LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27986-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato SAMAN DADMAN, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI DI MATTEO;
– controricorrente –
ricorso successivo:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato SAMAN DADMAN, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI DI MATTEO;
– ricorrente successivo –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1446/15/2018 della COMMISSIONI TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 06/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo sull’appello proposto da B.M. avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittima la ripresa a tassazione di IRPEF ed altro per l’anno 2008 sulla base di un accertamento fondato su movimentazioni bancarie, accoglieva parzialmente l’impugnazione in relazione alle somme certificate dal CUD per l’anno 2008, a nulla rilevando che il datore di lavoro avesse omesso di dichiarare il rapporto lavorativo e di operare le ritenute d’acconto, non potendosi per converso ritenere assolto l’onere del contribuente in ordine alle somme ulteriori risultanti dai rapporti bancari analizzati dall’ufficio ed al fatto che le stesse integrassero dei finanziamenti soci da parte di Italia Invest 2000 o di somme consegnate dalla società Quality Management srl, datore di lavoro dell’appellante.
Tanto l’Agenzia delle entrate che il B. hanno proposto autonomi ricorsi per cassazione, che meritano un esame congiunto, dovendosi considerare quello del contribuente convertito in ricorso incidentale – Cass. n. 16501/2014 -.
Esaminando il ricorso, da considerare principale, dell’Agenzia delle entrate previamente notificato al contribuente, la suddetta deduce con il primo motivo la nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione e, con il secondo, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.
Il primo motivo è palesemente infondato, emergendo dalla pur sintetica motivazione della sentenza impugnata la ragione giustificativa della pronunzia stessa, correlata all’esistenza di un CUD che, ancorchè relativo a contratto non registrato e per il quale il datore di lavoro non aveva corrisposto le ritenute d’acconto, non avrebbe potuto in ogni caso essere tralasciato al fine di giustificare le movimentazioni bancarie per i relativi importi.
Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.
La sentenza della C.T.R. non risulta conforme ai principi di diritto da ultimo espressi da questa Corte (Cass. 15857/2016: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla motivazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili”), non essendovi correlazione temporale tra i dati considerati dalla C.T.R., ai fini della valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, in relazione ai vari movimenti bancari contestati, e l’anno, 2009, oggetto dell’accertamento – cfr. Cass. n. 22395/2017 -.
Orbene, la CTR ha genericamente tratto dal CUD relativo all’anno 2008 la giustificazione dei movimenti bancari relativi al medesimo anno senza che il contribuente avesse dimostrato la specifica riconducibilità degli stessi alle somme corrisposte dal datore di lavoro.
Anche, infatti, a non voler considerare, come ha fatto la CTR, che la mancata regolarizzazione ai fini fiscali del rapporto lavorativo potesse ridondare in danno del contribuente, come anche il mancato versamento della ritenuta d’acconto da parte del datore di lavoro, tali circostanze non elidevano comunque la dimostrazione specifica, da parte del contribuente, che le somme risultanti dal CUD corrispondessero alle operazioni bancarie contestate dall’ufficio.
Passando all’esame del ricorso incidentale del B., la censura con la quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, è infondata, avendo la CTR riconosciuto che per le somme ulteriori rispetto a quelle portate dal CUD il contribuente non avesse offerto la prova specifica idonea a dimostrare che le operazioni bancarie si riferissero a quanto prospettato dal contribuente. Nel far ciò il giudice di merito non ha commesso alcun errore in diritto, essendosi attestato sui principi sopra riportati di questa Corte in tema di onere della prova necessario per superare la presunzione di cui al ricordato art. 32 nei confronti di contribuente non professionisti.
E’ invece inammissibile il secondo motivo di ricorso incidentale, non emergendo dal ricorso del contribuente in quali atti sarebbero stati dedotti gli elementi che il giudice di appello avrebbe tralasciato di considerare, non consentendo a questa Corte il vaglio della censura come prospettata.
Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del secondo motivo di ricorso principale dell’Agenzia delle entrate, rigettato il ricorso incidentale del M., la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità relative al ricorso principale. Le spese relative al ricorso incidentale vanno definite come da dispositivo. Si dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
Riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di ricorso principale dell’Agenzia delle entrate, disatteso il primo. Rigetta il ricorso incidentale del M., cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Pone a carico del B.M. le spese del giudizio relativo al ricorso incidentale, liquidandole a favore dell’Agenzia dell’entrate in Euro 3.500 per compensi oltre spese alle spese prenotate a debito.
Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020