Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.14164 del 08/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26467-2018 proposto da:

P.A., P.D., P.E., P.F., P.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati CRISCI LUCIO RODOLFO, CRISCI FABRIZIO;

– ricorrenti –

contro

C.L., C.F., C.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato MAURIELLO GIACOMO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

E.A., C.R., C.F., CA.FE., C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA DEL CARAVAGGIO 6, presso lo studio dell’avvocato TUORTO GERARDO, rappresentati e difesi dall’avvocato TUORTO LUIGI;

– intimati –

contro

C.G., CA.FR., L.F., C.A.;

– intimati avverso la sentenza n. 855/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Nola, Sezione specializzata agraria, E P.E., P.A., P.D., P.F. e P.G. convennero in giudizio C.L., C.T. e C.F., C.S., C.A., C.G. e Ca.Fr. e L.F. e, sulla premessa di avere intimato formale disdetta del rapporto di affitto agrario tra loro intercorrente per la scadenza del 10 novembre 2012 e che i convenuti non avevano rilasciato il fondo, chiesero che fosse ritenuta idonea tale disdetta, con conseguente condanna al rilascio del terreno a decorrere dalla data suindicata.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda, sul rilievo che la disdetta del 16 aprile 2011 non poteva ritenersi valida, in quanto riferita ad un’unica estensione di fondo e ad un unico contratto, mentre era emerso in corso di causa che il fondo in questione era diviso in diverse parti e che vi erano singoli contratti con i singoli affittuari.

2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 15 marzo 2018, ha rigettato l’appello, compensando integralmente le spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che la sentenza del Tribunale non poteva essere condivisa, in quanto l’atto di disdetta prodotto dagli appellanti era “chiarissimo nel palesare la volontà dei concedenti di riottenere la disponibilità del fondo nella sua intera estensione e di porre termine a qualsiasi rapporto di fitto insistente su di esso”.

Ciò nonostante, la domanda dei concedenti doveva essere rigettata per una diversa ragione. Ed infatti era stata prodotta dagli appellanti la sentenza della Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata agraria, n. 2669 del 2008, la quale aveva accertato che con una scrittura privata del 15 agosto 1966 le parti avevano concordato una divisione del terreno e la creazione di singoli rapporti di affitto. In quella sentenza, poi, si diceva che gli stessi concedenti avevano dedotto che quel rapporto di affitto era cominciato in epoca prebellica, producendo una scrittura privata del 1936; mentre nel giudizio odierno era stata prodotta un’altra scrittura privata, stipulata il 15 agosto 1958, dalla quale risultava che i Pesce avevano inteso rinnovare il precedente contratto. Da tali documenti la Corte d’appello ha tratto la conclusione che esisteva, rispetto alla data del 1958, un precedente contratto, mentre la scrittura del 1966 aveva soltanto disposto il frazionamento del fondo. Non risultava in alcun modo, però, in quale data fosse stato stipulato l’originario contratto, perchè la scrittura privata del 1936 non era stata prodotta; ragione per cui, ha concluso la Corte, nell’impossibilità di fissare la data di inizio del rapporto, la domanda doveva essere rigettata, perchè non era consentito stabilire quale fosse l’effettiva scadenza del contratto stesso.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propongono ricorso P.E., P.A., P.D., P.F. e P.G. con unico atto affidato a due motivi.

Resistono C.L., C.T. e C.F. con un unico controricorso, nonchè E.A., C.F., Ca.Fe., C.R.ella e C.A. con un altro separato controricorso.

C.A. (nata il 1 gennaio 1948), L.F., C.G. e C.F. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e i ricorrenti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo, nonchè violazione dell’art. 115 c.p.c..

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3 e 4, nullità della sentenza per error in procedendo ed error in indicando.

