LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1899/2017 proposto da:
L.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI MURRU;
– ricorrente –
contro
BANCO DI SARDEGNA SPA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione in e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. STOPPANI 34, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO AURELI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO TULUI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 759/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 19/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ADRIANO AURELI per delega.
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
L.A. si opponeva all’esecuzione presso terzi promossa nei suoi confronti, quale esecutato, da parte del Banco di Sardegna, s.p.a., in forza di mutuo fondiario, deducendo, per quanto ancora qui rileva, la prescrizione quinquennale della pretesa creditoria in particolare relativa a interessi, maturata tra il 2001, anno dell’intervento del creditore in una precedente esecuzione immobiliare infine estinta, e il 2009, anno di notifica del precetto cui era seguita l’esecuzione opposta con il giudizio in parola;
il Tribunale rigettava l’opposizione con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in specie, al di là dell’eccepita tardività della deduzione in scrutinio, formulata solo nell’atto di riassunzione del giudizio di pieno merito all’esito della fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, la pretesa era infondata poichè dagli atti emergeva il susseguirsi di una serie di contenziosi, legati alla medesima azione esecutiva, che escludevano il maturare dell’effetto prescrizionale, e, inoltre, solo nel 2008 la Banca aveva avuto contezza della minor somma ricevuta, in ragione del medesimo credito, con l’assegnazione della spettanza costituente il ricavato della vendita dell’immobile pignorato con l’esecuzione successivamente oggetto di estinzione;
avverso questa decisione ricorre per cassazione L.A. articolando due motivi;
resiste con controricorso il Banco di Sardegna, s.p.a., che ha depositato altresì memoria;
Rilevato che:
con primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943,2945 c.c., art. 2948 c.c., n. 4, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che dei due procedimenti esecutivi, quello immobiliare e quello, successivo, presso terzi, il primo si era concluso con estinzione per caducazione del titolo, sicchè l’intervento spiegato in quella sede dalla Banca nel 2001 aveva determinato un effetto interruttivo solo istantaneo e non permanente, con conseguente prescrizione periodica della ragione creditoria per interessi sino al 2009, anno di notifica dell’intimazione di pagamento seguita dal pignoramento di crediti del debitore;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 615,616,624, c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la natura bifasica dell’opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto indurre alla conclusione che l’eccezione di prescrizione, se ritenuta tardiva, non poteva valutarsi effettivamente tale perchè idoneamente sollevata con l’atto d’introduzione del giudizio di pieno merito, essendo riservata, la fase sommaria, ai provvedimenti endoesecutivi;
Rilevato che:
1. deve esaminarsi preliminarmente, per ragioni logiche, il secondo motivo;
la censura è inammissibile;
infatti, la Corte territoriale non ha pronunciato l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’originario opponente poi appellante, per la tardività obiettata dall’opposto allora appellato, ma ha rigettato nel merito la stessa secondo quanto sintetizzato in parte narrativa e riportato nel ricorso;
e ha fatto ciò andando “anche al di là” della questione inerente la preclusione dell’eccezione in discussione (pag. 11 della sentenza gravata), e non traendo conclusioni, dunque, dal rilievo per cui la medesima era stata sollevata “per la prima volta” con la riassunzione del giudizio di merito all’esito della fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione (pag. 10 del provvedimento);
diversamente, peraltro, la motivazione sul merito dell’eccezione avrebbe dovuto ritenersi enunciata in difetto di “potestas iudicandi” (Cass., Sez. U., 20/02/2007, n. 3840, Cass., 19/12/2017, n. 30393);
è comunque opportuno evidenziare che, nel merito cassatorio, il motivo, in tesi, sarebbe stato infondato;
è proprio la natura bifasica dell’opposizione esecutiva a non permettere di modificare i motivi articolati in fase sommaria, perchè le ragioni di opposizione debbono essere vagliate dal giudice dell’esecuzione al fine di permettergli ogni valutazione circa la loro possibile incidenza sulla procedura, in ciò traducendosi l’ordine pubblico processuale inderogabile in questione (Cass., 11/10/2018, n. 15170, pag. 12, e succ. conf.): anche per questo deve ribadirsi il generale principio di non modificabilità delle ragioni poste a base del ricorso introduttivo dell’opposizione all’esecuzione (Cass., 28/06/2019, n. 17441);
2. il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato; questa Corte ha chiarito che:
a) nell’espropriazione forzata, il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è equiparabile alla “domanda proposta nel corso di un giudizio” idonea, a mente dell’art. 2943 c.c., comma 2, a interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso e a sospenderne il corso sino all’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita (Cass., 19/12/2014, n. 26929);
