Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14576 del 09/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10725/2013 R.G. proposto da:

M.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Stefano Ruggieri, con domicilio eletto presso l’Avv. Laura Arpino in Roma via Duilio n. 6, giusta procura speciale a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 84/5/12, depositata il 17 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2020 dal Consigliere Dott. Fuochi Tinarelli Giuseppe.

RILEVATO

CHE:

M.M. impugnava l’avviso di accertamento per Iva, Irpeg e Irap per l’anno 2003, emesso dall’Agenzia delle entrate di Bologna nei suoi confronti quale obbligata in solido della APICI – Associazioni Provinciali Invalidi Civili e Cittadini Anziani, sede di Bologna.

In particolare, l’Ufficio aveva contestato all’associazione la sostanziale natura commerciale dell’attività svolta, la mancanza di vita associativa e la non conformità delle scritture contabili a quanto previsto per le Onlus e, dunque, di aver illegittimamente fruito dei benefici conseguenti alla qualifica di Onlus previsti dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 in carenza dei requisiti di legge L’impugnazione, accolta dalla CTP di Bologna, era rigettata, in riforma della sentenza di primo grado, dal giudice d’appello.

M.M. ricorre per cassazione con tre motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia “erroneità della sentenza per aver considerato la sede locale APICI dell’associazione nazionale quale autonomo soggetto di imposta ai fini del rivestimento della qualità soggettiva di Onlus”.

La contribuente rimprovera alla CTR, in particolare, “l’errata e comunque insufficiente valutazione… delle argomentazioni e delle prove offerte in giudizio, anche e soprattutto al giudicato che ha interessato altre sedi dell’Associazione in Italia”.

Nella concreta articolazione del motivo, inoltre, puntualizza che la “questione, già dedotta in sede di ricorso introduttivo e di controdeduzioni in appello verte sul fatto che l’avviso di accertamento impugnato si fonda sull’atto di cancellazione dall’Anagrafe delle Onlus della A. P.I. C.I. Bologna in quanto ritenuta mera articolazione territoriale di un’associazione operante su base nazionale e pertanto priva di autonomia patrimoniale e quindi di autonoma soggettività d’imposta”, e ritiene “evidente” che l’autonomia della sede provinciale di Bologna fosse confinata al solo “profilo materiale, gestionale e contabile”, senza che, quindi, “tale parziale indipendenza possa assurgere (sul piano formale) al ruolo di fattore indicativo di una vera e propria soggettività giuridica e tributaria”.

1.1. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

La doglianza, infatti, in alcun luogo esplicita se sia denunciato un vizio di motivazione ovvero un errore di diritto.

1.2. In ogni caso, anche a voler ritenere che la censura si riferisca – come sembra desumersi dall’incipit su riportato e dalle conclusioni per cui “a fronte dei rilievi effettuati dalla ricorrente… i giudici… con motivazione contraddittoria ed errata”, hanno affermato l’autonomia giuridico-patrimoniale della APICI – ad un vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria, la stessa è parimenti inammissibile in quanto, trattandosi di decisione pubblicata il 17 ottobre 2012, non più proponibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ratione temporis applicabile.

1.3. E’ appena il caso di sottolineare, infine, che la CTR ha compiuto un accertamento di fatto, compiutamente ed adeguatamente motivato, in ordine alla natura di soggetto d’imposta autonomo della sede locale di APICI e della riferibilità di qualsivoglia obbligo o pretesa impositiva o sanzionatoria in capo ad essa (“ha una partita Iva, rende proprie dichiarazioni fiscali, ha un proprio codice fiscale ed assume persone alle proprie dipendenze”), corroborato anche dall’esame e interpretazione delle pertinenti disposizioni dello Statuto Nazionale, sicchè, anche per tale profilo, la censura è inammissibile in quanto intesa ad una nuova valutazione di merito.

2. Il secondo motivo denuncia “erroneità della sentenza per infondatezza dei presupposti per l’esercizio di attività commerciale e degli obblighi di tenuta delle scritture contabili”.

La contribuente, in particolare, dopo aver osservato che tra i profili di censura della sentenza era “opportuno evidenziare quello relativo alla qualificazione primordiale e al presunto carattere commerciale dell’attività svolta” dall’APICI di Bologna, afferma che fosse “di tutta evidenza la confusione tra il concetto di Onlus e quello di “ente non commerciale”” e che fosse “lapalissiano e incontestabile che gli elementi previsti dal cit. art. 73 e 149 TUIR, e non altri, costituiscono il punto di partenza ai fini della inclusione di un soggetto tra gli enti non commerciali”, per concludere che “dalla sentenza impugnata non emerge l’essenziale valutazione, perchè esiziale del procedimento, circa l’effettivo svolgimento di un’attività di natura non commerciale”.

2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, risultando affetto dalle medesime carenze sopra evidenziate.

Difatti, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in nessun luogo viene esplicitato quale sia il vizio della impugnata sentenza e se, dunque, l’errore addebitato alla CTR sia motivazionale o di applicazione della legge.

2.2. In ogni caso, escluso che la doglianza integri una violazione di legge venendo in contestazione l’adeguatezza dell’accertamento operato dal giudice di merito, neppure giova una sua valutazione quale vizio di motivazione in quanto diretta a contestare l’accertamento del carattere commerciale dell’attività attuata – del resto logicamente e congruamente argomentata dalla CTR, secondo la quale “l’Ente svolge attività di prestazione di servizi, con una propria struttura organizzativa, ricevendo un compenso per le prestazioni rese. Ne consegue che deve essere riconosciuta la natura sostanzialmente commerciale dell’attività svolta” – trattandosi di doglianza non più proponibile ex art. 360 c.p.c., n. 5 ratione temporis applicabile.

3. Il terzo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 20 bis in funzione dei disposti di cui all’art. 148 TUIR e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 20”.

La contribuente, in particolare, lamenta che dalla sentenza non emerge “una puntuale valutazione circa l’esistenza o meno di un sistema di scritture contabili” e che l’affermazione di non conformità delle stesse “appare quantomeno arbitraria perchè sia in fase di proposizione di gravame che di costituzione in giudizio si è evidenziato si è evidenziato che le scritture contabili erano presenti mentre, per quanto concerne la tenuta del libro soci, è richiesto dalla legge per le società di capitali”.

3.1. Il motivo è infondato ed limiti dell Inammissibile. doglianza, infatti, è volta, in realtà, non a censurare l’inesatta applicazione della legge ma l’accertamento dei fatti che ha portato la CTR a ritenere il carattere soltanto commerciale dell’attività svolta dalla contribuente.

La ricorrente, infatti, affermando che la tenuta del libro soci è richiesto dalla legge per le società di capitati, vorrebbe introdurre un’inammissibile rivalutazione dei fatti in ordine all’attività non commerciale svolta dall’ente che, al contrario, la CTR, come sopra evidenziato, ha compiutamente effettuato nella sentenza.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese sono regolate, come in dispositivo, per soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna M.M. al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 9 luglio 2020

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