LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21233-2019 proposto da:
H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLLINA n. 48, presso lo studio dell’avvocato ERMANNO PACANOWSKI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 72/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 01/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento notificato il 15.9.2016 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela. Il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza del 12.6.2017, respingeva il ricorso avverso il predetto provvedimento di rigetto. Interponeva appello l’ H. e si costituiva in seconde cure il Ministero. Con la sentenza oggi impugnata, n. 72/2019, la Corte di Appello di Caltanissetta rigettava l’impugnazione.
Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto H.A. affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.
Con comparsa del 9.1.2019 si è costituito per il ricorrente il nuovo difensore, in sostituzione di quello a suo tempo officiato per il ricorso in Cassazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza, nel Paese di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata idonea ai fini della concessione della protezione sussidiaria.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte nissena avrebbe erroneamente denegato la concessione della tutela umanitaria, non considerando la situazione di grave violazione dei diritti umani esistente in ***** e il livello di integrazione raggiunto dal richiedente in Italia.
Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili. La sentenza impugnata, invero, dà atto che il giudice di primo grado aveva ritenuto non credibile la minaccia allegata dall’ H. ed afferma che tale capo di decisione non è stata specificamente appellata. Passa poi ad esaminare il contesto interno del *****, citando fonti provenienti dall’E.A.S.O. e valutando in modo specifico la situazione del *****, regione dalla quale i richiedente aveva dichiarato di provenire. All’esito di tale disamina, la Corte siciliana esclude la sussistenza, in tutto il *****, di una condizione di violenza generalizzata rilevante ai fini della concessione della tutela sussidiaria. Infine, la Corte di merito esclude la ricorrenza dei presupposti per la tutela umanitaria, dando atto che l’ H. aveva, sul punto, genericamente allegato di aver sostenuto un lungo e faticoso viaggio per giungere in Italia e quivi aveva trovato un “… equilibrio sociale che gli ha consentito di integrarsi perfettamente nel contesto nazionale” (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata).
Tale motivazione non viene in alcun modo contrastata in modo specifico dai due motivi di ricorso, che si sostanziano in una generica – e, come tale, inammissibile – allegazione circa la sussistenza dei presupposti per la concessione delle due forme di protezione, sussidiaria ed umanitaria, che il giudice di merito avrebbe ingiustamente denegato. Il ricorrente non contrappone, in particolare, alcuna fonte diversa a quella richiamata dalla Corte territoriale ai fini della ricostruzione del contesto interno del Paese di origine, nè allega la sussistenza di alcuna specifica causa di vulnerabilità suscettibile di assumere rilievo ai fini del riconoscimento della tutela umanitaria.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020