsi tuttavia l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 4455 del 2018; n. 23604 del 2017; n. 15466 del 2014, n. 26566 del 2013). Tale vulnerabilità deve esser, poi, riconnessa non alla generale condizione del Paese di provenienza ma al rischio del medesimo richiedente di subire nel Paese d’origine una significativa ed effettiva compromissione dei diritti fondamentali inviolabili (Cass. n. 4455 del 2018 cit.). 9. E nella specie il ricorrente omette di indicare sue specifiche ragioni di vulnerabilità, tali non potendo considerarsi quelle addotte connesse alla stessa condizione di migrante.
10. Non va provveduto sulle spese, dato il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020