Le due censure, in una certa misura coincidenti, lamentano che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto di non poter individuare la data esatta di inizio del contratto. Fin dal giudizio di primo grado, infatti, i resistenti C.L., C.T. e C.F., dopo avere rilevato, in via principale, che il contratto tra le parti era sorto nel 1958, avrebbero ammesso, anche se in via meramente subordinata, che esso aveva avuto inizio nel periodo precedente la seconda guerra mondiale. Ora, ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 2, comma 1, lett. a), la proroga dei contratti iniziati prima dell’annata agraria 1939-1940 è stabilita in dieci anni; per cui, prorogandosi il contratto per legge per tale periodo, la scadenza sarebbe andata a cadere proprio nel 2012, per cui la disdetta intimata per quell’annata avrebbe dovuto essere accolta. Nè assume importanza, secondo i ricorrenti, quale sia l’anno preciso di inizio del rapporto, perchè la data di scadenza dei contratti cominciati prima dell’annata agraria 1939-1940 sarebbe comunque la stessa.

La sentenza, quindi, avrebbe dovuto prendere atto che i convenuti avevano riconosciuto questo elemento, per cui sarebbe stato possibile e doveroso individuare in tal modo il regime di proroga e di scadenza del contratto in questione.

3. I due motivi, da trattare congiuntamente attesa l’evidente connessione tra loro esistente, sono privi di fondamento, quando non inammissibili per alcuni profili.

E’ innanzitutto infondata la censura del primo motivo nella parte in cui lamenta omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla circostanza costituita dalla prova del momento in cui l’originario contratto fu sottoscritto, posto che la Corte di merito ha preso in esame i documenti cui i ricorrenti fanno riferimento e si è pronunciata, con un’ampia ricostruzione in fatto, circa l’individuazione di tale momento. Non è esatto, poi, affermare che la sentenza avrebbe dovuto ritenere dimostrata la circostanza per cui il contratto si era concluso in data antecedente l’inizio dell’ultimo conflitto mondiale; anche volendosi attenere a quanto indicato nel ricorso, infatti, i convenuti C.L., C.T. e C.F. avevano indicato la data di stipula del contratto originario nel 1958, e solo in via subordinata avevano dichiarato che l’inizio era da collocare in epoca prebellica. Ne consegue che – anche senza esaminare il delicato problema giuridico costituito dal se le argomentazioni contenute nella comparsa di risposta in via subordinata possano o meno costituire, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., non contestazione delle contrapposte affermazioni degli attori – è da considerare che quell’affermazione era contenuta nella comparsa di risposta dei soli convenuti C.L., C.T. e C.F.. Non si trattava, quindi, di una (eventuale) non contestazione riconducibile ai convenuti nella loro totalità; per cui è evidente che in simili casi era rimessa alla valutazione del giudice di merito stabilire se tale non contestazione sussistesse o meno (v. in generale, sui poteri del giudice di merito in materia, le recenti ordinanze 7 febbraio 2019, n. 3680, e 28 ottobre 2019, n. 27490).

D’altra parte, la Corte d’appello, con un accertamento di merito che non è modificabile in questa sede, ha affermato che il rinnovo del fitto del fondo ***** avvenuto nel 1958 lasciava intendere come pacifica l’esistenza di un contratto precedente, mentre i successivi contratti del 1966 erano serviti solo per trasformare l’obbligazione di pagamento del canone da solidale a pro quota. E siccome il regime transitorio di proroga dei contratti agrari contenuto nella L. n. 203 del 1982, art. 2 della esige l’esatta collocazione del periodo storico nel quale il contratto ha avuto inizio, l’assenza di prova certa in ordine a questo elemento non può che ricadere sulla parte attrice; soltanto se il regime applicabile fosse quello della lettera a) della norma citata, infatti, la proroga sarebbe di dieci anni in dieci anni e la disdetta intimata nel 2011 per il 2012 avrebbe potuto essere considerata tempestiva.

Ne consegue, in definitiva, che le prospettate violazioni di legge non sussistono e che le due censure si risolvono, almeno in parte, nel tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55; spese da distrarre, quanto ai controricorrenti C.L., C.T. e C.F., in favore dell’avv. Mauriello che si è dichiarato antistatario.

Non sussiste l’obbligo di versamento del doppio del contributo unificato, trattandosi di causa esente per legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorsi in Euro 4.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarre, quanto ai controricorrenti C.L., C.T. e C.F., in favore dell’avv. Mauriello antistatario.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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