b) più nel dettaglio, l’effetto interruttivo permanente determinato dall’atto di pignoramento – e lo stesso deve dirsi, come appena visto, per l’intervento del creditore – si protrae, agli effetti dell’art. 2945 c.c., comma 2, fino al momento in cui il processo esecutivo abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o in parte, l’attuazione coattiva del suo diritto ovvero, alternativamente, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non ascrivibile al creditore medesimo (si pensi alla perdita del bene vincolato o all’impossibilità di ottenerne ricavato utile), mentre, in caso contrario, all’interruzione deve riconoscersi effetto istantaneo, a norma dell’art. 2945 c.c., comma 3 (Cass., 09/05/2019, n. 12239: nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto prescritto il credito azionato in una procedura esecutiva immobiliare, sul presupposto che, essendosi quest’ultima estinta per l’omessa rinnovazione della trascrizione del pignoramento ai sensi dell’art. 2668 ter, c.c., all’atto introduttivo della stessa dovesse riconoscersi efficacia interruttiva istantanea – e non già permanente della prescrizione);
c) naturalmente quando la definizione della procedura è “imputabile” al creditore nel senso equivalente al diniego di accoglimento della domanda esercitata con l’azione esecutiva, piuttosto che a un’inerziale mancanza di coltivazione procedimentale della stessa, resterà fermo l’effetto interruttivo permanente (Cass., 11/06/2019, n. 15597, pag. 13: il caso era quello della chiusura della procedura per l’affermata insufficienza della produzione documentale, mancante della certificazione idoneamente indicativa, ai fini della vendita forzata dell’immobile staggito, in base alle risultanze dei registri immobiliari, della titolarità del bene pignorato in capo al debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d’idonei atti di acquisto, riferibili al periodo intercorrente tra la data di trascrizione del pignoramento e il primo atto di acquisto anteriore al ventennio dalla trascrizione stessa): si tratta della medesima logica per cui, nel giudizio di cognizione, una definizione in rito negativa della domanda proposta, nell’ambito di un instaurato rapporto processuale, non la priva dell’effetto interruttivo permanente, non potendo evincersi la rinuncia al diritto sotteso e dovendo anzi desumersi l’opposto (Cass., 23/05/1997, n. 4630, Cass., 14/12/2012, n. 23017, Cass., 10/04/2013, n. 8686, Cass., Sez. U., 27/01/2016, n. 1516, pagg. 34);
nel caso, l’esecuzione immobiliare in rilievo risulta “estinta” per l’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo azionato da altro creditore, quello pignoratizio, secondo quanto riferisce il controricorso (pag. 12) ma non il ricorso, sul decisivo punto aspecifico nel suo proprio contenuto, nonostante l’allegazione di copia del provvedimento di “estinzione” (doc. 7 del fascicolo della fase sommaria) con cui il giudice dell’esecuzione:
i) rilevò la caducazione dell’ingiunzione del creditore pignorante;
ii) affermò l’irrilevanza della presenza di altri creditori intervenuti anche titolati, poichè tali successivamente al pignoramento e non pignoratizi a loro volta;
iii) pronunciò la suddetta chiusura procedimentale, riservando, testualmente, il provvedimento di restituzione delle somme all’esito dell’eventuale impugnativa della pronuncia medesima (e dal ricorso non si comprende neppure esattamente la sorte di tali somme);
ne consegue che:
a) non vi fu estinzione, se non atipica nel senso di estranea alle fattispecie legali codicistiche, ovvero si trattò di chiusura anticipata della procedura (sicchè la fattispecie è diversa da quella descritta e scrutinata da Cass., 27/10/1998, n. 10700, che affermò l’effetto interruttivo istantaneo dell’intervento nel caso di successiva “estinzione” dell’esecuzione);
p) rimase l’effetto interruttivo permanente per il creditore intervenuto, affermato dalla Corte territoriale (pag. 11), anche se non in base all’esposte motivazioni che qui vanno a correggere e integrare la sentenza impugnata: la domanda manifestata dal creditore intervenuto, infatti, non fu accolta, dopo una prima assegnazione delle somme ripartite nel progetto distributivo, non perchè trascurata con condotta inerziale, da alcun soggetto del procedimento manifestata, ma perchè superata dalla caduta del titolo esecutivo valutato portante;
quanto sopra assorbe i rilievi operati dal controricorso riguardanti:
1) gli allegati riconoscimenti del credito interruttivi della prescrizione;
2) l’inapplicabilità dell’art. 2948 c.c., n. 4, agli interessi perchè non costituenti adempimenti periodici di singole obbligazioni autonome e indipendenti;
si tratta di profili che avrebbero in ogni caso imposto un esplicito ricorso incidentale condizionato non formulato;
spese secondo soccombenza;
si rimarca che nel caso in cui il ricorso per cassazione viene respinto, questa Corte di cassazione attesta l’obbligo del ricorrente, ancorchè ammesso al patrocinio a spese dello Stato, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, rilevando a tal fine soltanto l’elemento oggettivo costituito dal tenore della pronuncia che ne determina il presupposto, mentre le condizioni soggettive della parte devono invece essere verificate, nella loro specifica esistenza e permanenza, da parte della Cancelleria al momento dell’eventuale successiva attività di recupero del contributo (Cass., 30/10/2019, n. 27867).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 3.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo non è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dall’estensore e dal consigliere anziano del Collegio in luogo del Presidente, per impedimento di quest’ultimo, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a), (decreto del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione n. 40 del 18-19/03/2020).
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020