LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
nel giudizio iscritto al n. 20671/13, promosso da:
L.G., rappresentato e difeso in giudizio dall’avv. Antonio Damascelli, presso il cui studio elettivamente domiciliato in Roma in via Muzio Clementi, 68;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza 30/05/13 del 5 marzo 2013 della Commissione tributaria regionale della Puglia.
RILEVATO
CHE:
Con l’avviso di accertamento 144/81 per l’anno 1975 – i.r.p.e.f. e altro l’Ufficio delle imposte dirette di Gioia del Colle rettificò il reddito di impresa dichiarato per l’anno 1975 da L.G., imprenditore edile, elevandolo da Lire 8.228.435 a Lire 60.000.000.
Il contribuente propose ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Bari che, con sentenza del 13 marzo 1993, in accoglimento della domanda, annullò l’atto impositivo.
L’ufficio propose appello deducendo che, diversamente da quanto ritenuto dalla commissione di primo grado, non si era proceduto ad accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, bensì ad accertamento analitico, rilevando la mancata allegazione, a seguito di ispezione documentale, del prospetto di cui al D.P.R. n. 689 del 1974, art. 3, e del prospetto di cui al D.P.R. n. 593 del 1973, art. 63; fatto che aveva determinato un ostacolo al controllo ma che comunque non aveva impedito, sulla base della documentazione acquisita in concreto e concernente contratti di appalto in svolgimento, di procedere alla rettifica operata.
La Commissione tributaria di secondo grado di Bari accolse l’appello dell’ufficio e validò l’atto impositivo, che giustificò rilevando che il contribuente avevo omesso di allegare il prospetto delle attività e delle passività alla data del 1 gennaio 1975 (necessario avendo il contribuente superato per l’anno precedente il limite dei ricavi lordi previsti dal D.P.R. n. 689 del 1974, art. 3) e comunque il bilancio dell’anno precedente; il prospetto riguardante la valutazione dei lavori in corso al 31/12/1975; il prospetto analitico delle giacenze iniziali e finali; l’attestazione dei collaudi finali delle opere realizzate. La stessa Commissione fissò peraltro la redditività nella misura del 25% del ricavo, secondo la valutazione contenuta nell’accertamento.
Il contribuente propose ricorso alla Commissione tributaria centrale sezione di Bari – deducendo che alla produzione di documenti aveva adempiuto con memoria difensiva del 1 dicembre 1992 nel corso del giudizio di primo grado, allegando pure alla dichiarazione dei redditi il bilancio 31.12.1975.
Con decisione del 19 maggio 2010 la Commissione centrale accolse il ricorso del contribuente e rimise gli atti alla Commissione tributaria regionale per la Puglia ai fini della quantificazione del reddito imponibile. Indicò in motivazione gli atti che erano stati prodotti nei precedenti gradi di giudizio dal contribuente e rilevò che l’ufficio stesso aveva ammesso che non era stata riscontrata alcuna irregolarità nella contabilità e di avere proceduto ad accertamento analitico a causa della omessa allegazione dei documenti poi prodotti nel corso del giudizio.
Riassunto il giudizio davanti alla Commissione tributaria regionale per la Puglia, il contribuente domandò la conferma della decisione della Commissione tributaria di primo grado di Bari.
L’ufficio, costituitosi, eccepì preliminarmente la tardività della riassunzione del giudizio e, nel merito, la conferma della decisione della Commissione tributaria di 2 grado.
A seguito di ordinanza della stessa Commissione, rettificò i ricavi contabilizzati nell’atto di accertamento sulla base dei documenti prodotti dal contribuente nel corso del giudizio, secondo le indicazioni della Commissione centrale e con applicazione del coefficiente di redditività del 25%.
La Commissione tributaria regionale, con la sentenza qui impugnata, ha fatto proprio il nuovo calcolo reddituale, così accogliendo parzialmente l’appello del contribuente.
Ricorre per la cassazione di questa sentenza L.G. con un unico ma diffuso motivo di gravame L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 30 gennaio 2020, ai sensi dell’artt. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, conv. in L. n. 197 del 2016.
CONSIDERATO
CHE:
Nelle more della fissazione dell’odierna adunanza è pervenuta, con data 17.01.2020, rituale dichiarazione di rinuncia al ricorso, collegata alla asserita definizione agevolata della controversia a norma della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 662. La rinuncia risulta essere stata notificata all’Agenzia delle Entrate, che però non replica.
Non risultando alcuna documentazione di conferma dell’operato del contribuente e considerato che la norma richiamata riguarda la definizione dei ruoli e non, come nel presente giudizio, gli atti di accertamento, va solo preso atto dell’effetto sul processo dell’avvenuta rinuncia del ricorrente che, a norma degli artt. 390 e 391 c.p.c., non richiede l’accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali (Sez. 6 – L, Sentenza n. 3971 del 26/02/2015).
L’evolversi della complessa vicenda processuale costituisce giustificato motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo per intervenuta rinuncia. Compensa integralmente le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020