Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.14858 del 13/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21859/2015 R.G. proposto da:

C.I.D. S.r.l. Commercio Ingrosso Detersivi, elettivamente domiciliata in Ribera, Via Candela n. 6, presso lo Studio dell’Avv. Antonino Tornambè, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 3714/35/14, depositata il 3 dicembre 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11 febbraio 2020 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Rita Sanlorenzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il suo rigetto.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Regionale della Sicilia confermava la prima decisione che aveva respinto il ricorso promosso da C.I.D. S.r.l. avverso un avviso di accertamento che, tra l’altro, per quanto rimasto di interesse, recuperava IVA IRPEG IRAP 2004 in relazione a ricavi non dichiarati.

2. A riguardo, la Regionale, dopo aver ricordato che la contribuente aveva ricevuto dal suo socio legale rappresentante un prestito “a titolo gratuito” pari a Euro 180.860,00 senza contabilizzarlo, reputava che “l’ampia liquidità” della contribuente non potesse giustificare detto gratuito finanziamento; e che, pertanto, l’amministrazione aveva correttamente presunto l’esistenza dei ricavi in nero, con la conseguente inversione dell’onere della prova a carico della contribuente; aggiungendo, infine, che la contribuente non aveva in alcun modo dimostrato di aver sostenuto costi deducibili.

3. La contribuente ricorreva per due articolati motivi; l’ufficio resisteva con controricorso, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione ex adverso.

4. Il ricorso è in effetti inammissibile perchè tardivamente proposto, la sentenza è stata difatti depositata il 3 dicembre 2014, con scadenza del termine lungo il 3 giugno 2015, mentre il ricorso è stato consegnato per la notifica soltanto il 31 luglio 2015.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 5.600,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2020

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